Omelia (21-03-2021) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di don Massimo Cautero "Il giudizio è ora!" C'è un aspetto che delle volte la nostra fede fa fatica a vedere, forse perché preferiamo rimandare le cose serie, forse perché ci piace farci un'idea tutta nostra delle cose di Dio, forse perché ci spaventa l'idea che possiamo essere giudicati, comunque sia, la verità che ci sarà un giudizio nessuno può cancellarla, nessuno può rimandarla, nessuno può interpretarla a piacere suo. Certo è che l'idea, le idee, che abbiamo del giudizio finale, di questo mondo, sono un poco distorte da quella che ha Dio, e ci immaginiamo continuamente giudizi come solo noi uomini siamo capaci di fare: un giudizio di violenza senza pietà, fatto di cose terribili e spaventose, amministrato da un giudice pronto a vendicarsi, non a giudicare e fare veramente giustizia, ma a farsi beffe della giustizia stessa, come faremo noi uomini che, sempre assetati di potere non desideriamo che esercitare sugli altri la nostra vera "potenza", reale o presunta che sia. Dal momento che a noi uomini piace "pendolare", passare da un eccesso all'altro, c'è anche l'immagine del giudizio "volemose bene", come diciamo a Roma, ossia che il giudizio sia, alla fine una specie di "tana libera tutti", dove la sola idea di giustizia è assorbita da una benevolenza infinita che accomunerà perfino le vittime dell'olocausto con i loro aguzzini. Riflessi di questi modi di vedere, con tutte le varie sfumature, sono rintracciabili nei vari modi di vivere ed intendere la nostra fede, la nostra vita in rapporto alla dimensione della nostra fede, e delle volte, quando dobbiamo illustrare, parlare o trasmettere la fede, ci incastriamo in una sorta di terra di nessuno facendo conoscere un Dio "incastrato" tra la necessità di essere buono a tutti i costi, ed uno che deve fare giustizia per equilibrare il bene ed il male. Esiste però il modo corretto di intendere il Giudizio, che va oltre un equilibrio tra le interpretazioni e le aspettative, è, semplicemente, il modo giusto, come Gesù, che abbiamo seguito tutto il periodo di quaresima, ci invita a contemplare, sempre alla sua sequela. Egli è il termine di giudizio di ogni cosa, sottolineato dalla voce del Padre che lo glorificherà sempre, Gesù è il termine ma anche l'inizio di ogni giudizio. Il Giudizio dunque avverrà sulla capacità di rimanere nel mondo che Cristo ha seminato e fatto germogliare, mondo di cui Egli stesso è il seme principale, seme che muore per dare vita, seme che invita ad amare la vita ma non come il principe di questo mondo, purtroppo, insegna a fare. La vita del mondo redento, del Regno di Dio, della resurrezione, è la vita che non ha limiti nell'amare, vita che non svuota se stessa dell'essenza stessa di Dio, l'Amore, ma svuotando la vita da tutti gli ostacoli all'amore diventa vita eterna, essa stessa vita divina. Gesù è il paradigma di come e quanto bisogna amare, Gesù non è un fenomeno della vita del mondo, come vorrebbe il principe di questo mondo, un fenomeno da baraccone, uno spettacolo vanitoso, che i Greci dicono a Filippo di voler vedere: Gesù che ha mostrato tutto l'amore e la cura nella sua predicazione, nelle sue guarigioni - segni d'amore! -, lo si potrà vedere e capire nello "spettacolo" della Croce, dove solo chi comprende "quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio" capirà appieno anche che "lo siamo realmente!" (1 Gv 3,1). Il giudizio sarà inequivocabilmente sull'amore, sulla nostra cristificazione, adozione piena a figli, nella misura in cui abbiamo deciso di morire anche noi per amore, di consumarci anche noi per amore, di vivere solo per amare. Il Regno di Dio è la Resurrezione, e si risorge a vita vera, a vita nuova, solo se ci rendiamo compatibili con l'essere stesso di Dio, l'Amore, non in un futuro rimandato, ma nell'attualità di una vita che ci è stata data per essere testimonianza all'amore stesso, uniti a Cristo, separati dall'avversario di Dio, il principe/avversario a "termine", perché praticamente già buttato fuori, regnante su un mondo effimero e senza senso, un mondo con cui, purtroppo, dobbiamo fare i conti tutti i giorni, ma in cui possiamo trovare la forza di non soccombere e perire, se sapremo sempre rivolgere lo sguardo a colui che è innalzato sulla croce, come gli ebrei nel deserto trovavano salvezza dai serpenti velenosi guadando il serpente di bronzo (Nm 21,4-9). La settimana Santa che ci apprestiamo a vivere, sarebbe bello la vivessimo veramente in questo spirito, nella certezza che stiamo affrontando il Giudizio, che sicuramente ci vedrà vincitori con quel Cristo che accompagniamo al calvario, sulla croce, nella tomba, ma solo per arrivare alla certezza della Domenica di Pasqua. Il nostro giudizio è ora e deve esserlo, non spaventiamoci perché siamo figli, solo domandiamoci: quale amore sono disposto a vivere per la vita eterna, e quale amore, in vista della resurrezione, sto vivendo e realizzando in questo mondo, non solo affinché "io mi salvi" ma anche per coloro che, guardandomi, scopriranno l'Amore di Dio. Quanto amore, vissuto e consumato, porterò di fronte all'Amore che sull'amore mi giudicherà? |