Omelia (11-04-2021) |
don Michele Cerutti |
Commento su Giovanni 20,19-31 Mi rendo sempre più conto, ogni qualvolta che celebriamo la Pasqua, che la Chiesa da duemila anni ci esorta con una bella predicazione a vivere da Risorti e lo fa avvalendosi anche di una profonda produzione di documenti che sicuramente con il passare del tempo cresce sempre di più. Non voglio affermare che questo non sia importante, ma che aumenta, nel contesto in cui viviamo, un desiderio di un vissuto di fede autentico lontano dagli slogan e dai grandi discorsi, ma invece visibile e verificabile. Gli Atti degli Apostoli, in pochi versetti, ci indicano la modalità della vita delle prime comunità cristiane dove tutto veniva messo a disposizione dei fratelli e in segno di questa unità i beni di ciascuno venivano messi ai piedi degli apostoli. Lo stile era: la comunione. A duemila anni di distanza credo ancora possibile riandare a quel punto di partenza dei cristiani. Lo stile della comunione all'interno della Chiesa è motore che diventa forza di attrazione. Se la Chiesa si è diffusa in tempi di persecuzioni ad opera dei romani da un lato, ma anche da parte dei Giudei dall'altro, lo dobbiamo alla scoperta di questo stile che interrogava perché aveva in sé qualcosa di originale e non per andare alla ricerca di una vera e propria originalità, ma come frutto dell'insegnamento di coLui che si è fatto carne è andato incontro alla morte ed è risorto per noi. I primi discepoli con il loro stile volevano rendere visibile l'amore di Dio. Non vuole dire che non vi erano difficoltà. La lettura continua degli Atti ci presenta il caso di Anania e Saffira che vendono un podere e dicono che tutto il ricavato lo devolvono ai poveri invece si trattengono la metà. Il loro peccato non è di essersi tenuto la metà, ma l'aver mentito per essere applauditi dagli uomini. Le difficoltà esistono nella Chiesa, ma quando a prevalere c'è lo stile della comunione tutto emerge nella sua chiarezza e questo permette ad altri di comprendere che i fratelli vivendo insieme sono, come dice un salmo: olio profumato che scende dalla barba di Aronne. L'aspetto della comunione si evidenzia anche nella comunità degli apostoli. Gesù si presenta davanti a loro che mostrano tutta la loro paura e riesce a vincere questa situazione infondendo in loro il coraggio. Manca Tommaso, ma colpisce l'entusiasmo degli apostoli nel comunicare a questi che Gesù si è presentato a loro. La nota caratteristica del Vangelo di Giovanni è mettere in evidenza come a contatto con il Maestro subito si diffonda una gioia contagiosa per cui uno va dall'altro a spiegare ciò di cui è stato testimone. All'inizio di questo Vangelo il Battista indica ai suoi discepoli l'Agnello di Dio che sta passando e Andrea lo segue e poi informa Simone il fratello e si arriva a dirlo anche a Natanaele. In un altro passo letto qualche settimana fa la gioia dei greci dopo la predicazione degli apostoli spinge Filippo con la motivazione: Vogliamo vedere Gesù. La predicazione passa da questo canale che abbiamo la responsabilità di non rompere. Non dobbiamo avere paura di presentare la proposta cristiana anche nei confronti di chi, come Tommaso, davanti all'annuncio dei suoi compagni mostra perplessità. Questo apostolo, che per questo evento sottoponiamo a critica, per questa insistenza nel verificare, ci insegna che la fede chiede tuttavia di essere verificata. La fede è annunciata, ma poi deve essere sperimentata nella nostra vita. Gesù non disdegna di ripresentarsi con la presenza di Tommaso. Gesù non ci esclude nei momenti in cui possiamo essere abitati dal dubbio e ancora di più si curva su di noi. La beatitudine che ci consegna al termine del Vangelo di Giovanni è quella di coloro che credono senza bisogno di vedere. Quella che viene esaltata è la fede dei semplici e di coloro che si affidano a Dio. Penso alla schiera di uomini e donne che non hanno retroterra teologici, ma una fede incondizionata in Dio creatore. Nell'esperienza personale ognuno ha sicuramente conosciuto la propria fede attraverso queste persone molto semplici che non hanno chiesto segni particolari, ma hanno creduto in Dio. Al termine di questa Ottava di Pasqua chiediamo di accrescere la forza della comunione e la nostra fede per essere espressione della Risurrezione tutti i giorni. |