Omelia (21-03-2021)
padre Gian Franco Scarpitta
La curiosità che salva

Geremia promette una nuova alleanza fra Dio e l'uomo che sia completa e definitiva e annuncia che essa si compirà nel modo migliore e risoluto. A detta del profeta Dio rinnoverà infatti il cuore dell'uomo immettendo in esso il desiderio di incontrare il Signore e predisponendo il suo animo a fare esperienza di lui. La realizzazione di questa innovativa alleanza avviene nella persona di Gesù di Nazareth, che adesso vediamo salire a Gerusalemme in occasione di una festività, dopo esservi entrato nella forma solenne e gloriosa (che vedremo la prossima settimana). A questa festa tanta gente è convenuta da ogni parte del mondo allora conosciuto e tutti si ritrovano per una piacevole adunanza vantaggiosa. Fra tutta questa gente, Filippo parla di "alcuni Greci" che vogliono vedere Gesù. Si tratterebbe di persone convertitesi di recente alla fede nel Dio d'Israele, che avevano abbandonato il rigore della sapienza e della sottigliezza scientifica a cui la mentalità pagana era abituata e adesso chiedono di "vedere". Questo verbo, nel linguaggio giovanneo esprime la volontà di andare oltre all'immediatezza dei sensi, esclude che ci si voglia affidare alla sola esteriorità del vedere fisico, ma comporta un "comprendere", un "conoscere": queste persone vogliono cioè approfondire la figura del Nazareno di cui avevano sentito parlare in tempi relativamente recenti, chiedono di valutare e di soppesare il suo messaggio e la novità di vita che egli apporta per tutti.
Qual è la risposta che Gesù ribatte a tale aspirazione? Una risposta del tutto esaudiente, che ci illustra il modo con cui definitivamente egli porta a compimento l'alleanza di cui si parlava all'inizio, che si realizza nel disanimo e nello sconforto, ma anche nel coraggio e nella certezza che essa sarà fruttuosa. Gesù infatti annuncia che è giunta la sua "ora", cioè il momento propizio che il Padre ha impostato su di lui, nel quale diventerà abominio, verrà deprezzato e appeso sulla croce. Qui sarà perfino definito maledetto, poiché tale era la condizione di chi si trovava a pendere dal legno (Gal 3, 13). Tutto questo sarà inevitabile. Dovrà cioè accettare che si realizzi su di lui l'ignominia e il crudele supplizio e non potrà esserne dispensato: "Che dirò? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora." E' inevitabile che egli debba essere perseguitato, vilipeso, umiliato e messo a morte, perché questo porta a compimento "l'ora" in cui il Padre realizza su di lui i suoi programmi. Ciononostante, Gesù considera che questo suo destino così triste e avverso non ha l'ultima parola: alla morte farà seguito la risurrezione e la glorificazione. Egli sarà innalzato e glorificato nella misura in cui era stato abbassato e annichilito. Inoltre la sua sofferenza sarà medicina per tutti noi e la sua morte si tramuterà nella nostra vita. Cristo infatti muore per darci la vita e affinché l'abbiamo in abbondanza e intanto la stessa croce è elemento di innalzamento anche per noi uomini, perché in essa si realizza l'alleanza, cioè l'incontro certo e definitivo fra noi e Dio. La croce è lo strumento con cui Gesù, oltre che mettere in relazione se stesso con il Padre, inesorabilmente introduce anche l'uomo alla vita intima del Padre e al contempo mette l'uomo di fronte a se stesso. Ecco allora l'esaustiva risposta fornita agli interlocutori greci: diceva Giambattista Vico che la "curiosità, figlia dell'ignoranza, è madre della scienza, la quale partorisce la meraviglia".; nell'animo di questi Greci desiderosi di accostarsi a Gesù, vi è senza dubbio meraviglia scaturita dalla comprensione di un mistero che parla già esso stesso da solo, e del quale comprendono di doversi appropriare e immedesimare. Devono aderire a Gesù solo per mezzo di un umile e disinvolto atteggiamento di fede e di accoglienza di quello che dovrebbero concepire essere un dono. Il dono della meraviglia che conduce alla salvezza. La rivelazione che Gesù fa agli Ellenisti e in fondo a tutti quanti gli uomini è comprensiva della novità di vita anche nella dimensione dell'oggi: seguire Gesù ed essere con lui crocifissi e poi glorificati e innalzati conduce a qualificare anche il presente e la vita di tutti i giorni; il quotidiano infatti è pieno ed esaltante quando "il vivere è Cristo"(Fil 1, 21).
Gesù quindi non può che presentarsi come il chicco di grano, per il quale è indispensabile affrontare il buio della terra per poter germogliare e portare frutto. Come un chicco si smarrisce fra le zolle del terreno che lo inghiotte come una piccolissima cosa insignificante, ma poi si riproduce in numerose altre spighe foriere di altri innumerevoli chicchi, così anche il Figlio dell'Uomo Gesù Cristo deve affrontare il nulla e lo smarrimento, il dolore e la riprovazione, insomma il buio a cui la comune esperienza ci conduce, per ottenere per sé e per tutti il dono della glorificazione e della gioia finale. E'la tappa obbligatoria prende il nome di croce e che ha in sé il preambolo della risurrezione.