Omelia (03-01-2021)
fr. Massimo Rossi
Commento su Giovanni 1,1-18

Eccoci ancora a misurarci con il Prologo di Giovanni... ormai lo conosciamo a memoria... e questo non è del tutto positivo. Perché, quando una "parola" si conosce a memoria, si rischia di pronunciarla senza più farci attenzione... e la parola si perde.
La prova del nove ce la dà il Padre Nostro, nuova versione: quando sbagliamo a recitarlo, non è perché non ce lo ricordiamo, ma perché abbiamo inserito il pilota automatico, non siamo concentrati sulle parole, la nostra mente è altrove...e forse anche il nostro cuore.
Ma tant'è... siamo fatti così.
Meno male che la Rivelazione della Salvezza non dipende dalla nostra attenzione.
La Verità ha un valore intrinseco; lo statuto di verità non è dato dal consenso.
Dio si è incarnato e continua ad incarnarsi, tutti i giorni, per trasformare le nostre storie in storie di salvezza in atto.
Il difficile è proprio questo: passare dalla storia di Cristo, così come è narrata nei Vangeli, alla nostra storia con Cristo, o, meglio, alla storia di Cristo con noi... Difficile immaginarsi Cristo che siede al nostro fianco, che cammina accanto a noi, che ci parla, e al quale possiamo rispondere e viceversa, senza paura di essere presi per dei fuori di testa... Un po' come faceva don Camillo con il Crocifisso della sua parrocchia a Brescello.
Non liquidiamo troppo in fretta ste scene, come un film, come storie uscite dalla penna di uno scrittore visionario... Più o meno inconsciamente, la nostra convinzione è che a noi ste cose non accadranno mai... E qualcuno nutre addirittura dei dubbi che ste cose siano accadute ai tempi di Gesù... In altre parole, il Vangelo sarebbe - il Vangelo è - una finzione architettata ad arte per edificarci, per suscitare in noi pensieri edificanti, e magari anche qualche buona azione.
Già sarebbe gran cosa poter affermare che il Vangelo ci ha resi (tutti) più buoni...
A questo serve il Vangelo?...a renderci tutti più buoni? Beh, in un certo senso sì... anche!
Consentitemi una domanda: la "santità secondo Cristo" è sinonimo di bontà? Mi permetto di qualificare la categoria ‘santità', perché una santità senza fede, non so che santità possa essere... e dal momento che la nostra fede è fede in Cristo, almeno per noi, non si dà santità senza fede cristiana. È questo, in sostanza il significato dell'affermazione giovannea: "A quanti l'hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio, a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.".

Non basta essere buoni per essere cristiani! bisogna essere stati generati da Dio, cioè credere nel nome di Cristo, e questa fede manifestare fattivamente nel comportamento.
Dice: "Ma è già tanto se son riuscito a non fare peccati!"; è importante, non fare peccati, certo! Ma non fare il male non significa ancora fare il bene. E fare il bene non significa ancora essere cristiani davvero! Basta, non lo ripeto più, promesso.

Qualcuno obbietterà: ma, allora, coloro che non hanno conosciuto la Rivelazione, e dunque non vi hanno potuto aderire, non si salveranno?
La verità è che non me ne importa! Nessun problema al riguardo... non vedo perché non si debbano salvare, quelli che, senza colpa, non hanno conosciuto il Vangelo... A me importa sapere che cosa me ne faccio io di questa fede. Perché, se la fede è un optional, che, alla fine della fiera, non cambia poi tanto la mia situazione, tantovale metterla definitivamente in un cassetto e dimenticarcela lì...

Tornando alla domanda che molti si fanno: se coloro che non sono credenti, e tuttavia son brave persone, si salveranno lo stesso, temo che il quesito, ufficiale, ne sottenda un altro, reale, del tipo: ma io, sta fede devo proprio farla valere nella mia vita, oppure posso anche farne a meno, basta che faccia il bravo...? Siamo onesti: a noi non ci importa tanto se gli altri si salvano oppure no, non siamo così sensibili alla felicità altrui... casomai ne siamo gelosi... e questo è peccato!!
Ci importa ottenere il massimo - la salvezza - con il minimo sforzo.
Lo abbiamo capito che la fede è esigente e alza ogni giorno l'asticella...
La fede è un compito, la fede è fatica, la fede spinge a essere migliori degli altri...
Anche in materia di vita cristiana, la parola d'ordine è: competizione! Magari!.......
Pure san Paolo usa il verbo "gareggiare" (cfr. Rm12), ma non ad essere migliori degli altri, bensì a stimarci a vicenda!

E se provassimo a considerare la fede da un altro punto di vista?
La fede è quella cosa che spalanca i nostri orizzonti, che sposta avanti i confini delle nostre piccole storie, forse anche un po' meschine, e le unifica in una.
Soprattutto, la fede è quella possibilità, l'unica, che ci viene offerta per raggiungere Dio.
E quando si raggiunge Cristo, i confini non esistono più, l'orizzonte si protende all'infinito e lo possiamo contemplare fino in fondo.

Auguro a tutti di credere quanto basta per entrare in questa nuova modalità: vivere la vita, questa vita presente, avendo scoperto che non finisce con la morte... La nostra vita ha avuto il suo inizio, nove mesi prima di venire al mondo; ma non ha una fine.
Quando saremo riusciti ad entrare in "modalità-INFINITO" - possibilmente prima di finire chiusi dentro una cassa - capiremo anche la differenza tra una vita-di-fede e una vita-e-basta: la seconda non ci basterà più. Allora anche a noi Cristo dirà, come disse a quel fariseo: "Non sei lontano dal regno di Dio." (Mc 12,34).