Omelia (14-03-2021)
don Lucio D'Abbraccio
Guardiamo la croce, nostra salvezza, e lasciamoci amare da Dio

In questa quarta domenica di Quaresima, detta domenica «laetare», la liturgia ci rimanda alla fonte della nostra gioia, all'annuncio esplicito e profondo dell'amore di Dio, Dio ci ama, Dio ci ha tanto amati: sono le espressioni che ritornano più frequenti nelle tre letture.

Partiamo dalla prima lettura. È una meditazione sulla storia di Israele. L'autore ha davanti a sé lo sfacelo di un popolo, la fine di un'epoca, la distruzione della città santa, la deportazione e l'esilio. Una vera catastrofe! Ma perché è accaduto tutto questo se Dio ama il suo popolo? La risposta è molto semplice: il fallimento di Israele dipende dal suo peccato, dall'infedeltà verso Dio.

Il messaggio della prima lettura, dunque, si traduce in tantissime provocazioni anche per noi oggi. Possiamo allontanarci da Dio, ma dobbiamo essere consapevoli che ogni allontanamento da Dio produce un fallimento nella vita. Siamo liberi: quindi possiamo peccare e, peccare, significa escludere Dio. Ma il peccato ha conseguenze dirette sulla vita e sulla storia, così come mettere una mano sul fuoco produce da sé una scottatura.

Allora non scarichiamo su Dio la colpa se il mondo va male, se le guerre e la violenza si diffondono. La colpa è nostra e non di Dio! Assumiamoci le nostre responsabilità! Però questo richiamo alla responsabilità umana sembra rendere tanto lontano Dio dalla nostra vita di ogni giorno. Viene quasi da chiedere: «allora Dio è soltanto spettatore e giudice della nostra vita?».

Assolutamente no! Dio non è spettatore. Dio è sempre accanto a noi e non ci abbandona mai perché ci ama. Dio, scrive Paolo: «è ricco di misericordia e per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati» (II Lettura).

Ed infine, nel brano del Vangelo, Gesù rispondendo a Nicodemo, notabile ebreo, che si reca da lui di notte, gli rivela il piano d'amore di Dio sul mondo, che si sta realizzando nel Figlio. Infatti Cristo risponde a questo maestro d'Israele affermando che «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna». L'apostolo Giovanni lo ha scritto anche nella sua prima Lettera: «In questo si è manifestato l'amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui. In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati» (cf 1Gv 4,9-10).

Infatti Dio ha scelto per amore la strada della croce. La croce è la dimostrazione dell'amore senza limiti di Gesù. Attraverso la croce egli ci indica la strada della salvezza. «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (cf Gv 15,13). La croce, dunque, è la più grande rivelazione dell'amore di Gesù, ma anche dell'amore del Padre, che accetta che il Figlio sia innalzato sulla croce: «come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna». E Gesù aggiunge: «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui». Ciò significa che Dio non condanna nessuno, Dio non scaccia nessuno, Dio non si stanca di nessuno: è l'uomo che si condanna, è l'uomo che fugge l'amore di Dio, è l'uomo che volta le spalle a Dio, è l'uomo che si allontana da Dio!

Ma allora, se Dio non condanna nessuno, come è possibile essere condannati? La risposta ci viene data direttamente da Gesù quando dice: «la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie», ed aggiunge: «Chiunque fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Ebbene, in questo tempo di Quaresima scopriamo il significato della croce affinché possiamo vivere nella luce. Prendiamo esempio dai santi, uomini della luce, i quali hanno testimoniato l'amore di Dio nell'umiltà, nella carità, nel perdono.

Il beato Alfredo Ildefonso Schuster, arcivescovo cardinale di Milano, affermava: «La gente, quando passa davanti alle chiese e ci vede, non si ferma, come se non avessimo nulla da insegnare, ossia come se non portassimo novità di vita, che vale la pena di abbracciare... Così pure, quando passa davanti ai nostri oratori, non si ferma, perché ha trovato posti più divertenti. Ma quando vede passare "un santo" si ferma per ammirarlo e invidiarlo, come un richiamo a un paradiso perduto».

Ebbene, guardiamo la croce, nostra salvezza, e lasciamoci amare da Dio. Amen!