Omelia (28-03-2021) |
don Alberto Brignoli |
Appassionatamente, senza parole... Come ogni anno, la Settimana Santa si apre con la lettura della Passione; lettura che dà il nome stesso alla domenica che celebriamo, la Domenica della Passione (più popolarmente conosciuta con il nome di "Domenica delle Palme"). È un momento consueto, tradizionale: ma quest'anno assume un significato particolare, quasi straordinario, non tanto per la modalità "ristretta" nella quale lo dobbiamo celebrare, ma perché rispetto allo scorso anno, in cui non lo abbiamo proprio vissuto, rappresenta un piccolo segno di speranza, una piccola luce nel prolungato buio delle nostre giornate: e quest'anno, la felice coincidenza di calendario con il giorno in cui inizia il tempo dell'ora legale ci fornisce un ulteriore, piccolo segno di speranza, rappresentato da una luce, quella del giorno, che da oggi in poi ci accompagna per un'ora in più, e poi via via, a crescere, fino alla pienezza della stagione estiva. Ma la speranza, per il cristiano, viene dalla Passione stessa di Gesù: "passione", infatti, non ha solo il significato drammatico di patimento e di sofferenza. Mi piace, in questa domenica che è come una porta che ci apre l'ingresso al grande salone del mistero della nostra Redenzione, accostare i differenti significati della Passione di Gesù a quelli che ormai da mesi sono divenuti per noi pane quotidiano del nostro agire, ma anche del nostro frenare; ovvero, i famosi - o famigerati - "colori" abbinati alle zone, rosso - arancione - giallo. Vedo nella Passione di Gesù una sorta di triplice colorazione. C'è una passione "rossa", quella più drammatica, quella più dura da vivere e da sopportare, quella che appare più evidente ai nostri occhi e ai nostri orecchi, ma anche al nostro sentire: la passione che ha riempito di sofferenze, di dolore e - in definitiva - di morte la vicenda finale di Gesù di Nazareth, a fatica riconosciuto, sulla croce, come "Figlio di Dio", e per di più da un pagano, da un non credente. Questa "passione rossa" lascia pochi margini di speranza: termina, come la lettura di oggi, con una pietra rotolata contro il sepolcro. C'è poi una passione "arancione", quella che non nega affatto la drammaticità del momento e la fatica del portare la croce ogni giorno fin sulla vetta del Calvario, ma che contiene in sé alcuni elementi di speranza che ci fanno intravedere la bellezza del ritorno alla vita; come quell'unguento di puro nardo sparso dalla donna di Betania sul capo di Gesù, preludio della sua sepoltura, eppure capace di profumare intensamente le stanze della nostra vita di ogni giorno. E infine, la passione "gialla", quella che per la sua intensità, forse, starebbe meglio rivestita di rosso, ma che a noi piace abbinare al colore gioioso della luce; ed è quella che dà al termine "passione" non più solamente il significato di sofferenza, ma quello di una violenta e persistente emozione, che si sente nel più profondo del cuore, quella che colpisce la sfera degli affetti, dei brividi e dei sentimenti, quella che a volte ci rende schiavi di lei al punto da non comprendere più nulla, ma che alla fine si evolve in una vivace inclinazione, in un'entusiastica e totale dedizione a ciò che facciamo, a ciò che - pur facendoci soffrire a caro prezzo - ci fa vivere, ci stimola, ci fa andare avanti perché, appunto, ci "appassiona". Proprio come Gesù, che si è "appassionato" alla nostra umanità assumendola e amandola in tutto e per tutto. Certo, riuscire a leggere segni di speranza e di amore appassionato in una situazione tormentata come quella che stiamo ancora vivendo, caratterizzata soprattutto da una passione sofferta, non è semplice. Occorre pazienza, e in particolare occorre che facciamo nostra la principale caratteristica del Gesù descritto da Marco nella sua Passione: il silenzio. Delle quattro narrazioni evangeliche che ci sono state tramandate circa la morte di Gesù, quella di Marco è quella nella quale Gesù parla di meno: e addirittura, tace da quel lapidario "Tu lo dici" detto a Pilato fino al grido di disperazione dell' "Eloì lemà", sulla croce. Un Gesù silenzioso, ma non zittito; un Gesù solo, ma non abbandonato; un Gesù morto, ma non annientato. È un mistero riuscire a comprendere la forza della vita che rinasce dalla morte, come il chicco di grano che rinasce dal suo stesso marcire: forse, vivere i misteri di questa settimana nella faticosa ma feconda pratica del silenzio, interiore ed esteriore, ci aiuta a gustare il sapore di quell'amore appassionato che, è proprio il caso di dirlo, ci lascia senza parole. |