Omelia (10-01-2021) |
Michele Antonio Corona |
Il battesimo: ponte tra il Giordano e il Golgota Nei primi secoli del cristianesimo il battesimo degli adulti era la prassi consueta nella Chiesa sia perché era un popolo spesso di convertiti, sia perché si richiedeva il responsabile assenso dell'individuo. Oggi è davvero straordinario il battesimo di persone avanti negli anni. Piuttosto si attua il fenomeno opposto: lo sbattezzo. Pratica nata in alcuni paesi a prevalenza protestante per evitare di pagare la tassa obbligatoria per la propria appartenenza religiosa, è divenuta una "moda" per affermare - forse per convincere se stessi - la condizione di atei o agnostici. Il Concilio Vaticano II ha ridato vita all'importanza del battesimo, caduto nel tempo in un rito di iniziazione. Il battesimo è l'immersione nella morte e il risollevamento nella risurrezione di Gesù. Anche noi, con Lui, moriamo e risorgiamo. L'intera esistenza credente è raccontata in quell'acqua. La liturgia della Parola della domenica ci offre come II lettura un passaggio bellissimo della prima lettera di Giovanni, in cui - oltre all'accento fondamentale sull'amore per Dio e per i fratelli - si sottolinea l'importanze dello Spirito e del binomio acqua-sangue. Tutta la vita credente si racchiude in questi due elementi: lo Spirito e la salvezza donata da Cristo nella croce (acqua e sangue che sgorgano dal suo costato). Anche nel racconto del battesimo i due elementi non sono solo presenti, ma figurano da protagonisti. Lo Spirito scende dal cielo nel momento in cui Gesù risale dall'acqua figurando un incontro importantissimo per la storia del mondo e per la vita del catecumeno. Non siamo soli: sia che scendiamo sia che saliamo, siamo con il Signore. Il testo di Marco ci offre tre punti di riflessioni legati ad altrettanti agganci testuali. In primo luogo, il verbo utilizzato per indicare i cieli squarciati ci rimanda alla scena della croce con lo strappo del velo del tempio (verbo schizo). Il secondo elemento riguarda la Spirito che nel battesimo discende su di lui, mentre sulla croce è effuso (verbo ekpneo). Infine, la presentazione dell'identità di Gesù: nel battesimo è la voce a proclamarlo figlio, sotto la croce è il centurione. È proprio sulla dichiarazione epifanica della voce che ci dobbiamo soffermare per conoscere meglio lo stile di annuncio di Marco: la dichiarazione della voce è un sunto dell'intero Antico Testamento. Nella frase sono racchiuse almeno tre citazioni bibliche. Dalla Torah (Pentateuco) il richiamo a Isacco in Gen 22 "Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio, l'amato"; dai profeti l'appello di Is 42,1 sul canto del Servo "Ecco il mio servo, che io sostengo, il mio eletto in cui mi compiaccio" e, infine dagli scritti [terza parte della bibbia ebraica] la citazione esplicita al salmo di intronizzazione regale 2,7 "Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato". I n una sola frase è racchiusa tutta la Scrittura nella figura di Gesù. Questa rivelazione non è solo per Giovanni o la folla - che nel vangelo di Marco non sembrano capire - ma è per noi che ascoltiamo e leggiamo il vangelo. Così la I lettura ci invita a cercare il Signore mentre si fa trovare, a invocarlo mentre è vicino. Non perdiamo tempo, cerchiamo Gesù ora che si mostra a noi! |