Omelia (14-03-2021)
fr. Massimo Rossi
Commento su Giovanni 3,14-21

In occasione della beatificazione del mio confratello, p. Giuseppe Girotti, vissuto in questo convento, e morto martire nel campo di concentramento di Dachau, il giorno di Pasqua del '45 è stato realizzato un breve film dal titolo IL TRIANGOLO ROSSO; lo potete vedere diteggiando su Google "Girotti triangolo rosso"; dura 39 minuti, non avrete il tempo di annoiarvi....
Qualcuno si sta chiedendo perché ho citato il p.Girotti; lo spiego subito: nel video ci sono alcune interviste, una delle quali, rilasciata a Londra dal p.Timothy Radcliffe, già Maestro dell'Ordine: interrogato sul senso del martirio (per fede), dichiara: i martiri hanno dato la loro vita non perché la considerassero meno di niente, ma perché l'amavano talmente da ritenerla il dono più prezioso che potessero fare a Cristo e al mondo. Non si rinuncia a vivere perché si disprezza la vita, ma perché si ama troppo... Questa è la verità!
L'esempio, il modello di ogni autentico martirio è il sacrificio di Cristo, innalzato da terra, affinché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Sono parole del Vangelo di oggi.
Il motivo della croce di Cristo, non è il peccato degli uomini; motivo della croce di Cristo è l'amore di Dio per tutti gli uomini, nessuno escluso! è ancora Giovanni ad insegnarci: "Dio infatti, ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio infatti non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui. Chi crede in Lui non è condannato...".

Ed ora diamo uno sguardo alla prima lettura, tratta dal II Libro delle Cronache: si racconta in modo non storico, ma sapienziale, una delle pagine più drammatiche della storia di Israele, la deportazione in schiavitù a Babilonia, ove il popolo eletto sarebbe rimasto circa ottant'anni, più o meno quattro generazioni.
La liberazione degli Israeliti avvenne per ordine del re Ciro il Grande: il leggendario sovrano dei Persiani conquistò Babilonia nel 539 a.C. e l'anno successivo pubblicò il famoso editto-di-Ciro, con il quale concedeva agli Israeliti la possibilità di far ritorno in Patria e ricostruire il Tempio.
Il buon cuore non c'entra: mi preme puntualizzarlo perché questo racconto potrebbe insinuare il sospetto, che l'Imperatore pagano simpatizzasse per il Dio di Israele; la verità è che il Re dei Persiani mirava ad estendere il suo Regno e, concedendo agli Ebrei di ritornare a Gerusalemme per ricostruirla, il grande stratega riuscì nel suo intento di allargare i confini dell'Impero, inglobando la Palestina.
Il libro delle Cronache rilegge questo fatto alla luce della fede ed interpreta la vicenda come un fatto di liberazione voluto dal Cielo.

Tornando al Vangelo, la seconda parte affronta il delicato tema del rapporto tra la salvezza operata dal sacrificio di Cristo e la condanna di coloro che non credono in Lui.
Il criterio discriminante per partecipare alla salvezza, o rimanerne esclusi, è "credere".
Così dichiara il Cristo del quarto Vangelo. E questa dichiarazione è tutt'altro che benevola nei confronti dei non credenti; brave persone, per carità, oneste, sincere, piene di buona volontà,... e chi più ne ha, più ne metta.
Ma se manca la fede, in ordine alla salvezza, manca tutto!
Lungi da noi criticare la Parola di Dio che, in questo caso, è estremamente chiara e non lascia spazio ad addomesticamenti, o buonismi...
Piuttosto, il valore determinante che la Rivelazione assegna alla fede, quasi fosse un interruttore ON/OFF, per cui, in modalità ON, scatta la salvezza, in modalità OFF, invece no, dovrebbe farci riflettere sul valore che noi credenti assegniamo alla fede, nell'economia della vita presente.
Domanda: il pensiero della salvezza (eterna) rientra fra i nostri pensieri, oppure l'idea stessa ci destabilizza, ci traumatizza, ci spaventa, al punto da rifiutarne addirittura il pensiero?
Soffriamo un po' tutti della sindrome dello struzzo: piuttosto che guardare in faccia la verità, preferiamo cacciare la testa sotto la sabbia....E non solo per leggere gli esiti degli esami del sangue... dimenticati - si fa per dire - in busta chiusa, per giorni, sulla scrivania...
In casi come questo, ove una pagina di Vangelo sembra divisa in due parti che non hanno nulla in comune, anzi, sembra si contraddicano a vicenda; sì che l'amore rivelato all'inizio, viene di molto ridimensionato dalla severità che emerge nella seconda, è necessario rintracciare la sutura, tra l'inizio e la fine, ciò che consente il dialogo armonico e non polemico tra le parole di Gesù...
La chiave di tutto il discorso è contenuta nella prima parte, laddove il Signore confida a Nicodemo l'amore infinito di Dio: prima che un impegno a fare qualcosa, ad essere qualcuno, a cambiare strada,... la fede è la presa d'atto dell'amore che Dio nutre per ciascuno di noi.
Alla luce della vicenda di Cristo, una vicenda drammatica, diciamo pure tragica, che il Figlio dell'Uomo visse sulla propria pelle, con quale coraggio - più che coraggio, parlerei di menefreghismo, di indifferenza - lasceremo la fede in modalità OFF?
Perché non lasciarci commuovere? più che commuovere, (perché non lasciaci) muovere dalla scoperta che quel sacrificio era, è dedicato a noi? soprattutto noi, oggi, così sensibili alle dediche: una poesia, una canzone, una preghiera, anche una Messa dedicata ad un parente, a un amico che soffre, o che non è più,... L'innalzamento di Gesù sul legno, non è solo un atto dedicato, ma la vita intera, la Sua, dedicata alle nostre personali vite, (alla vita) dell'umanità intera!
Non restiamo al buio, brancolando nelle tenebre dei peccati nostri e altrui!
Accendiamo la luce della fede! E vedremo chiaramente che cosa abbiamo fatto, e che cosa ancora possiamo fare. C'è ancora tempo!...