Omelia (21-02-2021) |
fr. Massimo Rossi |
Commento su Marco 1,12-15 Prima domenica di quaresima; iniziamo il cammino verso la Pasqua di risurrezione, accomunati da più di un sentimento: incertezza, paura, dolore e rabbia da una parte; dall'altra, tanta voglia di ricominciare, di ripartire, di riprendere un discorso interrotto più di un anno fa. Abbiamo perduto un fratello, il marito, la moglie, un genitore, un amico, un collega, un conoscente.. Siamo tutti un po' più poveri, siamo tutti un po' più tristi... Ci sentiamo più fragili... non avevamo messo in conto di poter un giorno raccontare in prima persona, anche noi, la nostra pandemia; come lo fecero i nostri nonni... Al tempo stesso, dicevo sopra, abbiamo una voglia matta di ricominciare, di ripartire, lasciandoci alle spalle questo incubo che è reale, e che da ormai troppi giorni non svanisce all'alba... Siamo chiusi come un bruco nel bozzolo, in attesa di uscire, trasformati in farfalla; ma la trasformazione avviene dentro il bozzolo; quando usciremo, non saremo più come prima. Dunque c'è parecchio da fare, nell'attesa di uscire... E con questo desiderio, che è già un programma, affrontiamo la pagina del Vangelo di questo inizio quaresima, inizio anche del Vangelo di Marco: il Signore ha ricevuto il battesimo ai guadi del Giordano e lo Spirito Santo lo ha letteralmente cacciato nel deserto: l'Evangelista omette, o ignora i particolari delle tre tentazioni, che Matteo e Luca attingono verosimilmente ad altre fonti. La visione delle bestie selvatiche che fanno compagnia al Figlio di Dio evoca l'ideale messianico, annunciato dai profeti, di un ritorno alla pace paradisiaca (cfr. Is 11,6-9); il tema del ritiro nel deserto, anche questo cantato dai profeti (cfr. Os 2,16), e il servizio degli angeli, completano la scena. Non c'è dramma, non c'è inquietudine, a differenza dei racconti paralleli degli altri due Sinottici. Prevale invece l'idea di un Messia sostenuto e protetto da Dio, pronto per affrontare il ministero. I tempi sono maturi. Ecco che ritorna il paradosso tanto caro alla fede, paradosso spesso evocato da fr.Timothy Radcliffe, già Maestro dell'Ordine dei Predicatori, uno dei teologi più brillanti e stimati del secolo presente: chiedere a Dio di essere liberati da questi giorni è inutile! addirittura è un errore: questi giorni sono i giorni della salvezza, giorni di crisi, certo, ma proprio per questo, giorni preziosi, giorni determinanti... così come lo furono per Gesù i tre giorni della Passione; anche Lui, uomo come noi, pregò il Padre suo, in ginocchio, affinché lo liberasse da quei giorni; ma poi si alzò in piedi e affrontò l'avvenire a testa alta, a muso duro. Gesù si alza in piedi. È questa l'icona che propongo a tutti per la Quaresima appena iniziata: Gesù non si lasciò sorprendere, nel Getzemani, dai nemici, prostrato a terra. Gesù rimase in piedi fino all'ultimo: il peso della croce lo fece cadere tre volte, ma per tre volte si rialzò. La croce non lo vinse! Vinse Lui la sua croce! Anzi: vinse Lui con la sua croce! Il dolore, che sia fisico, o spirituale, del corpo, o del cuore, non se ne va mai del tutto. Il dolore ci scava dentro... la guarigione non è mai separazione definitiva dal male: rimangono tracce, rimangono ferite, rimangono cicatrici,... Anche il Signore se le porta addosso, e sono queste, le ferite, le cicatrici, il suo documento di riconoscimento; di più, sono la prova vivente della sua vittoria. Ma, lo ripeto, il segno della croce resta... Proviamo a tradurre in questi termini quanto ci sta accadendo da più di un anno... Le nostre storie, sono altrettante tessere di un unico grande mosaico che si chiama umanità. Nonostante ciò che appare, la solitudine, le relazioni che a stento sopravvivono a causa della distanza, per qualcuno, della separazione,... la pandemia ci ha uniti, ci ha resi solidali... E forse questo è il segreto della vittoria. La morte di Cristo non ha mandato in frantumi il sogno che il Padre gli aveva consegnato, perché lo realizzasse: riunire i dispersi, i separati in un solo gregge sotto un solo pastore. Oggi Pietro ci scrive che, anche dopo la sua morte, Gesù lavorò per unire coloro che erano stati separati: "Nello spirito portò l'annuncio alle anime prigioniere, che un tempo avevano rifiutato di credere..." (1Pt 3,19-20). E dopo la sua resurrezione, (Cristo) andò di persona a ricostituire il gruppo degli Apostoli. Accomunati nel segno della croce che tutti ci ha feriti e ancora ci ferisce, sentiamoci membra vive di un corpo solo. Da soli non si va da nessuna parte. Uniti saremo guida gli uni per gli altri; e quando uno crolla, avvinto dalla stanchezza e dal dolore, un altro sorge a dargli una mano per aiutarlo a rialzarsi e riprendere il cammino... Poesia?...e se fosse? Ce n'è tanta, nella Bibbia, di poesia! A cominciare dall'odierna pagina del Vangelo; per non parlare del brano della Genesi: descrive l'arcobaleno, un simbolo molto in voga ai giorni nostri, segno, anche questo, di come realtà diverse possono stare unite, ed, anzi, soltanto unite, compongono un affresco perfetto nella forma e nei colori. Buon arcobaleno a tutti! |