Omelia (21-03-2021)
padre Antonio Rungi
Se il chicco di grano caduto a terra non muore, non produce frutto

Il vangelo di questa quinta domenica di quaresima che ci avvicina sempre di più alla Pasqua 2021, segnata dalla pandemia e da un nuovo lockdown ci offre l'opportunità sulla parola di Gesù, che abbiamo ascoltata nel brano giovanneo di assumere come riferimento di ordine ambientale, naturale e produttivo, quello del chicco di grano. Gesù si identifica in un piccolo elemento biologico, utile per la produzione del cibo, quali il pane ed altro, per le note finalità del grano, per farci capire il percorso che sta per compiere nel mistero della morte e risurrezione. Prepara i suoi discepoli allo scandalo della croce ed assume propria dal disfacimento del chicco di grano, che muore nel terreno per poi dar vita allo stelo, alla spiga e al grano stesso, l'immagine più realistica ed immediata per trasmettere a noi esseri mortali e limitati nel capire, il senso della sua missione ed il contenuto essenziale della redenzione. Il discorso di Cristo è chiaro e non può essere frainteso o interpretato diversamente da quello che dice: «È venuta l'ora che il Figlio dell'uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto". Non tratta solo di morire in senso biologico, ma in senso psicologico, in quanto dice Gesù, mettendo in guardia tutti che "Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna". Se è chiara dentro di l'idea di una salvezza eterna, tutto si fa per raggiungere questa. Altrimenti si cammina per strade diverse da quelle indicate da Cristo ed indirizzano verso la meta certa del paradiso. Perciò Gesù indica anche un modo per realizzare tutto questo, avendo come modello proprio il suo insegnamento e la sua vita, segnata dal servizio e dall'amore: "Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà". La sequela di Cristo richiede coraggio, ma soprattutto cambiamento di prospettiva dall'essere serviti a servire. Servire Cristo e in lui i nostri fratelli significa uscire da noi stessi, dalle nostre certezze e sicurezze presunte di questa terra, ma nella ricerca continua delle ricchezze e sicurezze eterne.

Prima di questo discorso il vangelo di Giovanni evidenzia il fatto che "in quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c'erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Stranieri che vogliono conoscere Gesù. Questo desiderio, mosso dalla curiosità, dalla notorietà e dalla fama di Gesù che aveva oltrepassato i confini della Palestina. Filippo allora, per cercare di venire incontro a questa richiesta, andò a dirlo ad Andrea, e poi tutti e due si recarono da Gesù che rispose in questi termini, senza dire si o no, ma semplicemente nel richiamare l'attenzione dei curiosi su quello che stava succedendo. Gesù mette in evidenza che «è venuta l'ora che il Figlio dell'uomo sia glorificato". Quale ora? L'ora della croce e della morte.

Dopo questa introduzione e precisazione, l'evangelista Giovanni ci fa entrare nel cuore di Cristo, nei suoi pensieri e nelle sue intime sofferenze. Con un tocco di umanità e di umanizzazione della stessa sofferenza del Signore, Giovanni riporta le parole di Gesù, così come le ha dette in quel momento di abbattimento e di imminente prova alla quale si deve assoggettare "Adesso l'anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest'ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest'ora! Padre, glorifica il tuo nome».

Il conforto al Signore, in questo momento di prova, come tanti altri per lui e per noi, venne dal cielo, che in una voce non ben identificata si manifesta in questi termini e con queste parole, riferite a Gesù stesso: «L'ho glorificato e lo glorificherò ancora!». La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.


Una parola di speranza ci viene anche dalla prima lettura di questa domenica, tratta dal profeta Isaia, nella quale ci viene ricordata il tema dell'alleanza, che ha segnato la vita spirituale e religiosa del popolo eletto nel corso della sua storia, tanto lunga, ma anche tanto sofferta: "Verranno giorni nei quali con la casa d'Israele e con la casa di Giuda concluderò un'alleanza nuova. Non sarà come l'alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d'Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore". E' evidente che la nuova alleanza rispetto a quella sinaitica, quando Israele fu liberata dalla schiavitù d'Egitto, avrà questa connotazione e finalizzazione: Il Signore porrà la sua legge dentro di loro, la scriverà sul loro cuore. Allora lui sarò il loro Dio ed essi saranno il suo popolo. Non dovranno più istruirsi l'un l'altro, dicendo: «Conoscete il Signore», perché tutti conosceranno il Signore dal più piccolo al più grande, in quanto Dio perdonerà la loro iniquità e non ricorderà più il loro peccato. Questo Dio misericordioso che rinnova il suo impegno di amore e tenerezza verso il popolo che si è scelto e che non risponde appieno a questa elezione. Da una antica alleanza, ad una nuova alleanza, per giungere ad una definitiva alleanza nella morte e risurrezione di Cristo, il passo è breve nella comprensione dei testi biblici che accompagnano la liturgia della parola di Dio in questa ultima domenica di quaresima, già come siamo proiettati verso la settimana santa. Il riferimento a Gesù Cristo Redentore e Salvatore lo troviamo espresso in modo chiaro nel breve testo della lettera agli Ebrei che ci fa meditare sulla passione di Cristo e ci indirizza verso la Pasqua anche di questo 2021, molto problematica: "Cristo, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l'obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono". Il modello a cui ispirare la nostra vita di cristiani è Gesù Maestro, che pur essendo Figlio di Dio, imparò l'obbedienza al Padre come l'unica strada percorribile per riportare ordine tra Dio e l'umanità, dopo il peccato originale e ristabilire l'armonia della creazione, mediante la redenzione. Sia questa la nostra preghiera oggi, non dimenticando le sofferenze degli uomini e donne del nostro tempo, leggendole ed interpretandole alla luce del Cristo Crocifisso: "O Padre, che hai ascoltato il grido del tuo Figlio, obbediente fino alla morte di croce, dona a noi, che nelle prove della vita partecipiamo alla sua passione, la fecondità del seme che muore, per essere un giorno accolti come messe buona nella tua casa". Amen