Omelia (10-01-2021)
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COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura di don Massimo Cautero

Nella Chiesa di Rito Bizantino la festa del battesimo di Gesù è quella maggiore dopo quella della Pasqua e della Pentecoste. Il calendario liturgico della Chiesa Bizantina gli dedica una preparazione ed una successione per cui la festa stessa comincia il 2 gennaio e termina il 14, con il suo culmine il 6 gennaio. Questo fatto mi ha sempre lasciato sconvolto, specialmente anche quando ho approfondito le ragioni teologiche di tale importanza, sconvolto anche nel riflettere a quanto poco spazio gli dedichiamo nella liturgia cattolica. Non che la liturgia cattolica non ne tenga conto - d'altronde la Chiesa Cattolica mette l'accento su altri aspetti della "Rivelazione" di Gesù, tipo la celebrazione del Natale, della Sacra Famiglia, della Visita dei Magi etc. - ma sottolineando altri aspetti della Incarnazione e Rivelazione di Dio, noi fedeli siamo portati forse a riflettere poco sul significato del Battesimo di Gesù e, di conseguenza, sul significato del nostro battesimo "in Gesù". Anche Papa Francesco ci ha sempre ricordato l'importanza del Battesimo, ne ha parlato un sacco di volte e, per mostrarci quanto dobbiamo recuperare nel considerare l'importanza del Battesimo stesso, ci ha sempre fatto una domanda: "... ricordate la data del vostro battesimo?". Non nascondo che anche io la prima volta ho dovuto cercare il vecchio attestato del mio battesimo, convinto sempre della data del 6 di Agosto, e scoprii invece era il 4. Superata la vergogna iniziale - per un sacerdote, diciamolo, è come beccare un bambino con le dita nella marmellata! - ripresi in mano uno dei linguaggi più belli che io conosca per la catechesi, l'Icona, per fare, diciamo così, un "ripasso".
L'icona del Battesimo di Gesù, pur conoscendola profondamente, mi ispirò di nuovo. Non la guardai con gli occhi del teologo o del pastore, ma mi "accontentai" di quelli del solo battezzato (e non è poco!), e quella volta fu veramente illuminante, come solo la Luce che Cristo dona è capace di fare, d'altronde il battesimo nei riti delle Chiese Orientali viene chiamato proprio "illuminazione", sottolineando proprio quell'aspetto importante a cui la Rivelazione vuole condurci. In fondo a cosa serve la Rivelazione di Dio se non accende in me quella luce che Egli stesso desidera tanto accendere, se non mi si "illumina la mente e scalda il cuore" di fronte al Suo Amore che per me si incarna, per me vive, muore ma, soprattutto, risorge?
Guardai l'icona entrando nel mistero che i racconti evangelici sul Battesimo ci fanno, in fondo le icone, tutte le sacre icone, non sono una "fotografia" od un "ritratto" a gusto di un artista o del committente, sono i misteri che le pagine del Vangelo vorrebbero dipingerci nel cuore. Per scrivere un'Icona (non ho sbagliato verbo!) l'iconografo deve aver meditato a lungo le pagine del Nuovo e Vecchio Testamento, deve aver instaurato una relazione spirituale profonda con le pagine sante che ci rivelano il mistero dell'Amore di Dio per la nostra salvezza. La Chiesa Cattolica forse da troppo tempo lascia i misteri della Salvezza solo alla meditazione degli scritti biblici, anche se mai ha rinunciato alle Icone ed al linguaggio iconico, ed è sempre più evidente che l'uomo non vive solo di pensieri ma ha il bisogno naturale di decifrare la realtà che gli sta intorno, nei suoi segni, simboli, maestà e bellezze. La bellezza che l'Icona vuole esprimere non è nella bellezza grafica fine a sé, anche se importante, ma la bellezza del mistero della salvezza che vuole comunicare.
Nell'Icona del Battesimo Gesù domina le acque con una maestosa leggerezza, segno che il male e la morte, rappresentati dalle acque stesse, vengono vinti e domati dalla sua persona. Il sepolcro delle acque che danno morte e distruzione diventano la base della sua stessa Resurrezione, come sarà il "lago nero" dell'Icona della discesa agli inferi e resurrezione. Gli elementi che rendevano spaventose, infernali, le acque, rappresentati con dei "genietti", mostri marini, pesci spaventosi ed altre figure nell'acqua, non possono che fuggire ed andare via da Gesù immerso, perché tutto è spiegato e controllato da Gesù che di quelle acque infide ne fa una benedizione - come indica il gesto della mano destra di Gesù - con la sua passione, morte e Resurrezione. Per questo Gesù è nudo, a sottolineare il profondo legame con l'incarnazione, inizio stesso della sua missione che culminerà, appunto, con l'evento Pasquale. Per questo le paure, tutte le paure, compresa la più grande, quella della morte non hanno più senso, diventano fantasmi che fuggono di fronte a quel Cristo venuto a darci vita. Che fortuna essere stati fatti rinascere da quelle stesse acque, essere stati uniti inscindibilmente a Gesù che dalla morte, anche dalla mia morte, risorge, emerge, facendo il passaggio - la Pasqua - che non è più un semplice attraversare da una sponda all'altra il Giordano o il Mar Rosso, un semplice entrare nella "terra promessa", come vuole sottolineare l'Icona, ma un passare dalla Morte alla Vita. La Vita è la promessa della Pasqua, la vita è la realizzazione del Battesimo, la Vita illumina ogni cosa.
Le montagne che delimitano la scena rappresentano, nelle sue 4 cime, gli evangelisti, a sottolineare la solidità e la veridicità del mistero raccontato nei Vangeli, ma anche il solido riferimento di tutti i battezzati alle Sacre Scritture, le montagne incanalano, veicolano, la luce stessa che viene dalla Trinità, rappresentata dal semicerchio con una mano benedicente -in alto -, dal quale si dipanano tre raggi ed una colomba direttamente sul Cristo. Per questo alla vita illuminata serve sempre il solido riferimento delle Scritture e ai misteri, a cominciare dalla Trinità che è la "condizio sine qua non" di ogni mistero della salvezza.
Sulla sponda destra del Giordano ci sono degli angeli che guardano ed adorano -per questo sono rappresentati con le mani coperte dalle vesti -, a ricordarci l'enorme dignità della scena, sia in senso spirituale ma anche nella partecipazione di tutte le creature (e gli angeli lo sono!) al Mistero che sta avvenendo sotto il loro sguardo. Gli angeli ricordano anche a noi uomini che Dio ci privilegia fra le creature, essi vorrebbero quasi partecipare alla scena ma non possono, solo a Giovanni Battista, sull'altra sponda del Giordano, è concesso toccare il Cristo con la mano, realizzando così quell'incontro fra l'uomo e Dio che Dio stesso ha da sempre desiderato, confermando che l'incontro stesso che si è realizzato nel Grembo della Vergine Maria, e manifestato nel Natale, non è un evento "privato" ma per tutti coloro che "preparano la via al Signore", come San Giovanni, per tutti coloro che fanno nascere Cristo dalle acque accogliendolo nella carne, e qui mi viene in mente subito se e quanta "carne", quanta umanità è stata da me accolta in tutte le "carni" dove Gesù si è nascosto (poveri, assetati, affamati, ammalati, carcerati, sofferenti, piangenti, disperati, piccoli...). Quindi, forse, gli angeli guardano alla nostra carne con una santa invidia, per la dignità con cui l'umanità è elevata da Dio stesso, la mia domanda non può che essere: ed io in che posto metto questa dignità, nella mia vita e nella vita altrui? Perché gli angeli capiscono la nostra dignità e noi battezzati no?
San Giovanni, umile ed essenziale - per questo veste con pelli trovate per strada e si nutre di ciò che trova - mi ricorda che per annunciare la Verità, per annunciare la maestà dell'opera divina, si deve essere per forza umili ed essenziali. La verità vuole essere veicolata da strumenti semplici, che non si gonfino del proprio orgoglio, strumenti che lascino trasparire solo lei, somma Sapienza che illumina ogni cosa, non a caso la santità non è splendere di luce propria ma lasciar passare il più possibile quella di Dio! Guardo Giovanni e vedo quello strumento semplice di cui la Verità, Cristo stesso, ha bisogno, e mi sento tanto "complicato", tanto opaco. Di fronte a quelle figure iconiche dell'uomo vestito di pelli e del Cristo nudo nelle acque, ho ancora un moto di "revisione" su come io servo la Verità, il mistero di Salvezza, il Battesimo. In questi tempi di pandemia mi è capitato di amministrare il battesimo, purtroppo a troppi pochi bimbi rispetto ai tempi "normali", ma sapete che vi dico, l'impossibilità di fare una festa, di chiamare persone etc. ha reso tutto più vero, essenziale, ci ha dato il tempo di riflettere meglio (i genitori, i parenti presenti, io...) su quello che stavamo facendo ed è stato vero, vero e basta, e forse di quei battesimi non rimarrà che la verità essenziale, quella del dono della Vita Eterna, e per quei pochi presenti la dignità di aver riscoperto il proprio di Battesimo. In questi giorni provo dolore e dispiacere per tutti quei bambini il cui battesimo è stato rimandato a "tempi migliori", migliori per cosa? Una festa? Un pranzo? Ci può essere un tempo "migliore" dopo la rivelazione di Dio in Cristo ed il dono della Salvezza?
Nelle Icone del Battesimo di Gesù vi è anche un altro elemento che non manca mai, un piccolo alberello con alla radice una scure, un chiaro richiamo alla predicazione di Gesù e riferimento al Vangelo di Matteo (Mt 3,1-17). Quella scure ci ricorda che da quel momento il richiamo alla conversione del Battista diventa Predicazione del Regno. Ogni albero che non produce frutti, cioè salvezza, non troverà posto, non ha motivi per vivere ed il solo destino è essere tagliato fuori da quel dono. Non è Gesù che taglia l'albero ma semplicemente il confronto con Lui che è la vita. Se Gesù non è colui che mi dà vita, vita eterna, non ho speranza, forse mi rimane solo l'illusione di poter essere tagliato via velocemente, senza troppo dolore.
Potrei continuare ma tante cose rimangono in quel "colloquio segreto" fra me e Dio che si chiama preghiera personale e che il confronto con l'Icona del Battesimo ha suscitato. Mi rimane, però, una cosa fondamentale da comunicare a tutti e lo faccio guardando quell'oro in cui il cielo della maestà Divina di tutte le icone è rappresentato, anche nell'Icona di Battesimo: Il colore oro! L'oro è il colore della Luce Divina, la luce increata che pervade ogni mistero, ogni salvezza. L'oro non indica la ricchezza di un'icona o mosaico ma la presenza di Dio che pervade ogni cosa e accende ogni speranza. Voglio appunto dare speranza, speranza che tutto è sotto quella luce dorata ed increata, speranza che c'è sempre tempo per la salvezza e mai è detta l'ultima parola in colui che ci ama sempre, veramente! Non sia la scura posta alla radice dell'albero a convertirci all'amore di Dio ma la sua luce che pervade ogni cosa, compreso noi stessi!