Omelia (18-04-2021) |
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Commento su Luca 24,35-48 "Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho". L'invito rivolto da Gesù ai suoi discepoli diventa per la comunità dei credenti il modello più sicuro per poterlo riconoscere dopo la sua morte e Risurrezione. Per accostarsi al mistero di Dio l'uomo ha bisogno di vedere, di fermarsi a vedere, e di fare sì che tale vedere divenga un toccare. Lo stesso Signore chiede che la concretezza e la solidità della fede si fondino sull'esperienza della relazione con la sua santa umanità e non su esperienze spirituali effimere. La relazione che Gesù cerca con ciascuno di noi è una relazione di tipo esistenziale e non spirituale. La sua carne e le sue ossa sono il segno della natura umana che egli possedette senza alcuna diminuzione, senza alcuna alterazione, tanto nei suoi elementi costitutivi spirituali quanto nei corporali. Il racconto di Luca è un vero e proprio invito a ripensare il nostro modo di cercare il Signore. Egli non va cercato nelle grandi teofanie o nelle realtà astratte, va cercato nella quotidianità, nello spezzare il pane, nel condividere fraternamente la mensa con il pesce arrostito, nel fare esperienza delle sue piaghe che continuano a sanguinare nell'umanità ferita dal peccato e dalla fragilità. In ogni uomo piagato dal peccato e dalla fragilità rivive l'intero mistero pasquale. Nelle ferite dell'umanità sofferente è presente la passione, la morte e la Risurrezione del Signore, con le sue piaghe dolorose e gloriose Egli si rende riconoscibile e presente in mezzo alla comunità dei credenti. Quello che ci presenta oggi Luca non è un Cristo asceta o dogmatico ma è un Gesù dal volto profondamente umano che rivela la sua divinità condividendo in tutto il mistero dell'umana fragilità ad eccezione del peccato che egli supera e annulla offrendo la sua vita sul legno della Croce. Come i discepoli anche noi dobbiamo essere testimoni del mistero pasquale e dobbiamo invitare tutti gli uomini a guardare e a toccare il Cristo, presente nelle loro vite, nelle loro storie, spesso piene di contraddizioni e di sofferenze, ricordando però che l'ultima parola su ogni vicenda umana è nelle mani piagate e gloriose di Gesù che con la sua Risurrezione ha vinto la morte e ha ridato a noi la speranza di una vita nuova. Come in tutti i racconti evangelici della istituzione eucaristica anche qui si fa riferimento al pane che viene "spezzato", perché tutti partecipino allo stesso pane e riconoscano la presenza di colui che è venuto per dare la sua vita in riscatto per molti. "Di questo voi siete testimoni". Commento a cura di Paolo Morocutti |