Omelia (01-01-2021)
don Alberto Brignoli
Tre concetti semplici semplici...

Mai come in questa occasione, credo, il passaggio da un anno a un altro si vive in un clima di totale incertezza, o quantomeno con sentimenti contrastanti nel cuore di ognuno di noi. Se da una parte, infatti, si è quasi unanimemente concordi nel desiderare che l'anno trascorso rimanga al più presto solo un brutto ricordo, non riuscendo a riscattare quasi nulla di positivo (se non la positività di 80 milioni di persone in tutto il mondo al Coronavirus), dall'altra, come ogni anno, l'auspicio che il nuovo anno porti maggior serenità alberga senz'altro nell'animo di tutti; purtroppo, tuttavia, dobbiamo armarci di santa pazienza e di tanto sano e pragmatico realismo, perché nessuno di noi può assolutamente pensare che l'anno che si sta aprendo sarà un anno pieno di tante belle novità, almeno per i primi mesi. Il fatto stesso che la notte di passaggio tra i due anni questa volta si viva sottotono, senza faraonici festeggiamenti in giro per il pianeta (auguriamoci che sia così...), quasi fosse una notte come tutte le altre, ci fa pensare come non ci sia, per il momento, soluzione di continuità in questa nostra drammatica situazione, e i dati quotidiani ce lo confermano.
Ad ogni modo, qualche segnale di speranza (anche abbastanza forte) c'è, eccome: se il record di rapidità nella scoperta di un vaccino fino ad ora era detenuto da quello per la parotite (scoperto in 4 anni), aver trovato un vaccino al coronavirus in dieci mesi, al di là dello scetticismo e della diffidenza che si possa avere nei suoi confronti, ci dice quanto la scienza abbia fatto e continui a fare passi da gigante, per cui certamente l'umanità sconfiggerà anche questa pandemia, pur sapendo che non sarà una cosa immediata. Speranze e incertezze, quindi, creano dentro di noi un mix che non ha precedenti nella storia (almeno quella recente) di quella che da sempre è considerata la notte più lunga dell'anno. Ed è con questo guazzabuglio che abbiamo nel cuore che oggi noi credenti in Cristo vogliamo affidare a lui e alla sua affettuosa Madre l'anno nuovo, che si apre anche - da oltre 50 anni - nel segno della Pace.
Mi piace essere concreto e pragmatico, per questo primo giorno di un anno che comunque dovrà essere un anno di rinascita e di ripartenza, e cedo anche io alla tentazione dei famosi "tre punti" dei predicatori che a volte rischiano di diventare una decina...
Il primo è l'elemento che deve stare alla base di tutto, ovvero la convinzione, la certezza che Dio non ci abbandona. E prendo spunto dalle bellissime parole della Benedizione di Aronne che troviamo nel libro dei Numeri e che viene proclamata nella prima lettura della Liturgia odierna: "Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace". Queste parole, fatte proprie anche da Francesco di Assisi nel benedire i suoi frati, ci dicono che Dio ci assicurerà la sua protezione, e ogni altro bene qui sulla terra, che sia anche per il nostro vero bene; ma soprattutto ci dicono che, in un periodo nel quale, ancora per molto tempo, faticheremo a vedere il volto degli altri, l'unico volto che non mancherà mai di mostrarsi a noi sarà quello del Signore, e quando nella Bibbia si parla del volto del Signore rivolto ai suoi fedeli, questo significa liberazione dai propri nemici e pace del cuore. Il nemico l'abbiamo, ed è comune: ma abbiamo in comune anche l'unico bene al mondo che ogni uomo desidera, ovvero la pace. Tutto questo ci rende sempre più una sola umanità, in una sorta di pandemia del bene.
Il secondo elemento lo collego proprio al tema della pace, che nel primo giorno dell'anno, dal 1968 ad oggi, occupa l'attenzione e la preghiera dei cristiani in tutto il mondo. Nel suo messaggio per questa giornata, Papa Francesco ci ricorda che il percorso per la pace passa attraverso la cultura della "cura", ovvero del prendersi cura di tutto ciò che ha a che fare con l'umanità, soprattutto in un anno come questo dove il termine "cura" è stato senza dubbio uno dei più "cliccati" su internet. Prendersi cura, per Papa Francesco, vuole dire avere a cuore queste quattro cose: la dignità e i diritti della persona, il bene comune, la solidarietà e il creato. Non c'è pace se non ci prendiamo cura di questi aspetti. Concretamente: ridare dignità e diritti significa fare tutto il possibile perché a ognuno siano assicurate le cure mediche alla pandemia, ma anche le cure che gli assicurino la riappropriazione della propria dignità, in primis attraverso la ripresa del lavoro per chi (e sono molti) il lavoro non ce l'ha più. Forse tocca più a legislatori e ad amministratori che a noi comuni cittadini: però noi possiamo e dobbiamo arrabbiarci se questo non viene fatto. Avere a cura il bene comune vuole dire che tutti (tutti!) dobbiamo fare la nostra parte perché il bene comune venga assicurato, a partire dalla cosa più elementare: il rispetto delle regole. Intelligenti o meno, piacevoli o spiacevoli, antipatiche o simpatiche che esse siano, le regole vanno rispettate: e questo significa avere a cura il bene di tutti e quindi anche di noi stessi. E noi italiani (questo dobbiamo riconoscerlo) in Europa sediamo proprio al banco degli asini... Non così, invece, sulla solidarietà, dove dobbiamo davvero registrare gesti di grande attenzione nei confronti dei più bisognosi, soprattutto in questo periodo: non facciamo mai venire meno questa meravigliosa caratteristica della nostra storia e della nostra identità, che emerge fortemente in questi momenti drammatici. E non dimentichiamoci del Creato, divenuto finalmente, nel pontificato di Papa Francesco, uno dei temi fondamentali della Dottrina Sociale della Chiesa: piantiamola di pensare che questo mondo sia eterno e non si esaurisca! Non è così: o diamo una svolta ecologica al nostro modo di fare, o prima della pandemia ci ammazzerà la nostra irresponsabilità nei confronti della natura.
Terzo ed ultimo elemento ci viene dalla Liturgia di oggi, dedicata alla Maternità di Maria, Madre di Gesù, Madre di Dio e Madre nostra. Luca, nel cuore del brano di Vangelo che abbiamo ascoltato, ci parla proprio del cuore, del cuore di Maria, la quale, di fronte agli eventi che vedeva svolgersi intorno al Bambino Gesù in quei giorni, "custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore". Ogni tanto, in questi giorni, in particolare quando ci viene chiesto di fermare anche in maniera forzosa le nostre ordinarie attività, facciamo un esercizio semplice semplice: chiudiamo un po' la bocca, tappiamoci gli orecchi di fronte alle molte fesserie che da ogni parte ci vengono dette, e apriamo il nostro cuore all'ascolto della Parola di Dio. Ha molte cose da dirci, e sicuramente ci aiutano a capire qualcosa di più di questo non facile ma fondamentale momento della storia: della nostra storia personale e di quella dell'umanità intera.