Omelia (04-04-2021)
padre Gian Franco Scarpitta
Il risveglio della fede per la vita

Tutto sembrava finito per i discepoli di Gesù. Una volta vistolo sfiorire sulla croce dopo lunga agonia, avevano concluso che avesse fallito la sua missione ed erano rimasti delusi perché non aveva realizzato la "liberazione di Israele dalle oppressioni", restando succube piuttosto di coloro che lo avevano messo a morte. Così affermavano i due discepoli diretti a Emmaus (Lc 24, 21). Un Messia insomma impotente e inconcludente.
Quel mattino del primo giorno dopo il Sabato però comincia un nuovo risveglio e non soltanto in senso fisico. Dapprima vi è un'interpretazione laconica e stupita da parte di Maria di Magdala, che osservando la tomba vuota pensa a un trasferimento del cadavere di Gesù: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove lo hanno posto." Poi la corsa dei due discepoli che vengono avvisati dell'accaduto e corrono spediti sul posto, la constatazione da parte di entrambi delle bende sparse sul pavimento e del sudario ben piegato a parte e finalmente la fede: Pietro vide e credette. Dalle formule di fede in uso nella prima Chiesa apprenderemo infatti la prima testimonianza della resurrezione, anche a seguito delle apparizioni dello stesso Risorto e dalla fede scaturiranno i vari racconti che costituiscono quello che viene definito il Kerigma dell'annuncio e della proclamazione della salvezza a tutti gli uomini di tutti i tempi.
E la fede è appunto il "risveglio" degli apostoli che, prima intorpiditi dallo scoramento della debolezza mostrata dal maestro davanti alle torture e alla croce, successivamente comprenderanno che quella morte cruenta e passiva doveva essere necessaria affinché avvenisse la fuoriuscita dal sepolcro e con questa la vittoria definitiva del Messia Salvatore sulla morte e sul peccato. Il Figlio dell'Uomo doveva necessariamente soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno"(Lc 9, 22 -25). La morte e la resurrezione di Gesù costituiscono l'unico segno necessario per questa generazione: il segno di Giona. Come questi infatti era rimasto per tre giorni prigioniero nel ventre di un grosso pesce prima di vedere la luce sulla spiaggia, così il Signore Gesù doveva restare recluso nel buio di un sepolcro per poi uscirne e vedere la luce del sole. Perché in tal modo poteva essere egli stesso luce per tutti. Con la resurrezione infatti avviene la vera liberazione dell'uomo, quella dal peccato e dalla morte e si realizzano con essa tutti i desideri fondamentali dell'uomo, soprattutto l'appagamento della sete di verità e di vita. Con la resurrezione di Gesù l'uomo comprende che solo Questi, poiché è Dio stesso fatto uomo, può costituire il fondamento e il criterio della sua vita e che mettersi al suo seguito non è affatto smentire se stessi o venir meno ai propri progetti e alle proprie attese. La resurrezione di Gesù contiene piuttosto la vittoria su tutte le difficoltà che i nostri progetti comportano, la fine delle ansie e dei problemi che riguardano ogni obiettivo, l'elemento finale di tutte le nostre aspirazioni. Che Gesù sia passato da morte a vita significa per noi la possibilità di assumere sempre questo passaggio, accogliendo con fiducia le avversità e le contrarietà che contengono già esse stesse il germe della vittoria e che condurranno sempre alla vittoria finale. Il binomio morte e risurrezione è il costitutivo perenne della nostra vita quotidiana e mettersi al seguito di Gesù comporta che davvero lo assumiamo in pienezza. Vivere secondo Cristo è garanzia che problemi, difficoltà, avversità, delusioni e sconfitte conseguiranno sempre, in ogni caso, un epilogo felice, per cui occorre sempre non demordere e perseverare fino alla fine. Paolo direbbe: "Per me il vivere è Cristo"(Fil 1, 21); il vivere continuo di questo passaggio necessario ma promettente dalla morte alla resurrezione.
Cristo Risorto però "non muore più e la morte non ha più potere su di lui"(Rm 6, 9) e "se noi siamo stati intimamente uniti a lui a somiglianza della sua morte, lo saremo anche a somiglianza della sua resurrezione (6,5)", il che significa che anche noi siamo destinati a risorgere con Cristo anche al di là della vita presente: la resurrezione di Cristo ci dischiude il passaggio alla vita eterna che comincia nella nostra adesione a lui (nel battesimo) e non avrà mai fine nonostante lo scadere del nostro tempo terreno. Vivremo sempre con Cristo. Questo tuttavia a condizione che, come lui, ci disponiamo a "morire al peccato", cioè ad escludere il peccato dalla nostra vita per non procurare a noi stessi con esso la morte perenne. Morire al peccato vuol dire vivere per sempre con Cristo e questa è la novità che costituisce il nostro "risveglio" in conformità al risveglio degli apostoli al sepolcro. Come si diceva, esso riguarda precipuamente la fede. Certamente il racconto della tomba vuota nei suoi particolari, le apparizioni del Risorto, la testimonianza e la missione degli apostoli, la persecuzione e il martirio da questi affrontati con parresia e coraggio ci danno le ragioni per ritenere la resurrezione un fatto veritiero e degno di credibilità; è tuttavia la disposizione al credo, all'apertura del cuore, l'accoglienza, insomma la fede nel Cristo Risorto a determinare che questo mistero prenda corpo in noi e determini il progredire della nostra vita. Nella fede riceviamo il dono più grande di cui potessimo essere destinatari, quello di Dio che si è fatto uomo per noi, ha sofferto con noi, con noi ha vissuto, ha condiviso e ha patito ma per noi è anche risuscitato perché avessimo la vita per sempre. La fede è per questo stesso motivo una ragione di gioia e di esultanza, che ci fa risvegliare rinnovati perché ci dispiega una possibilità di vita nuova che può avere risvolti in un mondo trasformato e rinnovato in meglio. Se infatti deponessimo le armi inani del pregiudizio, dell'orgoglio e del soggettivismo con cui siamo soliti predeterminare la nostra vita assumendo i connotati del Dio rivelato i Gesù Cristo, potremmo essere fautori di un rinnovamento globale che non può che essere ad esclusivo vantaggio dell'intera umanità.