Inizia la settimana santa, culmine di tutto l'anno liturgico. La liturgia ci aiuta a rivivere il cammino della passione-morte-risurrezione del Signore. Per quanto possibile, cerchiamo di viverla in modo serio e profondo. Oggi celebriamo la domenica delle Palme; si parte dalla gioia, dall'acclamare Gesù nostro Salvatore e dal camminare festanti con Lui che entra a Gerusalemme. Lasciamo che la lode sgorghi dal cuore. Lodiamo il Signore per la sua bontà, le sue meraviglie nella storia e nella nostra storia. Ringraziamolo per quanto opera con noi e in noi. Veramente, come dice un salmo, eterna è la sua misericordia! Il Signore va a Gerusalemme per fare che? Per consegnarsi e donare la sua vita per noi.
«Gli siamo cari e gli siamo costati cari. Santa Angela da Foligno testimoniò di aver sentito da Gesù queste parole: «Non ti ho amata per scherzo». Il suo amore lo ha portato a sacrificarsi per noi, a prendere su di sé tutto il nostro male. È una cosa che lascia a bocca aperta: Dio ci ha salvati lasciando che il nostro male si accanisse su di Lui. Senza reagire, solo con l'umiltà, la pazienza e l'obbedienza del servo, esclusivamente con la forza dell'amore. E il Padre ha sostenuto il servizio di Gesù: non ha sbaragliato il male che si abbatteva su di Lui, ma ha sorretto la sua sofferenza, perché il nostro male fosse vinto solo con il bene, perché fosse attraversato fino in fondo dall'amore. Fino in fondo» (papa Francesco).
Stupisce un passaggio: dall'acclamazione del popolo "Osanna al Figlio di Davide" si passerà al grido "Crocifiggilo!". Dalla lode all'imprecazione, dalla gratitudine alla dimenticanza, o peggio, alla cattiveria. Non è uno dei rischi che corriamo anche noi? Lodiamo il Signore finché tutto va bene, ma quando bussano difficoltà e sofferenze, altro che benedirlo! È paradossale ma a volte per crescere e capire a che punto siamo abbiamo bisogno di passare attraverso le prove. È lì che si vede la misura della nostra fede e la gratuità dell'amore, sia verso Dio che verso gli altri. Gesù nell'ora della prova si è stretto ancor più al Padre e ha tirato dritto, non scappando, non imprecando, non accusando, ma amando sin lì, riempiendo così del suo amore e della sua presenza l'umana sofferenza.
«Perché tutto questo? Ancora una volta per noi, per servirci. Perché quando ci sentiamo con le spalle al muro, quando ci troviamo in un vicolo cieco, senza luce e via di uscita, quando sembra che perfino Dio non risponda, ci ricordiamo di non essere soli. Gesù ha provato l'abbandono totale, la situazione a Lui più estranea, per essere in tutto solidale con noi. L'ha fatto per me, per te, per tutti noi, lo ha fatto per dirci: "Non temere, non sei solo. Ho provato tutta la tua desolazione per essere sempre al tuo fianco". Ecco fin dove ci ha serviti Gesù, calandosi nell'abisso delle nostre sofferenze più atroci, fino al tradimento e all'abbandono. Oggi, nel dramma della pandemia, di fronte a tante certezze che si sgretolano, di fronte a tante aspettative tradite, nel senso di abbandono che ci stringe il cuore, Gesù dice a ciascuno: "Coraggio: apri il cuore al mio amore. Sentirai la consolazione di Dio, che ti sostiene"... Allora, in questi giorni santi, a casa, stiamo davanti al Crocifisso - guardate, guardate il Crocifisso! -, misura dell'amore di Dio per noi. Davanti a Dio che ci serve fino a dare la vita, chiediamo, guardando il Crocifisso, la grazia di vivere per servire. Cerchiamo di contattare chi soffre, chi è solo e bisognoso. Non pensiamo solo a quello che ci manca, pensiamo al bene che possiamo fare» (papa Francesco).
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