Omelia (28-03-2021) |
padre Gian Franco Scarpitta |
L'amore comune denominatore La promessa di alleanza proposta da Geremia, per la quale cambia il cuore dell'uomo e veniamo messi in grado di comunicare con Dio, si realizza definitivamente nell'evento che oggi ci raccoglie tutti, mentre ostentiamo ciascuno una palma o un ramoscello d'ulivo. Gesù, Figlio di Dio che si era incarnato e aveva condiviso tutta la vicenda umana con noi, uomo fra gli uomini che conosce il soffrire (Is 53, 3), decide di sottoporsi al patimento estremo che sarà irrimediabile affinché l'umanità conosca definitivamente la verità. Oggi di Gesù si esalta la gloria e la signoria, ma si resta interdetti nell'assistere ai patimenti e alle umiliazioni che lo riguardano. Lo si vede innanzitutto fare ingresso a Gerusalemme e procedere poco per volta dalla periferia al centro della città, man mano che la gente distende i mantelli lungo il suo percorso e lancia palme e ramoscelli d'ulivo, segni caratteristici della gloria e dell'esaltazione riservata ai Grandi e agli imperatori. E infatti chi gli rende omaggio riconosce in lui un vero Re e Messia, che tale si è distinto nel servizio e nell'abnegazione nei confronti dei poveri e degli oppressi. La folla gli rende omaggio considerando che le sue parole e i suo atti suggeriscono che parli come nessuno fra gli uomini ha mai parlato (Gv 7, 46) e le opere di misericordia da lui compiute sono espressione dell'amore di Dio Padre nei confronti di tutti gli uomini, perché accanto alle guarigioni fisiche e ad altri benefici ci mettono al corrente della predilezione di Dio per questo mondo, che, appunto perché ostile e avverso, ha bisogno di amore e di sostegno; necessita di usufruire di quella fede che conduce alla speranza e che genera la conversione per migliorare la vita. E' infatti l'amore di Dio che spinge alla conversione (Rm 2, 4) per ingenerare in noi la fede e la forza per un adeguato rinnovamento radicale per noi e per gli altri; ma questo amore non può che accordarcelo lo stesso Dio fattosi uomo in Cristo. "L'Italia ha bisogno di amore" diceva Scalfaro durante una crisi di terrorismo mafioso negli anni '90; l'uomo ha bisogno della consapevolezza e dell'evidenza di essere amato più che perseguitato o castigato e nessuno può fare questo se non chi ha creato l'uomo a propria immagine e somiglianza, appunto Dio che opera nel suo Verbo Incarnato. Proprio in forza del suo amore per noi, tuttavia, l'ingresso di Gesù a Gerusalemme non si esaurisce alla sola acclamazione gloriosa, ma ha un seguito molto amaro e demoralizzante. Gesù infatti sa benissimo che quella città sarà il luogo in cui subirà il supplizio estremo al quale non può sottrarsi: verrà catturato, vilipeso e crocifisso e se volesse anche per ipotesi evitare un tale destino non potrebbe realizzare il piano di salvezza e di redenzione che Dio ha impostato per tutti gli uomini. Se Cristo infatti evitasse la croce non potrebbe pagare il prezzo del nostro riscatto e renderci meritori dei favori divini. La croce è infatti lo strumento sul quale Cristo ci comprerà a caro prezzo (1Cor 6, 20), pagando sulla sua pelle le pene che noi meriteremmo per i nostri peccati. Nessuno delle nostre opere buone, per quanto lodevoli e necessarie sarebbero in grado di compensare le nostre imperfezioni e i nostri peccati; nessuna delle nostre forze e neppure le più dignitose prerogative di umanità potrebbero mai guadagnarci il riscatto e la salvezza, tanto siamo precari e insufficienti! Solo l'amore espiativo di Cristo sulla croce può "giustificarci", cioè renderci giusti e in grado di godere dei meriti davanti a Dio. Per questo Gesù, deliberatamente e senza esitazione, anche se con angoscia e trepidazione, si avvia al patibolo e accetta le trafitture dei chiodi sulle sue membra, l'affanno, il dolore, la debilitazione e lo spirare fra le canzonature e gli sberleffi degli astanti. Per amore Cristo affronta tutto questo, nonostante abbia ragioni sufficienti, anche legali, per sottrarsi alla condanna infame. Gesù è davvero il re dei Giudei, ma di un regno di servizio, immolazione e sacrificio per tutti noi, contrassegnato dalla famosa corona di spine, che fa scaturire stille di sangue espressive appunto del vero amore di donazione. Le ragioni della fede che siamo tenuti a riporre in Gesù crocifisso ci sospingono per questo ad assistere con partecipazione ed elevazione a ciascuna delle tappe dell'ingresso di Gesù a Gerusalemme, su ciascuna delle quali sarà gettato un colpo di zoom nelle giornate che seguono a questa Domenica nella quale il trionfo si tramuta in sconfitta e la forza cede alla penuria e alla debolezza in un crescendo di umiliazione e di deferenza che subentrano alla gloria e alla magnificenza. Rametti di ulivo e palme da noi ostentate sono simbolo di una regalità conclamata che però si trasforma in umiltà affermata: rami di ulivo Gesù riceve al suo incedere glorioso; rami di ulivo ospiterà il luogo in cui avvertirà paura, angoscia, pallore e trepidazione che dovranno soccombere alla forza dell'amore. |