Omelia (18-04-2021)
padre Gian Franco Scarpitta
Non sono un fantasma

E' Pietro che prende la parola dopo l'irruzione dello Spirito Santo e rassicura che il fenomeno a cui i suoi interlocutori hanno assistito straniti non è affatto dovuto ad ebbrezza o torpore mentale. E' opera invece del Signore Risorto il fatto che adesso loro hanno ricevuto lo Spirito della verità che li ha condotti (appunto) alla conoscenza di ciò che è vero e radicato; di questo Risorto loro rendono coraggiosa testimonianza e il fatto che nel suo discorso Pietro nomina la tomba di Davide non è propriamente casuale. Dice infatti: "Mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e la sua tomba è ancora oggi fra noi.... Davide vide in anticipo ciò che doveva accadere e queste sue parole si riferiscono alla resurrezione del Messia: egli non è stato abbandonato nel mondo dei morti e il suo corpo non ha visto la corruzione." (At 2, 29 - 31). Davide prefigurava da profeta la resurrezione di Gesù e la sua tomba è anch'essa prefigurativa di quella che il mattino del giorno dopo il Sabato le donne hanno trovato vuota e spalancata.
Pietro incalza anche mettendo gli astanti Giudei di fronte alla fruizione della loro coscienza e responsabilità, ma rilevando anche la vanità dell'atto da essi compito nel mettere a morte il Cristo: Dio lo ha infatti resuscitato e lui ha avuto modo di avere ragione della morte e di donare la vita. Se loro avevano messo a morre l'autore della vita in cambio di un assassino, ebbene questo Gesù sbiancato sulla croce ha poi dato la vita a tutti configurandosi così come il vero Messia preannunciato da Davide. Il discorso di Pietro, che si avvale anche della sua precipua testimonianza escussa con sincerità e spassionatezza, condurrà più di tremila persone al ravvedimento e alla conversione, e così la chiesa può contare nuovi membri nel suo Corpo.
Tale discorso di Pietro fa seguito al fenomeno innovativo della Pentecoste, con la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli nel cenacolo. Anche l'apparizione di Gesù, di cui parla Luca, è consequenziale di una rivelazione, della quale sono stati beneficiari due ignari discepoli che camminavano verso Emmaus. A loro Gesù si era avvicinato in incognito spiegando loro il senso delle Scritture, per delineare che esse avevano parlato proprio di lui: era necessario che il Cristo soffrisse e fosse perseguitato per poi morire e risuscitare. Anche Gesù non trascura l'esaltazione della risurrezione come sconfitta della morte, la superiorità della vita e il trionfo dell'eternità sulla disfatta del sepolcro e lo fa anche per mezzo di questa nuova apparizione che ci viene descritta nel vangelo odierno.
Non è chiaro se le persone raggiunte da questa apparizione credessero davvero nei fantasmi. Se confondono Gesù con uno spettro probabilmente sono stati sedotti dalle credenze popolari del posto. Se possiamo permetterci però una riflessione, anche nei racconti horror il fantasma è quasi sempre lo spirito di una persona che è stata uccisa o che è morta in circostanze misteriose e ora vaga senza pace fin quando non avrà modo di vendicarsi o di ottenere giustizia. E' ossessionato da una duplice morte, quella fisica e quella spirituale; non può guadagnare la vita ma vi aspira inesorabilmente. Niente di tutto questo in Gesù. Anche se è stato ucciso appeso su una croce, adesso si manifesta come il Vivente. Ha un corpo materiale che mostra ai suoi attoniti discepoli, tocca con mano, interagisce, mangia con loro. Non è uno spirito disincarnato e non trama vendetta, ma è solamente il Risorto. Dona la vita e non vive da morto la vita. Il suo corpo è materiale e certa è la sua presenza da Vivente che ha vinto la morte; quanto ai suoi assassini, provvederà a svegliarli dal torpore della loro ignoranza e neghittosità attraverso le parole sopra esposte di Pietro. Li chiamerà alla comunione con sé nella Chiesa.
Fanno fatica gli apostoli a dargli credito, ma si tratta della fatica che la fede comporta, della refrattarietà verso le Scritture che vige anche ai nostri giorni, della reticenza nel credere e nell'affidarsi e nell'ostinazione a voler solamente verificare e comprovare. Occorre allora che consideriamo che la nostra fede è virtù eroica che comporta la capacità di accogliere l'inverosimile e ciò che è inconcepibile in ambito umano, ma proprio a questo occorre che sia disposta. Siamo chiamati a credere, cioè ad aderire e accogliere ciò che altri riterrebbero assurdo e insensato come il fatto che un Dio crocifisso possa a un certo punto risorgere e apparire. E soprattutto che, come Risorto, possa dare la vita e la resurrezione a tutti.