Commento su Marco 1,7-11
Il respiro universalistico è ancora la nota distintiva di queste letture...
La profezia di Isaia, cap.55, è un centone di citazioni conosciute, spero anche da voi.
Compare il tema del perdono, non così frequente nell'AT, così come nei Vangeli, e tuttavia tema molto amato dal grande profeta dell'esilio e dai suoi colleghi che animarono la riflessione teologica di Israele lungo tutto l'arco della storia.
"O voi tutti assetati, venite all'acqua, voi che non avete denaro, venite; comprate e mangiate senza denaro, senza pagare, vino e latte. (...). Ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti."
"Cercate il Signore mentre si fa trovare..."
"...il nostro Dio che largamente perdona..."
"Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie..."
"come infatti la pioggia e la neve scendono giù dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, (...) così sarà della mia parola: non ritornerà a me senza effetto..."
Avete notato che tra la citazione del perdono di Dio e quella ove il profeta ricorda che i pensieri e le vie di Dio non sono come i nostri pensieri e le nostre vie, compare un ‘perché': segno che la differenza tra noi e Dio, tra il nostro modo di pensare e di agire e il Suo, è rappresentata proprio dal perdono. Dio perdona sempre, noi poco... stavo per scrivere che Dio perdona, noi no; ma avreste subito pensato al film con Bud Spencer e don Matteo, pardon, Terence Hill....
Qualche volta perdoniamo anche noi. Ma Dio, infinitamente di più!...anche quelli che noi non perdoneremmo...
E che le Sue vie non siano le nostre, lo dimostra il disappunto nei confronti della misericordia che (Lui) usa verso chi non la merita affatto, almeno secondo il nostro modo di vedere. Ma non voglio entrare nel discorso, lo abbiamo già affrontato centinaia di volte e la distanza rimane.
Concentriamoci ora sul Vangelo, conosciamo bene la vicenda: la pagina si può dividere in due parti: nella prima lo scrittore ispirato enfatizza l'enorme disparità di statura tra Giovanni Battista e Gesù di Nazareth; anche se il gesto di chinarsi a slegare i lacci del sandalo - gesto rituale con il quale il fratello di colui che era morto senza figli assumeva l'incarico di dare al defunto una discendenza, sposandone alla vedova - non era (un gesto) umiliante; anzi, in qualche modo assimilava il secondogenito al fratello maggiore. Giovanni cita questo rito, per dichiarare che non era degno di assumere l'ufficio del Verbo incarnato: non si tratta di una indegnità morale... il Precursore non aveva commesso nulla di così riprovevole.
Si tratta molto semplicemente di vocazioni diverse, di competenze diverse.
Non è facile per noi distinguere diversità da errore: un preconcetto difficile da abbandonare, secondo il quale, chi vive diversamente (da noi) sbaglia qualcosa, o, peggio, è sbagliato lui stesso...
E c'è anche un'altra lezione che possiamo imparare da questo passo evangelico: fuggire la tentazione di farci gli affari degli altri, convinti di averne il diritto, o l'autorità.
Difficile imparare a dire dei NO; difficile riconoscere il nostro limite, quel confine da non valicare. Animati di sacro zelo, agiamo a fin di bene, certo... con le migliori intenzioni, più che certo...
Ma, si sa, l'Inferno è lastricato di buone intenzioni... almeno così dicono.
La seconda parte del Vangelo sembra contraddire la prima, in quanto presenta Gesù che si fa battezzare da Giovanni... colui che è di gran lunga superiore, si inginocchia davanti all'inferiore...
Sulle prime, Giovanni rifiuta; ma poi obbedisce, come aveva fatto sempre.
La vicenda è densa di significati, per noi e per Lui.
Per noi: la sua scelta di recarsi al Giordano per ricevere il battesimo di conversione, insieme con i peccatori, testimonia l'intento programmatico del Figlio di Dio: vivere tra gli ultimi, talmente integrato da essere scambiato per uno di loro, per uno di noi. E lo sarà in forma crescente fino all'epilogo sulla croce, giustiziato come il peggior criminale. Solidale con tutta l'umanità, in modo particolare con i sofferenti, con coloro che hanno sbagliato e che la società dei giusti non perdona, e non riabilita.
Nei quattro testi ispirati di Matteo, Marco, Luca e Giovanni emerge la distanza insanabile, che diventa polemica, infine ostilità e rifiuto, tra il messaggio del Messia e la morale corrente.
Oggi molti cristiani, troppi, confondono ancora la fede con la morale; e questo errore è tanto più grave se si considera proprio la distanza che il Vangelo sottolinea a nostro monito.
Per Lui: il segno del battesimo ricevuto nel Giordano rappresenta il mandato ufficiale da parte del Padre che Gesù riceve attraverso una vera e propria missio dello Spirito Santo.
Sappiamo che la forza dello Spirito fu per Lui irresistibile: i quaranta giorni vissuti nel deserto a combattere contro le forze del male furono affrontati dal Figlio di Dio in totale obbedienza alla voce dello Spirito.
Da questa lezione impariamo ad essere figli di Dio; ma impariamo anche a non cadere nella tentazione di identificare la verità di Dio con ciò che procura immediatamente un beneficio, un sollievo, un piacere...
La Parola di Dio non è sempre facile da ascoltare e da mettere in pratica... Spesso, anzi, la prima impressione non è affatto positiva; come non lo fu per il Signore sentirsi violentemente cacciato nel deserto, nella privazione totale di energie psicofisiche e di aiuti celesti; faccia a faccia con il grande tentatore.
I latini dicevano: "Dura lex, sed lex"...
Oggi si dice: la medicina efficace, non ha mai un buon sapore...
Del resto, lo sapevamo che il cammino della fede non sarebbe stata una gita in barca.
E anche se fosse, meglio saper nuotare, e bene. Persino la barca più robusta e sicura può trovarsi in balia del mare in tempesta... La storia di Simon Pietro ci insegna.