Omelia (09-02-2003)
padre Lino Pedron
Commento su Marco 1,29-39

La guarigione della suocera di Pietro ci presenta il miracolo del servizio. Può sembrare un miracolo insignificante. Ma i miracoli non sono spettacoli di potenza, ma segni della misericordia di Dio. In questo racconto la piccolezza del segno è tutta a vantaggio della grandezza del significato. Un miracolo più straordinario avrebbe attirato la nostra attenzione a scapito di ciò di cui è segno.

Con questo piccolissimo segno l'evangelista ci dà il significato di tutti i miracoli: sono delle guarigioni che Gesù opera per restituire a ciascuno di noi la capacità di servire, che è la nostra somiglianza con Dio.

Il miracolo che Gesù è venuto a compiere in terra è la capacità di amare, cioè di servire. Chi ama serve, serve gratuitamente, serve continuamente, serve tutti indistintamente.

Noi siamo raffigurati nella suocera di Pietro: incapaci di servire, costretti a farci servire o a servirci degli altri. Il contatto con Gesù ci rende come lui, che è venuto per servire (Mc 10,45).

Il servizio è la guarigione dalla febbre mortale dell'uomo: l'egoismo, che lo uccide come immagine di Dio che è amore. L'egoismo si esprime nel servirsi degli altri, che porta all'asservimento reciproco; l'amore si realizza nel servire, che porta alla libertà dell'altro. Solo nel servizio reciproco saremo tutti finalmente liberi: "Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo" (Gal 6,3).

Il fatto che Gesù non lascia parlare i demoni è un aspetto importante del vangelo. Egli vuol farci capire che una conoscenza di Dio, prima di vederlo in croce, è diabolica: non capiremmo né il nostro male né il suo amore. Sarebbe la solita presentazione di un Dio creato dalla nostra testa. Voltaire ha scritto: "Dio ha creato l'uomo a sua immagine, e l'uomo ha creato Dio a sua immagine".

La giornata tipo di Gesù si conclude con una preghiera notturna, che dà inizio alla nuova attività. Per lui la contemplazione è insieme termine e sorgente dell'azione, fine di ciò che ha fatto e principio di ciò che sta per fare.

L'uomo, fatto a immagine e somiglianza di Dio, è totalmente se stesso quando sta davanti a Dio. Per questo il fine di ogni apostolato è insegnare a stare davanti a Dio e a pregare il vero Dio nel modo giusto. Dal vero rapporto con Dio nasce di conseguenza il vero rapporto con sé, con gli altri e con le cose.

Il cristiano prega soprattutto per ringraziare Dio che gli dà tutto, per amarlo, per conoscerlo meglio e vivere così nella gioia, nell'amore e nella verità.

La preghiera non serve per ricevere qualcosa, ma per diventare Qualcuno: per diventare come il Dio che preghiamo, per essere perfetti come è perfetto il Padre nostro che è nei cieli (cfr Mt 5,48).

La preghiera è il punto di arrivo di ogni realtà cristiana perché è l'approdo in Dio.

"Andiamocene altrove". L'entusiasmo delle folle e la popolarità condizionano l'agire umano e impediscono la vera libertà. Chi vuole a tutti i costi suscitare applausi non riesce ad evitare i compromessi.

Gesù scarta le immagini false che la gente si fa del suo ruolo di guaritore. Egli taglia corto riguardo all'entusiasmo popolare.

Proprio perché Gesù sa sottrarsi ai primi frutti della sua missione, questa può estendersi per tutta la Galilea.