Omelia (07-03-2021)
padre Paul Devreux


"Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme".

Per Pasqua la popolazione di Gerusalemme triplicava perché per i Giudei il Tempio era la dimora di Dio e desideravano avvicinarsi a Lui il più possibile. Passavano da 40 a 120 mila abitanti.


"Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete".

Li compravano per offrirli a Dio. Non giudichiamo ma proviamo a capire. I popoli antichi avevano paura di tutto ciò che non capivano e che consideravano pericoloso. Avere una divinità capace di dominare queste cose era considerato una soluzione al problema, ma bisognava ottenere la sua benevolenza dandogli qualcosa. Così nasce l'idea del sacrificio, dando alla divinità cose che noi consideriamo importanti e che ci costano.


"Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi".

All'entrata sud del Tempio c'era un grandissimo portico dove si svolgeva questo mercato.


"gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi".

Questi cambiavano le monete con sopra la figura dell'imperatore romano, divinità pagana, con monete neutre.


"e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà"

Perché Gesù fa questo gesto clamoroso? Notiamo che Giovanni lo mette all'inizio del Vangelo, perché quello che fa è alla base della novità che lui vuole portare. Gesù non ce l'ha col Tempio, tant'è vero che lo chiama "casa del Padre Mio". Di per se non ce l'ha neanche con i commercianti, anche se è fuori luogo mettere un mercato nel tempio. Gesù ce l'ha con una mentalità. Gesù caccia fuori tutti quelli che pensano che Dio vada comprato o pagato, commercianti, clienti, ma se poteva, avrebbe cacciato fuori anche i sacerdoti che predicavano questo culto. Vuole cacciare fuori una mentalità religiosa che fa fatica a morire anche oggi. Perciò dicevo prima non giudichiamo ma proviamo a capire. Questa cultura è quella che nella vita, se vuoi ottenere qualcosa, devi guadagnartela, devi pagare, e facciamo fatica a credere che con Dio non è cosi. Sembra quasi che la gratuità dell'amore di Dio ci dà fastidio, ci destabilizza e non riusciamo ad accettarla. Pagare è più semplice e meno impegnativo.

Per fare un esempio banale, quando sento dire che è bene patire un po' di freddo in chiesa perché cosi aumentano i nostri meriti, non so se arrabbiarmi o deprimermi. Poi capisco che è tutta una cultura che fa fatica a morire. Il problema è che cosi facendo vanifico la croce di Cristo. Perché? Con la sua croce Gesù vuole rivelarci la grandezza dell'amore di Dio, la sua disponibilità e totale gratuità. Dio non ha bisogno dei nostri sacrifici ne per amarci, ne per capire i nostri bisogni.

Contempliamo Gesù in croce che ci dice che preferisce pagare che essere pagato. Lui c'invita ad amare come lui, per essere in comunione con lui, che è una cosa molto bella. Ci dice che possiamo anche soffrire con chi sta male, come gesto di condivisione. È un modo di stare vicino a chi sta male, come fa Gesù stando vicino ai ladroni in croce. Possiamo anche pregare e chiedere preghiere per i nostri cari defunti, ma se faccio un'offerta per una messa o per accendere una candela in chiesa, l'offerta la faccio per aiutare il prete o la chiesa, ma ciò che aiuta chi sta male è la mia preghiera e la messa alla quale partecipo, non l'offerta. In sintesi il Signore ci invita alla comunione, e questo desiderio di comunione nasce dalla gratitudine, dal sentirsi amati gratuitamente, dall'aver ricevuto.

Quando sto male io o qualcuno a cui tengo, mi viene spontaneo pregare, anche se non sono credente. Viene spontaneo fare pellegrinaggi, sacrifici e offerte, pur di ottenere ciò che sogniamo. Ma ciò che mi aiuta è scoprire la gratuita presenza di Dio.

Gesù caccia la mentalità del mercato dal Tempio, dal rapporto con Dio, perché punta a farci capire che Dio ci ama gratuitamente e sa meglio di noi come aiutarci. Chiediamogli di sperimentare sempre di più la sua gratuità, cominciando col prendere coscienza del dono gratuito che è la vita, che non abbiamo ne chiesto, ne meritato: ci è stata data e continua ad esserci donata ogni giorno. San Francesco, ormai moribondo, ha scritto il cantico dei cantici, dove ringrazia per tutto, anche per la morte. Ma a questo si arriva cominciando oggi a prendere coscienza di ciò che riceviamo e ringraziando del dono gratuito.

Mi vien da dire: "cosa pensi di poter pagare!? Ringrazia, contempla e taci".


Buona domenica.