Omelia (02-04-2021)
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COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura delle Clarisse di Città della Pieve

La riflessione sul Venerdì Santo e sulle sue letture, non è associabile all'omelia classica: anche il messale lo suggerisce; allora voglio proporvi queste riflessioni un po' per entrare nel mistero del Venerdì santo, d'altra parte come un possibile aiuto alla contemplazione della croce.
Io partirei dalla prima frase della prima lettura: "Ecco, il mio servo avrà successo".
Siamo nel giorno che deve essere visto nella fede (allora è il giorno del successo del Figlio) oppure è lo scontro perso con la morte, il peccato e l'ingiustizia di ogni epoca che fa scendere Gesù nel sepolcro. O vittoria o disperazione: la croce di Gesù o è vessillo di vittoria o una minaccia velata alla nostra esistenza.
Per capire io prenderei l'ultima parola che Gesù pronuncia sulla croce. Voi sapete che Gesù è stato 3 ore (nel vangelo di Marco 6 ore) in croce: in croce si parlava perché si era costantemente stuzzicati dai presenti, anche Gesù ne ha fatti di discorsi; eppure in tutto sono 7 le frasi di Gesù riportate nei vangeli. Significa che ogni evangelista ha colto una perla e ha scelto quella per far capire ore di croce: quando si sta per andare via si vuole lasciare un segno chiaro che aiuti a comprendere e ricordare (questa è anche l'introduzione che Giovanni mette alla lavanda dei piedi), è la voglia di lasciare un testamento. Con cura Giovanni riporta che l'ultima parola non è un urlo ma un verbo al perfetto, che in greco dice che un'azione è stata compiuta e che i suoi effetti durano nel tempo: è compiuto! Il verbo indica finire, portare a compimento, portare a perfezione, quindi potremmo dire quasi un "è così che doveva venir fatto! Si fa così ed è ben fatto!"
Così è ancora più spiazzante.
Un urlo andava bene, una reazione a tanto male e a tanta cattiveria è logica, ma qui Gesù è come se dicesse che questa è la sua missione (cfr. il vangelo dell'ultima domenica di quaresima). Questa è l'ora che a Cana ancora non era giunta, questo è lo scopo della missione e da qui il Nome del Padre sarà glorificato, quando questo sarà compreso sarà il motore che in modo inarrestabile attirerà tutti a Gesù. Sì, perché in croce Gesù svela chi è il Padre, chi è Lui e chi è l'uomo, un ecce homo molto particolare.
Il PADRE è Colui che il Figlio è venuto a spiegare, Lui che è nel seno del Padre lo può svelare: il Padre è Colui che ha tanto amato il mondo da fare per l'uomo ciò che nessuno è capace (cfr. il sacrificio di Isacco), ci ha consegnato la cosa più bella che sia pensabile, il Figlio, perché ci vuole bene, ci ha dato fiducia oltre il pensabile. Ci reputa così amabili che apre il cuore per noi.
Allo stesso tempo il Padre è Colui di cui ti puoi fidare: Gesù chiuderà gli occhi e consegnerà lo Spirito sapendo che il Padre è affidabile e che si prenderà cura di Lui, non lascerà vincere la morte perché è più forte di ogni morte e di ogni male.
Il FIGLIO è il testimone fedele: ci è fedele fino ad andare in croce per noi, non ci abbandona neanche quando NOI lo crocifiggiamo, lo rinneghiamo o lo tradiamo, perché è testimone dell'amore del Padre. Lo può testimoniare perché continuamente lo riceve e lo ricambia, facendo della sua vita un dono: quell'amore oggi ci viene testimoniato e non raccontato, ci dona letteralmente la Sua vita, proprio quando non si può minimamente pensare di meritarlo.
Su quella croce la paura che il serpente aveva messo nel cuore dei primogenitori, il veleno della menzogna su Dio, viene smascherata: non è vero che Dio è geloso della vita e della felicità dell'uomo, non vuole nulla per sé ma anzi DONA tutto.
L'ultimo passo è che L'UOMO viene messo davanti ad uno specchio impietoso: non è Dio che mette in croce l'uomo, ma è l'uomo che mette in croce: a volte gli altri, spesso se stesso e sempre Dio. Gesù subisce un processo che certifica che in Lui non c'è colpa: ma allora perché tanto accanimento? Perché tanta sete di sangue?
Questa cattiveria è la risposta peccaminosa alla nostra debolezza, sembra di sentire i vignaioli omicidi che fanno progetti per rubare la vigna a chi gliela aveva donata, con qualcuno bisogna prendersela... proprio questo è il peccato originale: se avessimo continuato a guardarci con gli occhi del Padre avremmo scoperto che la nostra debolezza è la lente per vedere l'amore di Dio.
Gesù è veramente Dio (testimone fedele) e veramente uomo perché capace di quell'affidamento totale che i nostri progenitori fallirono, un affidamento che squarcia la morte.
Per questo il Battista aveva detto che chi lo aveva mandato a battezzare gli aveva detto che l'uomo sul quale scendeva e rimaneva lo Spirito, questo era il Messia. È lo Spirito che muove Gesù all'abbandono totale e sincero nelle mani del Padre, è la prima beatitudine che si compie, è il Regno in azione.
Allora il venerdì santo è il giorno in cui contempliamo e adoriamo la croce: è il luogo dell'epifania di Dio. Noi siamo abituati a dire croce per esprimere un'unità di misura del dolore, invece oggi la contempliamo nella sua realtà di luogo dove si vede di che pasta è fatto Dio. Noi abbiamo tirato fuori il furore contro Dio fino a crocifiggerlo e Lui non smette di amarci. Noi abbiamo costruito la croce e Lui l'ha trasformata nel luogo dove viene sigillata l'alleanza eterna.
Per questo motivo dopo la proclamazione della passione secondo Giovanni si portano ai piedi di quella croce le intercessioni per il mondo intero, oggi per il covid fisico che distrugge i corpi, insieme al covid dell'anima che ci mangia dentro, il peccato che divide dagli altri e ci frantuma dentro. Una preghiera per la nostra società così ferita, impaurita e divisa. Una preghiera per la Chiesa perché sia il luogo dove sperimentiamo che ci sentiamo amati da Dio e dai fratelli, dove noi siamo guidati nei primi passi da figli di Dio, dove ci si allena a fare della nostra vita un dono per gli altri: i mariti verso le mogli e viceversa, i genitori verso i figli e così via.
Prendiamoci il tempo durante questo venerdì santo per guardare, per contemplare la croce di Gesù, per lasciare che la sua opera di attirarci al Padre si compia.