Omelia (06-01-2021) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di padre Alvise Bellinato "Entrati nella casa, videro il bambino" La tradizione popolare sottolinea che Gesù è nato in una stalla e che S. Giuseppe, alla vigilia del parto di Maria, suonò il campanello di tutti gli alberghi di Betlemme per trovare un posto dove essa potesse partorire. Questa versione dei fatti è in voga da 2000 anni e fa parte del folklore del Natale; è considerata tenera e poetica e suscita sentimenti di compassione e di dolcezza. Ad essa si ispirano tante canzoni natalizie e rappresentazioni sacre. Ormai ci siamo convinti che sia andata proprio così. Quasi tutte le recite natalizie rappresentano Giuseppe che, in extremis, con la sposa incinta di nove mesi, si sveglia all'ultimo secondo e va a mendicare in giro per Betlemme, alla ricerca di un posto per la sua sposa... Tutto, ovviamente, all'ultimo minuto. Il problema è che questa tradizione non è vera. Ci sono delle leggende popolari talmente radicate nella mentalità della gente, che è difficile cambiarle, per esempio quella che la Maddalena era una prostituta (ma dove sta scritto?), il che è una pura invenzione, che non sta né in cielo né in terra. Sarà che San Giuseppe, uomo giusto, esempio unico di prudenza, santo riflessivo e intelligente, patrono universale della Chiesa, uomo stimato da Dio per le sue virtù e talmente previdente da essere ritenuto dal Padre degno di prendersi cura del suo Figlio, sia stato così ingenuo, disorganizzato, imprudente e superficiale da trovarsi all'ultimo minuto senza un posto dove far partorire la sua sposa? Nemmeno il più inetto dei mariti si troverebbe in una situazione così imbarazzante e squallida. Figuriamoci il più prudente dei santi della chiesa cattolica... In realtà i Vangeli ci dicono che S. Giuseppe ha preparato molto bene, con cura, prudenza e intelligenza, il parto di Maria, e non si è trovato alla ricerca di un albergo last minute come pensa la gente. Tantomeno l'ha fatta partorire in un luogo sporco e disordinato. Spezziamo una lancia in favore di Giuseppe, in questo Anno a lui dedicato nella chiesa cattolica. Una lettura attenta dei Sinottici ci fa capire che a Betlemme, città in cui era nato, Giuseppe aveva i suoi parenti e familiari, che arrivò in città con buon anticipo e organizzò prudentemente tutto quello che era necessario per garantire a Maria, sua sposa amata, un parto dignitoso e sereno, in un ambiente pulito e consono. Il malinteso è nato da un problema di traduzione del versetto 7 del secondo capitolo di Luca, che, fino a qualche anno fa, era stato tradotto con: "Maria diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo". La parola greca kataluma è stata erroneamente tradotta con "albergo". La nuova traduzione della Bibbia della CEI ha finalmente corretto la traduzione e ha messo, al posto di "albergo", "alloggio". Finalmente! Ci sono voluti 2000 anni... Gli alberghi, al tempo di S. Giuseppe, erano tra i posti più malfamati della Palestina e nessuno avrebbe mai portato la moglie a partorire in uno di essi, questo è poco ma sicuro. Il Vangelo ci dice che per Maria e Giuseppe non c'era posto nell'alloggio. Cos'è l'alloggio? Per capirlo dobbiamo pensare a come erano fatte le case 2000 anni fa in Palestina. Esse erano divise in due parti: una posteriore scavata nella roccia (una grotta) e una anteriore costituita da un edificio in blocchi di pietra. Chi di noi è stato a Nazareth ha certamente presente che nella basilica dell'Annunciazione si può vedere la parte posteriore della casa di Maria (la grotta), mentre la parte anteriore (il piccolo edificio in blocchi di pietra) è stato portato a Loreto nel 1291 per salvarla da profanazioni e saccheggi. In occasione del censimento ordinato da Cesare Augusto, S. Giuseppe si reca a Betlemme, sua città Natale, e come lui anche i suoi fratelli, cugini, zii, parenti, ecc. Possiamo immaginarci che l'alloggio fosse pieno: tutti erano arrivati a Betlemme per il censimento e non c'era posto nell'alloggio (cioè nella casa dei suoi parenti di Betlemme). Allora S. Giuseppe, con la collaborazione dei suoi familiari, con cura e previdenza ha spazzato e pulito per bene la grotta, cioè la parte più interna della casa, dove, in alcune notti particolarmente fredde, venivano messi gli animali di famiglia, per preservarli dal freddo e dai predoni. La stanza, pur con il pavimento in terra battuta, era protetta, chiusa, riservata, tranquilla: un luogo intimo e chiuso, cui potevano accedere solo la levatrice ed eventuali (pochissime) collaboratrici. Era il posto ideale in cui una donna palestinese avrebbe potuto partorire 2000 anni fa. Non esistevano all'epoca, ospedali super-attrezzati e alberghi di lusso. Certamente non era il San Raffaele di Milano, chiaro. Si trattava di un luogo semplice, povero. Il senso di semplicità e povertà del Natale rimane e noi ringraziamo Dio per essersi fatto povero per noi, ma dobbiamo anche tenere presente che non si trattava di una stalla sporca e trascurata, e che S. Giuseppe non era un imprudente o un superficiale. L'accenno alla mangiatoia, sulla quale si poneva del fieno quando gli animali venivano messi al riparo nella grotta, lungi dal suscitare compassione per la semplicità o disgusto per la (presunta) sporcizia, ci fa apprezzare il sano realismo e lo spirito pratico, concreto, prudente, di Giuseppe. Con Giuseppe, Maria era in buone mani. Possiamo esserne certi: la scelta l'aveva compiuta Dio stesso! Detto questo, possiamo immaginarci oggi i tre Magi, che dopo essersi presentati alla casa di Betlemme, aver bussato alla porta anteriore e aver spiegato il motivo della loro visita ai familiari di Giuseppe, sono stati accolti nella parte più intima della casa (dove nessuno era ammesso), hanno aperto con trepidazione la porticina che introduceva nella grotta, sul retro. Alla luce di una fiaccola, in questo ambiente così intimo, raccolto e protetto, vedono finalmente il bambino, sua Madre e Giuseppe. Il bue e l'asinello, invece, se li sono inventati i commediografi. Nei Vangeli non ci sono. Non occorre esagerare, per rendere le cose più belle. Quello che ci dicono i Vangeli è sufficiente, e ci offre la misura della semplicità e bellezza dell'evento. Al tremulo bagliore di una fiamma, sotto lo sguardo benevolo di Giuseppe e Maria, questi astronomi orientali, che incutevano timore per la loro cultura, uomini dotti, venuti da lontano con le loro ricchezze, compiono un gesto inaudito e apparentemente "poco scientifico": si prostrano profondamente, con la faccia a terra, e adorano il neonato! Maria osserva Giuseppe, il quale con un cenno del capo annuisce: Questi è veramente il Figlio di Dio. Loro lo sapevano già da nove mesi. Ma, a volte, anche le conferme esterne aiutano. E Dio mai fa mancare le conferme nel discernimento serio. É tempo di darsi una mossa I Magi resteranno, per noi, sempre un mistero. Chi erano? Da dove venivano? A noi poco importa rispondere a queste domande o conoscere i loro nomi [Marco Polo ce li ha riferiti]. Ma sono figure importanti, che ci aiutano a fare alcune riflessioni personali. 1) I sommi sacerdoti sono fermi a Gerusalemme, i Magi sono in movimento verso Betlemme. Per trovare Cristo non servono tanto le elucubrazioni teologiche e le discettazioni accademiche... basta mettersi in cammino, con desiderio sincero e amore. La fede in Cristo non è statica, ferma, immobile, ma percorso avvincente, cammino, pellegrinaggio. Meglio essere in movimento con domande concrete (sulla vita, il mondo, ciò che accade) che essere delle mummie immobili, appoggiate su stanche sicurezze dogmatiche. 2) I Magi tornano a casa per un'altra strada. L'incontro con Cristo non ci lascia mai come eravamo prima, non ci consente di continuare a vivere nello stesso modo, non ci lascia indifferenti e apatici, ma ci spinge ad affrontare un percorso nuovo. Ciò che prima ci soddisfaceva, ora non più. Ciò che prima era certezza, ora vacilla. Ciò che prima era importante, ora ci accorgiamo che non lo è più. Cambia la scala di valori, cambia il criterio di valutazione. Cambia il cuore dell'uomo. 3) I sapienti scrutavano le Scritture, sapevano che il Messia sarebbe nato a Betlemme, avevano letto il profeta Michea, ma non lo trovarono. I Magi scrutavano la natura, non conoscevano Michea e le sue profezie, ma trovano Gesù e lo riconoscono. É come se Dio ci dicesse che è "con i piedi per terra", nel cuore di questo mondo creato, in ogni persona che noi consideriamo "lontana". Per trovarlo non serve l'esegesi, se non c'è un cuore assetato. Tra chi dice "Sappiamo che nascerà a Betlemme, perché così dice il profeta Michea" e chi dice "Abbiamo visto spuntare la sua stella", vince chi ha visto la stella, non chi leggeva la Bibbia. Leggere la Bibbia è importante, ma dobbiamo anche entrare nel cuore del mondo per trovare Gesù, venuto ad abitare in mezzo a noi. 4) C'è il rischio di considerare l'episodio evangelico dei Magi come un raccontino per bambini, mentre si tratta di soteriologia decisiva. Erode segue la via del potere, i sacerdoti quella del dogmatismo, i Magi quella dell'intelligenza. La via del potere si basa sulla menzogna, per mantenere una posizione. Quella del dogmatismo si aggrappa alla tradizione per cercare sicurezze. Quella dell'intelligenza si basa sui fatti per trovare un senso alla vita. "I Magi erano persone certe che nella creazione esiste quella che potremmo definire la firma di Dio, una firma che l'uomo può e deve tentare di scoprire e decifrare". (Benedetto XVI). |