Omelia (14-02-2021)
don Mario Simula
Signore, tocca la mia lebbra!

Quando Gesù entra nella mia vita, la prende tutta: corpo, povertà, limiti, miserie. Non sta alla larga, come l'atteggiamento farisaico suggerisce: con te, ma a debita distanza.

Il passo di un lebbroso che si avvicina non curante ‐ ma lui sa cosa sta patendo il suo cuore di paura e di esitazione! - crea stupore, anzi smarrimento, anzi ripugnanza tutt'intorno.

Gesù si piega verso quello scarto di umanità. Non teme il contagio, sa infatti che ciò che contamina l'uomo esce dal cuore dell'uomo. Gesù è il Santo. Dalla feritoia accecante dei suoi occhi si sprigiona un invito pressante: "Vieni!".

Il disgraziato dei bassifondi e dei cassonetti brucia le distanze e si butta in ginocchio ai piedi di quella Luce: "Se vuoi puoi guarirmi!". I gesti inediti di Gesù prendono il sopravvento. Mosso a compassione. Il primo gesto è del cuore. Sempre. Se il cuore è lontano nulla è vero. Stende la mano. "Sono qui, mi avvicino a te. Non ti rifiuto. Ti amo". Lo tocca. La carezza di Dio appartiene a chi è peccatore, a chi ne sente il bisogno cocente.

Troppi problemi aperti rimangono nel cuore travagliato del lebbroso: "Posso osare? Posso chiedere tutto?". Si affida perdutamente all'amore di quell'Amante. "Se vuoi puoi guarirmi!". Gesù, se vuoi! Tu vuoi la mia vita da purificare, il mio cuore da salvare, i miei pensieri da convertire, i miei sentimenti per farli divampare, fuoco e splendore, per un amore nuovo. Mi metto nelle tue mani. Lascio fare a te. Non mi rimane altra scelta. E non ho paura di farla. La tua passione per me supera a dismisura il mio bisogno di te.

La fede dilaga nella vita del lebbroso più irruenta e potente del desiderio di liberazione del corpo.

"Lo voglio, guarisci!". Il mio Dio è per me. L'amato del mio cuore ha cercato piangendo la sposa che si era smarrita dietro ogni amore. Finalmente la trova e la riveste della sontuosità della fede‐fiducia-abbandono,insieme alla giovinezza radiosa del corpo risorto. Subito la lebbra scomparve ed egli guarì.

Non ti chiedo subito, perché mi sembra una pretesa, ma guariscimi comunque perché l'amore per te mi brucia l'anima.

Se l'amore di Gesù lascia ammutolito e attonito quel "verme di uomo", l'amore di un miserabile
sconvolge e incanta le viscere di misericordia del Signore
.

Io, il lebbroso, ho bisogno della tua guarigione, aspetto il tuo perdono, anelo alle braccia consolanti della Madre Chiesa che depone sul mio capo il sigillo dello Spirito di salvezza e del perdono. Vorrei incontrarti sempre ad ogni mia esitazione, quando vacillo, nei momenti nei quali il cammino della mia fede è stentato, penoso, provato, reticente. E se tu lo vuoi, e lo vuoi, ridesta in me, ogni giorno, il desiderio struggente di essere tuo "imitatore", come Paolo, come Francesco. Viandante disprezzato per un Amore che non è capito. Mite, nonostante la mia rissosità. Misericordioso, nonostante la mia intolleranza. Pronto ad abbracciare ogni lebbroso e a baciarlo, nonostante la mia ripulsa. Deciso ad arrendermi, nonostante la mia riottosità e la mia diffidenza.

Alla fine, Gesù ama la riservatezza, il silenzio, andare altrove, non trascurare nessuno. Nessuna spettacolarità per l'amore. Nessuna pubblicità per la consolazione. Gesù passa e di volta in volta semina semente da cento per uno, con prodigalità. Anche se il mio terreno è come una strada battuta.
Lo riincontrerò all'altro incrocio, con lo stesso seme, con la stessa prodigalità.

Lui non si stanca, anche se io, talvolta, mi stanco.