Omelia (07-03-2021) |
Agenzia SIR |
Commento su Giovanni 2,13-25 In questa terza Domenica di quaresima la Chiesa ci offre la possibilità di riflettere su una pagina di Vangelo che conosciamo molto bene e che rimane facilmente impressa nell'animo umano. Il Gesù mite e umile di cuore che pensavamo di conoscere, perché racchiuso e circoscritto nella nostra fallace immaginazione, sale a Gerusalemme e trova seduti sulle cattedre del tempio i cambiamonete, acceso dallo zelo per la casa di Dio scaccia con durezza i mercanti dal tempio. Un Gesù apparentemente irriconoscibile, addirittura inconciliabile con quello che spesso ci siamo costruiti e immaginati. A tale proposito Joseph Ratzinger, pensando probabilmente a questo brano del Vangelo ha affermato: "Un Gesù che sia d'accordo con tutto e con tutti, un Gesù senza la sua santa ira, senza la durezza della verità e del vero amore, non è il vero Gesù come lo mostra la Scrittura, ma una sua miserabile caricatura. Una concezione del Vangelo dove non esista più la serietà dell'ira di Dio, non ha niente a che fare con il Vangelo biblico". Parole forti e profondissime che in questo tempo di quaresima devono farci riflettere sulla vera immagine del Figlio di Dio, così come ce lo rivela la Scrittura e non come vorremmo che fosse secondo il nostro comodo pensare. Occorre tuttavia riflettere anche sull'errore opposto a quello evidenziato da Joseph Ratzinger, cioè quello di far ricadere sulla persona di Gesù il monito di un Dio vendicativo e senza scrupoli. Il Vangelo chiarisce in modo sublime il modo di agire di Gesù quando afferma: "lo zelo per la tua casa mi divorerà". Al centro del Vangelo di oggi non c'è l'ira di Dio, che è soltanto una logica conseguenza di quanto sta accadendo, ma c'è lo zelo, la passione, l'amore ardente per la causa di Dio. Soltanto chi ama o chi ha amato veramente qualcuno può comprendere fino in fondo queste parole. L'amore per qualcuno quando è vero, sincero e onesto, non può lasciare indifferenti davanti all'oltraggio dell'amato. "Distruggete questo tempio e io in tre giorni lo farò risorgere". Il corpo di Gesù è stato di fatto distrutto sulla croce. Egli lo ha consegnato volontariamente fino alla fine, fino alle estreme conseguenze. Chi mercanteggia e fa del culto a Dio un mercimonio, mercanteggia il corpo di Cristo. Quante volte nella nostra vita spirituale la logica del "do ut des" guida il rapporto con Dio, alla passione prevale il calcolo, alla carità il tornaconto. Se Gesù fosse stato indifferente ai mercanti nel tempio avrebbe dimostrato un amore verso di noi pavido e distaccato, ma poiché la misura dell'amore si rivela dalla passione, egli non ha esitato a mostrare la sua santa ira per rivelarci che il prezzo pagato per la nostra salvezza è la sua stessa vita donata sulla croce. Commento a cura di Paolo Morocutti |