Omelia (03-01-2021)
don Alberto Brignoli
Prima di tutto, l'amore

Come mai, nella Bibbia, l'Antico Testamento inizia con le parole "In principio Dio creò il cielo e la terra", mentre il Nuovo Testamento - almeno stando al Vangelo di Giovanni - inizia dicendo che "In principio era il Verbo"? Chi ha ragione? Che cosa è, o meglio, "chi è" Dio, prima di tutto, in principio? È un Dio creatore o un Dio Verbo, Parola? È un Dio che si dà subito da fare oppure è un Dio che prima di fare vuole farci udire la sua voce? Toccasse a noi scegliere, credo che non avremmo dubbi nell'esprimere la nostra preferenza: piuttosto di uno che parla, preferiamo uno che faccia i fatti. In questo, siamo ovviamente condizionati dalle preferenze che esprimiamo solitamente nei confronti delle persone: i parlatori, gli oratori, o per dirla in maniera più popolare, i "ciarlatani", non rientrano certo nella cerchia delle persone che amiamo avere al nostro fianco, optando invece per gente che di parole ne fa poche e punta a fare i fatti. Dando per assodato che stiamo parlando di Dio e quindi certamente non di un ciarlatano, ci resta da capire cosa ci vuol dire Giovanni attraverso le parole di quello che è considerato uno dei brani di più difficile comprensione di tutto il Nuovo Testamento, ma che insieme costituisce il nocciolo fondamentale del quarto Vangelo: cosa ci vuol dire il discepolo amato dal Signore con questo "Cantico del Verbo" con cui apre il suo Vangelo e che abbiamo più volte ascoltato in questi giorni di Natale?
Facciamo un esercizio particolare, oggi, e partiamo dal fondo, ovvero dalle ultime parole di questo Prologo: "Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato". Per noi, non è affatto un problema accettare questa affermazione: credo che nessuno di noi possa affermare di aver visto Dio, almeno in stato di sobrietà... Ma per la comunità cristiana di Giovanni, formata da persone che venivano dalla fede giudaica, questa affermazione suonava come un'offesa nei confronti dell'eroe per eccellenza dell'ebraismo, Mosè, del quale nel libro dell'Esodo si diceva che "il Signore parlava con lui faccia a faccia, come un uomo parla col proprio amico": ed è proprio dall'insieme delle conversazioni tra Dio e Mosè che scaturisce l'elemento fondamentale della salvezza di ogni israelita, la Torah, la Legge. Giovanni sa di essere entrato in un campo minato, e allora, andando a ritroso nella lettura del prologo, notiamo come si sia affrettato a chiarire la questione: "Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo". Nessuno, quindi, nega la grandezza di Mosè e della sua Legge per il popolo d'Israele, e comunque, il fatto che lui abbia scritto la Legge vedendo Dio faccia a faccia, non significa che abbia dato al popolo la possibilità di vedere Dio come lo fu per lui. Invece il Figlio di Dio, Gesù, "ci ha rivelato Dio", ce lo ha mostrato, ce lo ha fatto conoscere di persona. Come? Non con il dono della Legge (che c'era già, peraltro), ma con "la grazia e la verità".
In queste due parole sta la chiave per aprire la porta della comprensione di questo testo: "grazia e verità", per il cristiano, hanno lo stesso valore che ha la Legge per l'israelita, ovvero rappresentano la sua salvezza. La grazia è ciò che permette all'uomo di venire fuori da una situazione di disperazione che sembrava ormai compromessa a causa del peccato: pensiamo alla grazia concessa a un condannato a morte! La verità è ciò a cui ogni uomo aspira nella propria vita: ognuno di noi vorrebbe sapere la verità sulla propria esistenza, sui propri progetti, sulle proprie idee, sul proprio lavoro, sugli affetti, sulle persone che gli stanno vicine... che bello, se potessimo avere le idee chiare, certe, vere, su tutto ciò che facciamo! Grazia e verità sono le uniche cose di cui abbiamo bisogno per vivere: qualcosa che ci salvi sempre dalle situazioni di pericolo e che ci dica qual è la strada da percorrere.
C'è una sola cosa, nella vita dell'uomo, capace di salvarlo e di guidarlo: e si chiama amore. Solo l'amore per ciò che facciamo è capace di guidarci a fare le scelte giuste nella vita; solo l'amore delle persone che ci amano e che noi amiamo è disposto a salvarci dalle situazioni pericolose nelle quali cadiamo. Perché solo l'amore ha una forza che nessun'altra realtà possiede; solo l'amore salva, solo l'amore è credibile. E Giovanni sa bene questo perché l'ha provato sulla sua pelle: al punto che nel suo Vangelo, quando parla di sé, non scrive mai il suo nome, bensì "il discepolo che Gesù amava"; al punto che scriverà una delle sue lettere dedicandola esclusivamente all'amore di Dio. È incredibile come il tema del Prologo di Giovanni sia proprio l'amore, e come egli ne parli senza mai scrivere una sola volta la parola "amore". Preferisce usare questa combinazione di parole: "grazia e verità".
Ci resta da capire, ora, dove possiamo andare ad attingere questo amore, questa "grazia e verità". Qualche capitolo più avanti, ancora all'inizio del Vangelo, una donna di Samaria andrà ad attingere questo amore non più dal pozzo di Sichem, ma direttamente dal pozzo della Parola del Maestro; noi che leggiamo il Vangelo di Giovanni, possiamo attingere questa pienezza di grazia e di verità "dal Figlio unigenito che viene dal Padre", prima ancora di ascoltare la sua Parola, perché questa Parola, ancora prima di essere da noi ascoltata, è da noi contemplata nel mistero del Natale. "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità".
Qui arriviamo al vertice più alto non solo del testo del Prologo di Giovanni, ma di tutta l'essenza del Cristianesimo: la nostra salvezza ci viene dalla grazia e dalla verità, in una parola sola, dall'amore di Dio. L'amore di Dio ce lo ha rivelato suo Figlio Gesù: nella sua vita e nel suo ministero, lo ha fatto con la Parola, ma prima ancora che iniziasse ad essere espressa, questa Parola si è fatta sentire "facendosi carne". Non solo "facendosi uomo", cioè venendo al mondo, ma "facendosi carne", ovvero umanità assoluta, debolezza, fragilità umana, umanesimo allo stato puro, quotidianità, con le sue ricchezze e le sue miserie di ogni giorno. Nulla di campato in aria, allora, ma qualcosa "fatto di carne", qualcosa di molto concreto, di terreno, come è l'amore che ci è dato di sperimentare ogni giorno, con le sue bellezze e le sue fatiche.
E non è finita qui, perché "dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia". Vuol dire che questo amore si moltiplica; vuol dire che la grazia di Dio si moltiplica ogni volta che amiamo; vuol dire che l'amore è contagioso.
Che bello, iniziare il nuovo anno sapendo che non è solo un terribile virus ad essere contagioso: lo è anche l'amore, ogni forma di amore. Allora, certo, "in principio Dio creò il cielo e la terra"; "in principio era il Verbo"; ma prima di tutto, c'è l'amore.
Non c'è che dire: un bel modo d'iniziare l'anno nuovo!