Omelia (06-01-2021)
diac. Vito Calella
Siamo corpo di Cristo a irradiare la sua luce tra i popoli.

La gloria del Signore contemplata nella ricostruzione di Gerusalemme e del tempio
Gerusalemme era stata distrutta dai Babilonesi, il suo tempio bruciato, molti dei suoi abitanti, autorità, artigiani, giovani, furono deportati. Furono cinquant'anni di esilio in Babilonia e sembrava che la città del re Davide non potesse più essere ricostruita e ripopolata. Invece l'esilio finì e il profeta che prendeva il nome di Isaia annunciava una visione stupenda. Quella città diventava improvvisamente l'unico riferimento di luce in un contesto generalizzato di tenebra e di nebbia fitta.
«Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te» (Is 60,1-2).
Per quel popolo ritornato dall'esilio la ricostruzione del tempio di Gerusalemme era la «la gloria del Signore». Come una «luce» diventava polo di attrazione e di pellegrinaggi di tutti i popoli della terra. Tutti gli annunci profetici dell'Antico Testamento, sotto l'ispirazione divina dello Spirito Santo, si rifanno ad un avvenimento storico del popolo di Israele, ma il loro significato, per noi cristiani, trova il suo compimento nell'evento più importante di tutta la storia dell'umanità e del mondo intero: la venuta del Figlio di Dio.
La luminosa gloria del Signore nella contemplazione del bambino nato a Betlemme.
La luce venuta nel mondo è il Figlio di Dio, la cui natura divina ha assunto la nostra fragile e vulnerabile condizione umana.
La «gloria del Signore» annunciata dal profeta come un irrompere di «luce» nelle tenebre del mondo non sta più nell'edificio del tempio di Gerusalemme, che al tempo della nascita di Gesù era ritornato al suo grande splendore artistico, ma nella corporeità vivente di un bambino nato a Betlemme e adorato come Dio vero da saggi astrologi venuti dal lontano oriente, rappresentanti di tutti i popoli della terra, rappresentanti di tutti noi, che non apparteniamo al popolo di Israele.
Coincidenza e differenza di doni per celebrare la gloria del Signore
Si nota una coincidenza ed una differenza tra la profezia del profeta Isaia e il racconto evangelico secondo san Matteo, quando ci si sofferma a custodire nella mente e nel cuore i doni che vengono portati a Gerusalemme e al bambino Gesù di Betlemme.
La coincidenza consiste nei due doni di «oro e incenso» (Is 60,6 = Mt 2,11), regali simbolici di grande valore. L'oro rappresentava il riconoscimento della regalità di quel «capo che sarà il pastore del popolo, Israele» (Mt 2,6b), che veramente era nato a «Betlemme» (Mt 2,6a), conforme la profezia di Michea 5,1.
L'incenso rappresentava il riconoscimento della divinità, perché in tutte le religioni i granuli profumati dell'incenso esprimono l'adorazione e la preghiera che sale a Dio.
La differenza consiste nel dono della «mirra», dono aggiunto nel racconto evangelico, non attestato fra i regali preziosi nella profezia di Isaia. La mirra era l'unguento prezioso che serviva per ungere i cadaveri durante il rito della deposizione nel sepolcro.
La pienezza della gloria di Dio nell'evento della morte e risurrezione di Gesù.
Anche l'episodio della visita dei magi con i loro doni acquista un significato molto più grande del riconoscimento di un grande re venuto al mondo per volere divino. L'aggiunta del dono della mirra sta ad indicare che la pienezza di luce e di gloria del Signore si realizzerà quando quel corpo di bambino adorato a Betlemme, dovrà affrontare la morte e la sepoltura per poi essere trasfigurato con la luce della risurrezione.
Il trono della regalità di quel bambino sarà la croce, il suo corpo crocifisso sarà unto di mirra, ma sarà avvolto dalla nube profumata della risurrezione, perché diventerà una corporeità vivente per sempre e irradiante la luce della vittoria della gratuità dell'amore grazie alla nuova ed eterna alleanza.
Noi cristiani, che ascoltiamo oggi il racconto dei magi, sappiamo che la corporeità vivente del Cristo risuscitato è la luce della gloria del Signore che .ha già brillato su Gerusalemme quando avvenne quell'evento più di duemila anni fa.
Siamo noi cristiani, oggi, chiamati a irradiare la luce del Cristo risuscitato, tra i popoli immersi nelle tenebre di tante sofferenze e ingiustizie e nella fitta nebbia della ricerca di un senso per l'esistenza.
Da allora, fino alla venuta definitiva del Cristo risuscitato alla fine dei tempi, noi cristiani, appartenenti a tutti i popoli della Terra, siamo chiamati ad essere come Gesù, luce del mondo, tutti insieme, uniti nella carità, continuamente rigenerati dall'incontro orante con la Parola di Dio e dalla comunione con la presenza viva e vera del Cristo morto e risuscitato nel pane e nel vino eucaristico. È quanto ci viene comunicato dall'apostolo Paolo: «le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo» (Ef 3,6). Noi siamo queste «genti».
Noi come comunità cristiana inserita in un luogo, siamo oggi il corpo luminoso di Cristo.
Siamo chiamati ad essere la gloria del Signore che risplende nelle tenebre del mondo.
Siamo chiamati ad essere luce per tanti nostri fratelli e sorelle che vagano ancora nelle tenebre, nella ricerca di un senso per la loro vita, tenendo presente quanto sia difficile vivere oggi pensando al futuro che spetta alla nostra umanità e alla nostra madre Terra, attraversati da pandemie, guerre, ingiustizie e devastazioni.
Il lungo cammino dei magi che porta all'incontro rispettoso e adorante con un bimbo insieme alla madre Maria ci faccia vivere con profonda e sincera gratitudine il ricordo di tutti i nostri incontri vissuti nel rispetto dell'altro, ospitato nella sua dignità e grandezza di figlio di Dio.
Tutte queste esperienze di comunione e adorazione diventino emanazione di luce e di pace nei luoghi e nelle situazioni in cui questi incontri si rendono possibili.
Viviamo consapevoli di poter incontrare gente accecata di paura e di potere, come Erode, dove l'egoismo umano è pronto a promuovere solo ingiustizie e lamenti di dolore per la mancanza di amore rispettoso dell'altro.
Da soli, in maniera individuale, non riusciremo ad essere luce del mondo.
Vivendo la nostra fede in maniera individuale potremo soccombere di fronte al potere dell'egoismo umano.
Ma oggi è il giorno in cui vogliamo consegnare al Padre, per Cristo, con Cristo e in Cristo nell'unità dello Spirito Santo, tutte le nostre esperienze di comunione vera, fondate sull'amore donato e rivelato da Gesù con la sua venuta al mondo.
Gesù offrì la sua comunione con il Padre non infranta nell'ora del suo supplizio sulla croce, quando contro di lui imperversava il peccato del mondo.
Così anche noi offriamo al Padre con gratitudine tutte le nostre relazioni di comunione e amore vero che hanno resistito ad ogni attacco delle forze del male, perché adorando Gesù come nostro Signore, si siamo lasciati guidare dalla luce divina dello Spirito Santo che abita nel tempio del nostro corpo.