Omelia (21-02-2021) |
diac. Vito Calella |
Il «deserto» vissuto come «giardino» La scelta fondamentale per tracciare il sentiero della vita nel «deserto» delle prove. All'inizio della quaresima, facciamo nostra la preghiera del salmo «Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri. Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi, perché sei tu il Dio della mia salvezza» (Sal 25,4-5). Se la nostra vita è come un sentiero tutto da tracciare, nel «deserto» delle prove esistenziali, chiediamo al Signore che, da battezzati, ci aiuti a realizzarlo con il suo aiuto, in modo starci in ogni «deserto» esistenziale come in un «giardino». Il sentiero della nostra vita si apre giorno dopo giorno, scelta dopo scelta. Da battezzati, come Gesù, c'è però la scelta fondamentale, che vale più di tutte le altre decisioni da prendere nella vita quotidiana: è la scelta consapevole di volersi consegnare all'azione dello Spirito santo, che già abita in noi. Subito dopo il racconto del battesimo di Gesù al fiume Giordano, il Vangelo di oggi ce lo presenta guidato dallo Spirito santo: «Lo Spirito gettò Gesù nel deserto» (Mc 1,12a). Il suo lasciarsi guidare dallo Spirito santo si traduceva concretamente nella decisione di non voler bastare a se stesso, con la sua libertà, ma, piuttosto, di voler vivere in comunione con il Padre momento per momento della sua esistenza. La scelta fondamentale di Gesù era lo «stare nelle cose del Padre» (Lc 2,49), voler fare la sua volontà, come se fosse il suo pane quotidiano: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera» (Gv 4,34). Il dono del battesimo/cresima che abbiamo celebrato una volta per tutte, e che rinnoviamo con la celebrazione eucaristica, consiste nel tracciare giorno dopo giorno il sentiero della nostra esistenza (mediante le scelte che facciamo), a partire dalla nostra opzione fondamentale: vivere anche noi, come Gesù, «sospinti/gettati dallo Spirito santo nel deserto» della nostra vita. Lo Spirito santo in noi ci fa vivere gioiosamente centrati nell'unico evento che può dare un senso profondo al nostro duro vivere quotidiano: la morte e la risurrezione di Gesù. Il nostro battesimo/cresima e l'eucaristia diventano un dono per centralizzare la nostra esistenza nel mistero della morte e risurrezione di Gesù e vivere la fatica di tracciare il sentiero della nostra vita, guidati dallo Spirito santo. La quaresima è un tempo speciale istituito nella storia della Chiesa proprio per aiutare gli adulti catecumeni a vivere bene i sacramenti del battesimo, cresima ed eucaristia. La catastrofe può essere un nuovo inizio, il «deserto» può essere vissuto come «giardino». La lettera di Pietro ci ricorda il nostro battesimo, e ci chiede di custodire la memoria dell'evento della morte e risurrezione di Gesù: «Carissimi, Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito» (1Pt 3,18). L'apostolo paragona l'evento catastrofico del diluvio universale all'acqua del battesimo, che abbiamo celebrato nel passato: «Quest'acqua (del diluvio), come immagine del battesimo, ora salva anche voi; non porta via la sporcizia del corpo, ma è invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo» (1Pt 3,21). La stessa catastrofe naturale, distruttiva e mortale del diluvio, può essere guardata con occhi diversi e può diventare una storia di salvezza. I «deserti» esistenziali della nostra vita possono diventare «giardini», se ci fidiamo di esercitare la nostra libertà confidando nella presenza dello Spirito santo in noi, che ci orienta e ci fa affrontare con coraggio le prove della vita. Ma non è facile, perché buona parte di umanità sembra poter e voler vivere come se Dio non esistesse. Senza pensarci siamo indotti a confidare nel potere del denaro e in quello del sapere tecnico-scientifico: messi insieme sono in grado di manipolare le risorse naturali, di trasformare il mondo e trovare soluzioni ai nostri problemi. In questa pandemia sembra che si debba confidare unicamente nella scienza e nei vaccini, e obbedire esclusivamente dalle decisioni del comitato tecnico scientifico. Che posto ha la fede? Sono innegabili i benefici del progresso tecnico-scientifico per tutti i cambiamenti avvenuti; eppure continuano le ingiustizie e le violazioni della dignità umana, si investe la scienza tecnologica in armamenti, si paga il prezzo di troppi disastri ambientali in nome del sistema economico-commerciale, e il nostro benessere/salvezza viene misurato solo sugli indici di crescita economica del PIL. Il benessere non significa vera felicità. La pandemia è un'altra forma di diluvio universale, che ci ha travolti tutti. Tornando al diluvio: quell'evento di distruzione e di morte divenne un nuovo inizio, come ci ricorda il segno dell'arcobaleno, divenuto simbolo dell'alleanza eterna di Dio con tutta l'umanità, anche se ogni essere umano «ha il cuore incline al male fin dalla sua giovinezza» (Gen 8,21). L'arcobaleno sorge sempre dopo un grosso temporale: quasi a dire che possiamo scoprire la misericordia e la fedeltà eterna dell'amore del Padre nei nostri confronti, avendo affrontato una tempesta. Il ricordo dell'arca, costruita pazientemente da Noè e dalla sua famiglia, per noi oggi diventa immagine simbolica del piccolo resto di popolo che, nonostante la deriva illusoria di chi crede di bastare a se stesso e all'opera delle sue mani, ancora crede che le redini del destino dell'umanità e dell'opera della creazione stia nelle mani di Dio Creatore e Redentore, e non nel potere dell'uomo. La stessa catastrofe distruttiva e fallimentare della morte di croce di Gesù può essere guardata con occhi diversi e diventa una storia di salvezza per tutti noi. Contemplando Gesù crocifisso, umanamente ci verrebbe da dire che è stoltezza e pazzia diventare suoi discepoli. Non c'è «deserto» più inospitale e disumano della croce di Gesù! L'essere «gettato dallo Spirito nel deserto per quaranta giorni» va oltre il significato di un tempo reale, trascorso da Gesù nel deserto di Giuda, dove viveva anche Giovanni Battista. Rappresenta la sfida dell'annuncio del regno di Dio, fatto da Gesù in tutto l'arco della sua missione in mezzo a noi, tra tante barriere da abbattere e nemici da affrontare. Gesù, con le sue parole e azioni manifestava la gratuità dell'amore del Padre, perché era guidato dallo Spirito santo. Ma doveva confrontarsi con gli impulsi della sua coscienza umana, che lo tentava con la gratificazione della fama e del successo personale. Pietro immaginava così Gesù, da lui proclamato «Messia» e si senti dire dal suo maestro: «Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini» (Mc 8,33). Gesù irradiava la misericordia e la fedeltà dell'amore del Padre in tutti i suoi incontri con i poveri, gli ammalati, i lebbrosi, i peccatori, perché era guidato dallo Spirito santo. Ma doveva confrontarsi con i progetti satanici delle autorità religiose e politiche del suo tempo, che decisero effettivamente di condannarlo a morte. «Satana» rappresenta sia la coscienza umana egoistica ed auto-centrata, che procura solo il proprio interesse e la vanagloria, potendo scatenare azioni malvagie e perverse; sia il sistema economico-politico, che si mostra impietoso verso i più deboli e verso la natura, sia ogni sistema religioso, che impone l'immagine di un Dio giustiziere, senza misericordia verso i peccatori. Gesù, guidato dallo Spirito santo, per compiere ogni giorno la volontà del Padre, doveva affrontare la prova del confronto con questo «Satana». Il confronto più duro con «Satana» avvenne nell'ora della sua passione, morte di croce e sepoltura. In quell'ora sembrava che il «deserto» rimanesse «deserto», annientando per sempre ogni speranza riposta nel suo annuncio del regno del Padre. Guardando a Gesù crocifisso e deposto nel sepolcro, ci verrebbe da dire che, chi cerca di compiere il bene, fa la sua stessa fine: è costantemente minacciato e inchiodato da chi vuole difendere i propri privilegi con lo strapotere del denaro e del sapere tecnico-scientifico, non usati per il bene comune. Eppure quel patibolo di morte e fallimento è divenuto un evento di salvezza, come il catastrofico diluvio universale era divenuto inizio di un mondo nuovo. Il «deserto» totale della passione, morte e sepoltura di Gesù è divenuto un «giardino», richiamo dell'Eden originale: «Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano» (Mc 1, 13b). Gesù è stato risuscitato dal deserto della morte! La sua missione, sostenuta dall'obbedienza alla volontà del Padre, non è stata un fallimento. Lasciamoci guidare anche noi, come Gesù, dallo Spirito santo! Affrontiamo i deserti esistenziali della nostra vita affidati alla gratuità dell'amore divino e centrati nell'evento della morte e risurrezione di Gesù. Avremo la garanzia che ogni «deserto» esistenziale in cui ci possiamo trovare può essere trasformato in «giardino». Le fiere selvagge dei nostri istinti egoistici convivranno pacificamente con noi, perché confidiamo nel potere purificatore e santificatore della comunione generata dallo Spirito santo. Gli angeli a nostro servizio saranno quei gesti di attenzione e vicinanza, provvidenziali, che non ci faranno sentire soli e abbandonati nel contesto arido del nostro camminare, perché siamo figli amati del Padre. |