Omelia (28-02-2021) |
don Michele Cerutti |
Commento su Marco 9,2-10 Domenica scorsa siamo stati immersi nell'esperienza del deserto con Gesù per 40 giorni tentati nel deserto e questa domenica invece siamo invitati a salire la montagna, luogo in cui Dio si manifesta e dona all'uomo compiti particolari. Abramo lo vediamo su un monte mentre è intento a donare Isacco, l'unico figlio e davanti a questo dono, che il padre della fede assicura a Yahvè, è lo stesso creatore ad arrestare il sacrificio. Sulla montagna Mosè ha l'incontro con Dio nel roveto ardente e riceve la missione di liberare il popolo dalla schiavitù. Sulla montagna sempre il patriarca riceve le tavole della Legge. Elia che scappa da Gezabele sull'Oreb incontra Dio nel mormorio di un vento leggero e viene spronato a ritornare al suo compito di profeta. Questa domenica Gesù sceglie il monte Tabor per mostrare ai suoi discepoli il traguardo a cui è indirizzato e che indica a tutti noi. Con la trasfigurazione abbiamo un anticipo della risurrezione. Siamo votati a questo. La nostra Quaresima ha una meta precisa. Non siamo chiamati a vivere un tempo di penitenza continuo, ma esortati a giungere a quella pienezza che si compirà alla fine della nostra vita e allora il tempo che viviamo ha lo scopo pedagogico e propedeutico a prepararci a questo traguardo. I discepoli sono reduci da una notizia che non capiscono o vogliono rimuovere. Gesù che aveva chiesto a loro prima cosa pensa la gente di lui e poi cosa dicono loro stessi della sua persona viene assicurato da Pietro che lo identifica come il Cristo. Tuttavia, quando gli apostoli vengono informati che Gesù dovrà morire in Croce subito Pietro si fa largo affermando che questo non capiterà mai. Il Signore lo invita a non ragionare come Satana e invita lo stesso Pietro ad andare dietro. Sì, il demonio cerca sempre con i suoi ragionamenti di porsi davanti a Dio e anche noi rischiamo di compiere lo stesso gioco. Quello che vivono i discepoli è una confusione totale. Un uomo acclamato come grande profeta e che invece loro stessi stanno riconoscendo come Dio parla di morte. Gesù comprende la loro agitazione e allora prende con sé Pietro, Giacomo e Giovanni, coloro che vivono esperienze molto significative avendo compiti ben specifici. A Pietro viene riconosciuto il primato sulla Chiesa che si andrà formando, Giovanni sarà l'evangelista, il discepolo amato e Giacomo il primo martire tra gli apostoli. "A chi tanto è stato dato, tanto verrà richiesto" ci dice Gesù nei Vangeli. Sul Tabor Gesù si trasfigura e appaiono davanti a Lui Mosé ed Elia ovvero il patriarca e il profeta a significare che tutta la storia della salvezza è indirizzata verso questa meta. La gioia dei tre è così piena che Pietro a nome di tutti propone di installare tre tende una per Gesù, una per Mosè ed Elia e l'altra per loro. E' il tentativo degli apostoli di fissare il tutto al momento estatico che stanno vivendo. Il discepolato di Gesù chiede di mettersi in gioco completamente nella vita di tutti i giorni. Non ci si può bloccare sulla bella esperienza mistica che si vive perché questa deve poi incarnarsi nella quotidianità. Il Padre irrompe sulla scena con una espressione che abbiamo sentito risuonare nel Giordano: "Questi è il mio Figlio prediletto". Rispetto al battesimo l'invito che il Padre fa è forte: "ascoltatelo". Il discepolo deve riconoscere che Gesù è il Cristo, come ha fatto Pietro nella sua professione di fede, ma deve compiere un passo in più ascoltarlo. Il cristiano è chiamato a riconoscere la Signoria di Gesù, ma ponendosi prima di tutto nella dimensione dell'ascolto. La scena sembra spegnersi, i discepoli ci dice Marco ora sono soli con Gesù. Siamo chiamati a vivere nella consapevolezza che il Signore è sempre presente non ci lascia mai soli. La lezione che Gesù ha voluto offrire non è segnata dalla logica della potenza umana, ma è indirizzata a una realtà che Dio vuole condividere con tutti noi. Un invito forte quello che la Parola ci fa questa domenica a saper vivere la Quaresima alternando momenti di raccoglimento profondo per poi andare alla ferialità con maggior slancio con la certezza di essere sempre accompagnati da Dio. Andare alla montagna, ovvero alle vette alte della spiritualità per affrontare con coraggio la vita di ogni giorno. Questo è il compito della Quaresima ritagliarsi dello spazio personale con Dio e nello stesso tempo non trascurando i nostri impegni. Quel ritagliarsi lo spazio per Dio consiste proprio lo sperimentare la meta alla quale siamo indirizzati per la grazia di coLui che ha dato la vita per noi. Vivere la Quaresima segnati da espressioni come quelle utilizzate da Paolo ci permette di evitare che ancora una volta questo tempo forte possa scivolare via. |