Omelia (04-04-2021) |
fr. Massimo Rossi |
Commento su Marco 16,1-8 Buona Pasqua a tutti! Vi ricordate l'icona che vi ho lasciato la prima domenica di quaresima, come proposito da vivere quotidianamente fino ad oggi? "Gesù si alza in piedi e, in piedi, affronta la sua passione con la dignità del Figlio di Dio". Voglio pensare che la pandemia che, ormai da più di un anno, ci succhia via la vita, come un vampiro - del resto, sembra che il virus si sia trasmesso attraverso i pipistrelli - non ci abbia tuttavia prostrato a terra! E con la stessa dignità di un figlio di Dio, anche noi affrontiamo in piedi la nostra passione quotidiana. Certo, la passione del Signore durò tre giorni; quanto ancora durerà la nostra? Tuttavia, a pensarci bene, la passione di Gesù non durò soltanto tre giorni: era già iniziata alla nascita! Indizi erano già presenti agli esordi della sua vita: sempre dovette combattere contro il rifiuto degli uomini. Ma, lo sappiamo, quello di Gesù non fu un combattimento alla maniera degli uomini: il Nazareno lottò con tutto se stesso contro l'ostilità - questa sì, violenta! - dei suoi correligionari insegnando nelle sinagoghe, guarendo i malati, sanando i lebbrosi, risuscitando i morti, sfamando migliaia e migliaia di persone. Infine donò se stesso! Non fu un gesto obbligato, che Gesù si trovò, suo malgrado a compiere... Avrebbe potuto evitarlo, ma lo scelse per sé e lo indicò come condizione a tutti coloro che lo avrebbero seguito. Il quarto Evangelo, in modo particolare, dichiara che salire sulla croce fu una scelta libera e volontaria del Verbo incarnato, venuto nel mondo proprio per questo (cfr 12,20-33). Secondo il progetto teologico di Giovanni, la croce rappresenta per Gesù la massima glorificazione Sua e del Padre, il trono sul quale Cristo si è seduto, vincitore della morte! 33 anni di Passione - per qualche esegeta, 37 -, in un crescendo costante e inesorabile... Oggi, Domenica di risurrezione, il Figlio di Dio esce dal sepolcro, forte dei dolori patiti, anzi, più forte di prima, e grida a noi: "Uscite fuori!" Non è facile passare dalle parole ai fatti, anche se le parole sono Parola di Dio. I discepoli di Emmaus stavano vivendo una situazione emotiva e psicologica analoga a quella che stiamo vivendo noi: sull'orlo della disperazione, incapaci di reagire alla tentazione di arrendersi. Lo dimostra il fatto che stavano abbandonando Gerusalemme, diventata per loro un luogo di morte, ove si erano dolorosamente infranti i sogni di gloria, i desideri di liberazione, le aspettative di vita nuova, che il Maestro di Nazareth aveva suscitato, salvo poi tradirli in poche ore. Prova che non avevano creduto fino in fondo alla divinità di Gesù; o, meglio, avevano confuso la potenza di Dio che operava in Lui, con il potere della forza - o con la forza del potere... se preferite -. Convinti che il loro Maestro non sarebbe caduto nelle mani dei Sommi Sacerdoti e neppure delle autorità rimane; avrebbe sbaragliato tutti con uno dei suoi "colpi da maestro"... E invece, no! Il Messia, portato in trionfo 8 giorni prima, nel volgere di un giorno - colpo di scena! -, venne travolto da una congiura, architettata ad arte per screditarlo, come accadde a tanti altri personaggi, outsider come Lui, da Giacobbe ai giorni nostri. Crimine di lesa maestà: questa è l'accusa mossa contro Gesù. Se non è un colpo di scena questo! Certo, il Vangelo contiene un colpo di scena; in realtà, ne contiene più di uno; ma il vero colpo di scena - non per Dio, per noi! - è la (sua) resurrezione! ...talmente fuori da ogni previsione, che né gli Undici, né i due di Emmaus ci credettero, almeno all'inizio... Come ho già avuto modo di dire, in occasione del commento ai Vangeli della Quaresima, più il dolore, la delusione, il disincanto sono cocenti, devastanti, improvvisi, più si riduce lo spazio della fede. O, come disse un prete molto umano, e (forse) poco spirituale: "Dio lo sapeva che la mia fede era un castello di carte. L'unico modo per farlo sapere anche a me, era buttarlo giù"... Ecco, la Passione del Signore ha abbattuto il castello di carte della fede degli Aposotoli. Singolare pedagogia di Dio: aspettative umane, sogni umani, desideri umani,... Via tutto! Era necessario, è necessario arrendersi alle aspettative di Dio, ai sogni di Dio, ai desideri di Dio! E se, per farti arrendere, è necessario uno tzunami psico-emotivo, ben venga lo tzunami psico-emotivo! Chiamatela terapia d'urto, se volete... Il vero tzunami psico-emotivo non fu tuttavia la morte di Cristo, lo ripeto, ma la Sua risurrezione. Il viaggio da Gerusalemme a Emmaus, che Luca ci racconta al termine del suo Vangelo, ripercorre in pochi versetti l'intera vicenda terrena del Signore; e come questa si era conclusa intorno ad un tavolo, anche l'incontro apparentemente fortuito - ma voi ci credete nel caso? - dei due discepoli con il Risorto si conclude intorno ad un tavolo apparecchiato per la cena; e questa cena col Risorto divenne sorgente di vita nuova; vita nuova per i due, e poi per gli Undici, infine, su, su, fino a noi. Anche noi, ogni domenica, siamo virtualmente seduti a tavola, e il Signore Risorto spezza ancora il pane con noi e per noi! L'Eucaristia festiva è il luogo della rivelazione del Cristo risorto, vivo e vivificante! Se vogliamo riconoscerlo in quel gesto, allora anche noi risorgeremo in spirito con Lui e ritroveremo quella speranza che avevamo smarrita, il compimento di quell'attesa tanto, troppo a lungo coltivata, la realizzazione del sogno cristiano di vivere una personale e comune relazione con Dio. E così sia! Surrexit Christus, spes mea! Alleluia! |