Omelia (24-01-2021)
don Mario Simula
E' tempo di risposte

Quando Dio ci convoca per la sua missione, le nostre risposte possono essere molteplici.

Si può rispondere aderendo con entusiasmo alla chiamata, anche se comporta una rinuncia radicale.

Ci può essere una risposta "forzata" come quella di Giona, ribelle e fuggiasco dai percorsi verso Ninive perché non ama e non vuole che gli abitanti di quella città si convertano come vuole Dio.

Anche una terza risposta è possibile: quella di chi dice: "Sì, ci sono!" e poi non fa quello che Dio vuole. Preferisce ciò che è più comodo e congeniale al proprio modo di pensare.

La Parola di Dio si mette in mezzo tra Dio che ci vuole inviare e noi che dobbiamo rispondere. Ci interpella come credenti e come discepoli.

Il chiamato di cui ci parla oggi la Scrittura è Giona. Uomo stranamente e morbosamente geloso del dono della fede che Dio ha fatto a Israele, da rifiutare la missione che Dio gli affida. Non vuole che Ninive si converta. Scappa da Dio. Dio lo insegue attraverso segni e avvenimenti. Finché il profeta non si piega.

Va nella "grande città", annuncia la conversione e i niniviti si convertono al Signore.

Mi chiedo: Siamo così gelosi della nostra fede da rifiutarne l'annuncio ai lontani scomodi e ai vicini assuefatti?

Forse noi non diciamo spavaldamente di no a Dio.


Siamo fra coloro che rispondono a Lui, avendo però già in mente un altro progetto: il nostro, non quello di Dio. Spinti da una presunzione sottile e opportunamente occultata, portiamo la "nostra notizia" che non è "la bella notizia" del Vangelo. Noi portiamo una "notizia" dura, inflessibile, nella quale il "precetto" prevale sull'amore, "l'imposizione" prende il posto della persuasione educativa, lenta e paziente. Diventiamo annunciatori di "un rigore" sconosciuto al Signore. Senza accorgerci che questo "rigore" manifesta "la voglia di potere" sulle persone e sulle coscienze, invece di svelare la disponibilità del servitore inutile e povero, fedele al Signore che lo manda ai peccatori e non ai giusti.

Sono questo annunciatore? Sono questo laico "integro" che forse ha smarrito il senso di che cosa significhi "guardarsi allo specchio"?

Andrea e Pietro, Giacomo e Giovanni, "chiamati" da Gesù lo prendono sul serio. L'adesione a Lui è totale e pronta. Coincide con una esperienza di liberazione profonda, condizione essenziale del "SI": lasciare reti, barca, padre, per continuare ad essere pescatori ma "di uomini".

I "quattro" non sono persone senza fragilità, anzi. Sono soprattutto persone dell'amore. E quando si ama, ogni uomo che incontriamo nel nome di Gesù diventa padre, madre, fratello e sorella con i quali condividere l'avventura del Vangelo.

Anche perché "il tempo si è fatto, ormai, breve". Ce lo ricorda san Paolo: "Questo vi dico, fratelli: il tempo ormai si è fatto breve; d'ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero; coloro che piangono, come se non piangessero e quelli che godono come se non godessero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano del mondo, come se non ne usassero appieno: perché passa la scena di questo mondo!".

Ormai il nostro compito è "vivere come se ... ": vivere con intensità la vita senza idolatrare la vita.
Interpretandola con quel distacco che la rende vera, gioiosa, al riparo da affanni inutili.
Libera.

L'evangelizzatore sceglie questo stile di Vangelo e riesce a comunicarlo con passione e serenità.
Non lo vive di malavoglia, ma con ilarità e semplicità di cuore
.

Mi ritorna alla mente una parola di don Milani: "Dio non mi chiederà ragione del numero dei salvati, ma del numero degli evangelizzati". Tu vescovo, tu presbitero, tu laico, tu catechista, tu lettore, tu diacono, tu accolito non sei chiamato a salvare qualcuno. Salvare è compito di Dio. Tu devi soltanto evangelizzare, con umiltà, con fedeltà, con perseveranza, con discrezione, con una venerazione profonda della persona che avvicini, con la finezza di chi non impone il proprio modo di pensare, perché sa ascoltare.

Nessuna persona si deve allontanare per colpa nostra. Come nessuna persona si deve avvicinare attratta dai miraggi del "nostro" Vangelo facile e a poco prezzo oppure autoritario e schiavizzante.

Nessuna persona si deve allontanare perché ha trovato noi al centro dell'annuncio e non Gesù.
Come nessuna persona si deve avvicinare solo perché ha trovato noi al centro dell'annuncio, rendendo opaco il Volto di Gesù.

Gesù, mi vorrei liberare dalla tua presa. Il tuo sguardo mi ferisce con quella luce accecante che non amo, perché non lascia nell'oscurità alcun angolo della mia vita.

Gesù, devo averti indisposto infinite volte quando mi hai visto gustare il "mio successo", hai ascoltato le mie parole stolte che si attribuivano meriti e si ritenevano causa delle mie conquiste evangeliche.

Poche volte ho orientato l'obiettivo spietato perché cogliesse i pavoneggiamenti per le mie belle parole e per le mie buone maniere. Ad esse attribuivo quel poco di bene che riuscivo a diffondere attorno a me.

Gesù, se poi sono venuto a trovarmi davanti a tue richieste impreviste, scomodanti, impegnative, impopolari ho cercato di svignarmela inseguendo miraggi e strade lisce.

Gesù, se qualche volta ho la forza di guardare la mia vita mi compaiono tutte le persone non amate o amate male. Persone lontane, con occhi di speranza, per le quali non ho trovato tempo. Persone che ho liquidato con due parole vuote e senza anima. Persone mai più viste, per avere deluso la loro aspettativa di incontrare Te. E soltanto Te.

Gesù, posso ancora rispondere alle tue chiamate? Sono ancora in tempo per una disponibilità diversa, gratuita e totalmente impregnata di amore?

Quelli che "ho bruciato" per fretta, per pigrizia, per indifferenza li rimetto nelle tue mani. Non saprei dove cercarli. Posso soltanto custodirli, anonimi, in un cuore che inizia ad amarli nel pianto.

Tutti i "Tuoi" nuovi Volti, però, sono davanti a me, Gesù.

Voglio scappare di nuovo oppure inizio a riconoscerti e a risponderti?