Omelia (03-01-2021) |
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie) |
Commento su Sir 24,1-4.12-16; Sal 147; Ef 1,3-6.15-18; Gv 1,1-18 Le letture di questa domenica ci pongono una semplice domanda: "Dio si è fatto uomo: perché?". Non è di certo in questa paginetta che riusciremo a dare una risposta, ma una breve riflessione possiamo farla. Innanzitutto viviamo una doppia incarnazione, tant'è che nel Credo, la formula della nostra fede cristiana, diciamo: "per noi uomini e per la nostra salvezza, discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo, si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo.", una prima incarnazione generata nel pensiero e volontà dello Spirito, una seconda, contestuale, generata nella carne umana, "in-carnato" nel seno di Maria. Questo ultimo passaggio però mi ha lasciato sempre un pensiero: perché nel seno e non nel ventre di Maria Vergine, che sarebbe stato molto più "umano e carnale" e quindi più vicino al nostro stato di esseri umani? e ciò avrebbe risposto meglio concettualmente al capire perché Dio si è fatto "uomo". Solo attraverso le viscere, attraverso il piacere e la sofferenza, attraverso la gioia e il dolore del nostro essere possiamo comprendere questo "perché"; una cosa è teorizzare e un'altra è vivere sulla propria pelle, nel proprio io psichico-fisico, l'incarnazione, la generazione della vita, la generazione dell'amore, la generazione del dono di sé per l'altro...e ciò vale per la donna, ma non esclude l'uomo...ognuno per come la "natura" ha destinato. Non è il caso di fare discorsi ampollosi sul mistero natalizio, perché uno solo è il pensiero: Dio si è fatto uomo perché ritornassimo a essere come Lui, "a sua immagine e somiglianza", e recuperassimo nel nostro agire i due grandi comandamenti della vita: "amare Dio e amare il prossimo come te stesso", e su quel "come" ci sarebbe da scrivere fiumi di parole, ma non qui, per ora. La sua incarnazione trova ragione se si realizza quella volontà richiesta nel prologo giovanneo "Venne fra i suoi, e i suoi non l'hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio..." ossia in un certo senso l'azione salvifica discendente dalla incarnazione, trova efficacia solo se l'uomo, nella sua libertà, ha la volontà di riconoscerla ed accettarla, riconoscendosi limitato nella sua visione peccatrice di onnipotenza umana; e lo può fare solo ed unicamente modificando il suo modus vivendi imperniato più su un amore egoistico che altruista. Ripensiamo alle parole "Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna", e per vivere oggi qui, a scadenza, l'unica via maestra è "credere" nel suo Amore, perché il suo Amore, che si traduce nell'umano amore quotidiano di ognuno verso l'altro, si traduca nel passaporto per la vita senza fine nella gloria di Dio Padre, Dio Figlio e Dio Spirito Santo. Ecco quindi un pallido tentativo di comprendere del "perché" della domanda soprascritta...ma poi alla fine mi chiedo: "ma perché dobbiamo scervellarci a capire i perché di Dio, visto che non comprendiamo nemmeno i perché dell'uomo?", solo capendo fino in fondo l'Uomo, potremo capire i perché di Dio"...quindi "crediamo, speriamo e amiamo"...il resto viene da sé. Questo periodo di pandemia è l'antropomorfismo di ciò che impellentemente dobbiamo recuperare: la relazione legata al soggetto e non la relazione legata all'oggetto, è la dimostrazione che abbiamo paura non quanto del virus, ma di una delle conseguenze che fanno più soffrire: la mancanza di affetti, la solitudine, il venire meno delle relazioni personali utilizzando i momenti annuali, fra i quali le festività natalizie. L'incarnazione in fin dei conti è pura relazione intima, ma anche esterna, e quindi anche questo momento pandemico, che si incarna nelle nostre paure umane, ovviamente più che giustificate, ci fa alzare lo sguardo verso il divino ed affidarci a lui più per opportunismo e scaramanzia che non per fede. Dio c'è, c'è sempre, che ci piaccia o no, è lì, è in noi, è per noi, è con noi, è incarnato in noi perché noi si possa rivolgerci a Lui, gridando "Abbà, Padre!"
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