Omelia (07-03-2021) |
Michele Antonio Corona |
Gesù denuncia ogni compravendita del sacro e della relazione col Padre L'interruzione della lettura liturgica di Marco attraverso la pagina dirompente tratta dal vangelo di Giovanni ci interroga fortemente. Ci viene presentato un Gesù determinato, rigoroso, esigente. Fin dal mercoledì delle ceneri la liturgia ci ha mostrato l'assoluta riluttanza di Gesù per i professionisti del sacro, per i teatranti del culto, per la religiosità di facciata. La parola d'ordine è intimità. Senza questa sincera e profonda relazione col Padre, le manifestazioni della fede possono rappresentare solo esibizionismo spiritualistico o, ancor peggio, perversione voyeristica del sacro. Per evidenziare questo rischio e l'assoluto e impellente bisogno di conversione, Giovanni ci racconta l'azione plateale che Gesù compie al tempio: ribalta i banchi del mercato spirituale, caccia i mercanti di servizi religiosi e annichilisce, gettando a terra, il profitto della compravendita del culto. Già Amos, Isaia, Geremia e altri profeti denunciarono l'utilizzo del culto e della fede - soprattutto nel tempio - a favore del profitto e come conseguenza di oppressione e sfruttamento dei "più piccoli". Gesù va al cuore stesso della questione: il tempio, da luogo di intimità e di invocazione al Padre, è divenuto lo spazio dei traffici, dei profitti, degli interessi di parte. La faziosità con cui si usa la fede in Dio non può essere in alcun modo motivata, compresa e giustificata. è necessario un totale ribaltamento di questa logica che relega Dio al ruolo di calcolatore tra meriti e grazia. Gesù non lo chiama Dio, ma Padre, Padre mio. La relazione diretta e fiduciosa è totalmente scardinata dalla logica della compravendita del sacro. Gesù lo denuncia senza mezzi termini e senza salvare alcun aspetto di questa dinamica guasta, pervertita e tenacemente orchestrata.
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