Omelia (02-04-2021) |
don Lucio D'Abbraccio |
Dalle sue piaghe siamo stati salvati Oggi riflettiamo sulle sofferenze di Gesù. Subito dopo la cena pasquale, egli viene tradito e venduto da Giuda, abbandonato e rinnegato dagli apostoli. È flagellato, schernito e condannato a morte. Gesù è condannato dal potere politico, che capisce la trama che è stata ordita contro di lui e afferma: «Io non trovo in lui colpa alcuna». Nelle loro mani Gesù non è più un uomo ma, per come viene trattato, diventa una cosa. Gesù ha voluto soffrire come noi e più di noi. Ha voluto andare fino in fondo nella sua missione e nel suo impegno di farsi uomo tra gli uomini. Maria, la sua santissima madre, condivide con il figlio la sofferenza: «Anche a te una spada trafiggerà l'anima» (cf Lc 2,35), le aveva detto il vecchio Simeone. Maria, madre di Gesù, ai piedi della croce diventa madre di noi tutti. Giovanni infatti scrive che presso la croce «Stavano sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco tuo figlio". Poi disse al discepolo: "Ecco tua madre!"». Gesù, dunque, morendo, in Giovanni vede tutti noi e ci dà Maria perché sia nostra madre, nostra sorella nel cammino di fede, alla sequela di Gesù fino alla Pasqua definitiva. Il Salvatore del mondo, inoltre, prima della crocifissione viene privato delle sue vesti. È umiliato e denudato, come qualunque malato di un ospedale, come qualunque condannato. Egli ha le mani e i piedi inchiodati alla croce. La crocifissione è una delle condanne più crudeli dell'antichità. Era riservata per legge agli schiavi, ai prigionieri di guerra e ai rivoltosi. L'imperatore Tito, dopo l'assedio di Gerusalemme, fece crocifiggere fuori della città gli sconfitti, 500 al giorno, fintanto che non ci fu più posto dove piantare le croci (così racconta lo storico Giuseppe Flavio). Soltanto con Costantino, nel 341, la crocifissione venne ufficialmente abolita. E Gesù ha voluto condividere questa pena. Non ci resta che adorare, di fronte a lui che soffre e perdona. Prima di morire, Gesù ha sete: «Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l'aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito». Subito dopo la morte i soldati, annota l'evangelista: «Venuti da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua». Quel sangue e quell'acqua sono il simbolo del battesimo e dell'Eucaristia. Il Redentore del mondo è morto e viene deposto in grembo a Maria, come quando era bambino. Tutto sembra finito! Con la sepoltura, Gesù, come ogni uomo che muore, è nella pace. Ma qualcosa è già nell'aria. Le sue parole che ha detto più volte sono state chiare: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (cf Gv 2,19). Ben presto il cielo si riaprirà per sempre! È la gioia della Pasqua che nasce dalla sofferenza. Perché sempre la gioia nasce da una vita donata. Camminiamo con Maria, la vergine addolorata, aiutati dal suo esempio e dalla sua preghiera, dietro al Signore Gesù, conservando gelosamente nel cuore i suoi gesti e le sue parole e aspettando il loro compimento. |