Omelia (10-01-2021)
don Lucio D'Abbraccio
Cristiani reali o solo di fatto?

Oggi la liturgia commemora il Battesimo di Gesù nel fiume Giordano. Ma Gesù aveva forse bisogno di essere battezzato come noi? Certamente no! Egli volle, con quel gesto, mostrare che si era fatto uno di noi in tutto. Egli, dice san Girolamo, «viene battezzato da un suo servo (il Battista); viene a immergersi fra pubblicani, meretrici e peccatori; Giovanni gli lava il corpo, ma lui purifica Giovanni nello spirito; l'acqua del Giordano è stata essa stessa purificata dall'immersione del nostro Signore Gesù Cristo che Dio Padre dichiara suo Figlio»: «Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Ebbene, questa festa è l'occasione per farci riflettere sul significato del nostro battesimo. Come ogni sacramento, il battesimo è fatto di due cose: di gesti e di parole. Ripercorriamo i momenti principali del rito. Cominciamo dall'imposizione del nome. Il celebrante chiede ai genitori: «Che nome date al vostro bambino?». In questo momento viene pronunciato per la prima volta, in pubblico, quello che sarà il nome per l'eternità. La Bibbia ci assicura che anche Dio ci conosce e ci chiama per nome (cf Is 43,1). Subito dopo il celebrante traccia la fronte del bambino con il segno della croce e, subito dopo di lui, fanno lo stesso gesto i genitori e i padrini. Viene così impresso un ricordo indelebile, un'appartenenza eterna. «Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». Il rito esprime il sigillo di Cristo su colui che sta per appartenergli e significa la grazia della redenzione che Cristo ci ha acquistato per mezzo della sua croce. La Croce è il segno distintivo dei cristiani.

Subito dopo la liturgia della Parola, vi è l'invocazione dei Santi: l'assemblea invoca i Santi affinché siano loro a proteggere il bambino nel cammino che sta cominciando a intraprendere in seno alla chiesa. Cammino di impegno, di coerenza e di testimonianza di fede, di speranza e di amore.

Dopo l'invocazione dei Santi vi è l'unzione con l'olio dei catecumeni. L'olio dei catecumeni è essenzialmente l'olio dell'atleta di Cristo. Anticamente l'olio era usato dai lottatori durante i combattimenti e verosimilmente il bambino diviene un paladino di Dio. Infatti S. Ambrogio dice: "Arrivato al fonte, tu sei stato unto... come un atleta di Cristo, come se tu stessi per dedicarti a un combattimento in questo mondo". Metaforicamente il menzionato l'olio, che viene applicato sul petto del battezzando subito dopo la preghiera di esorcismo, è come uno scudo che respinge il demonio e difende la fede.

Segue, a questo punto, la rinuncia a Satana e la professione di fede. Poiché il bambino è piccolo, e quindi non ha la possibilità e la capacità di rinunciare al potere del male e di professare la propria fede personalmente, saranno i genitori, il padrino e la madrina a farsi garanti della sua fede fino a quando il bambino, divenuto adulto, potrà farlo da solo confermando la fede già professata da altri, mediante il Sacramento della Confermazione.

Ma portiamoci al momento del battesimo vero e proprio. La liturgia dedica particolare attenzione all'elemento di cui Gesù ha voluto servirsi, l'acqua. Essa ricorda l'acqua del Mar Rosso, l'acqua del Giordano, l'acqua che sgorgò dal costato di Cristo. Proprio in merito all'acqua, che a causa del battesimo divenne cara ai primi cristiani, Tertulliano diceva: «Come i pesciolini nascono e vivono nell'acqua, mentre boccheggiano e muoiono se se ne allontanano, così noi cristiani, se ci distacchiamo dal nostro battesimo».

Il celebrante fa avvicinare al fonte i genitori e pronunciando il nome del bambino, per tre volte lo immerge o gli versa l'acqua sul capo, pronunciando le semplici e solenni parole indicate da Gesù stesso nel vangelo: «Io ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». Perché per ben tre volte il celebrante immerge o versa l'acqua sul capo del bambino? Perché il numero tre sta a simboleggiare Gesù Cristo che per tre giorni fu sepolto e al terzo giorno risuscitò. Inoltre, le parole «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo», evocano, o meglio rendono presente, la Trinità. Così, nel battesimo, noi professiamo i due più grandi misteri della nostra fede: con i gesti, evochiamo l'incarnazione, morte e risurrezione di Cristo; con le parole l'unità e Trinità di Dio.

Subito dopo vi è l'unzione con il sacro crisma. Il crisma è un olio profumato consacrato dal vescovo durante la Messa crismale, il mercoledì o giovedì santo. Quest'olio sta a significare il dono dello Spirito Santo elargito al nuovo battezzato. L'unzione col crisma è segno del sacerdozio regale del battezzato e della sua aggregazione alla comunità del popolo di Dio. Così prega il celebrante: «Egli stesso (Dio) ti consacra con il crisma di salvezza perché inserito in Cristo sacerdote, re e profeta sia sempre membro del suo corpo per la vita eterna». Il battezzato è divenuto un cristiano, incorporato a Cristo, che è unto Sacerdote, Profeta e Re. E i cristiani si chiamano «cristiani» perché sono gli unti con il crisma! Partecipano per sempre al sacerdozio profetico e regale di Cristo, proprio in virtù dell'unzione con il crisma.

Dopo l'unzione vi è la consegna della veste bianca. La veste bianca significa che il battezzato è risorto con Cristo. La veste battesimale e le parole che accompagnano la sua consegna illustrano il nuovo modo di essere del cristiano. Il ministro esorta: «Sei diventato nuova creatura e ti sei rivestito di Cristo. Questa veste bianca sia segno della tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall'esempio dei tuoi cari, portala senza macchia per la vita eterna».

A seguire vi è la consegna della candela ai padrini, accesa al cero pasquale, che rappresenta Cristo. Essa ricorda e dà loro la capacità di far sì che Cristo, che è la luce del mondo, illumini con la fede il bambino attraverso le loro parole, il loro esempio e il loro aiuto. Dice il celebrante: «Sei diventato luce di Cristo. Cammina sempre come figlio della luce...». La fiamma, sprigionata dalla candela accesa, sta a significare che la fede del bambino deve essere continuamente alimentata e questo compito è affidato ai genitori che si devono preoccupare di educare cristianamente il loro figlio. Inoltre, l'impegno dei padrini è molto serio, perché devono fare le veci dei genitori, se è necessario, a livello materiale e spirituale perché il loro figlioccio mantenga la fede.

Ed infine si conclude con il rito dell'«Effatà». La parola Effatà, in lingua aramaica, significa "Apriti". «Effatà» è una parola antica che custodisce uno dei doni del battesimo: l'apertura al mistero di Dio. Il celebrante tocca con il pollice le orecchie e le labbra del battezzato e prega: «Il Signore Gesù, che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di ascoltare presto la sua parola, e di professare la tua fede, a lode e gloria di Dio Padre».

Ebbene, rivisitare il rito del battesimo e averne dato la spiegazione per ogni singolo segno, che scopo può aver avuto? La risposta è molto semplice! Nel battesimo, altri hanno promesso per noi. Altri hanno risposto in nome nostro. Adesso che siamo adulti possiamo decidere da soli, in libertà. E allora, cosa decidiamo di fare? Essere cristiani reali o essere cristiani di nome e non di fatto? A noi la scelta!