Omelia (18-04-2021)
diac. Vito Calella
Vivere da convertiti e da testimoni dell'amore di Dio già in noi

Pietro, nel racconto di Atti degli apostoli, fa esattamente ciò che Gesù aveva annunciato nella sua apparizione, conforme al racconto del vangelo di questa domenica. Pietro prima annuncia coraggiosamente l'evento pasquale della morte e risurrezione di Gesù: «Il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che vi fosse graziato un assassino. Avete ucciso l'autore della vita, ma Dio l'ha risuscitato dai morti» (At 3, 13b-15a). Poi, a nome del gruppo dei dodici dice: «Noi ne siamo testimoni» (At 3,15b). Continua spiegando le Sacre Scritture:«Ma Dio ha così compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo doveva soffrire» (At 3,18). Infine invita tutti alla conversione per sperimentare la gioia del perdono dei peccati: «Convertitevi e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati» (At 3,19).
Gesù risuscitato - ricordando il Vangelo di oggi - dopo aver liberato gli apostoli dalla grande paura di stare di fronte a un fantasma, aveva spiegato loro le sacre Scritture, esattamente come aveva fatto con i due discepoli di Emmaus lungo la strada, aiutandoli a comprendere che tutta la rivelazione biblica porta a centrare l'attenzione sull'evento della sua morte di croce da servo sofferente, sulla sua sepoltura e risurrezione: «"Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi". Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: "Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno"» (Lc 24,44-46).
Poi, concludendo, aveva detto ciò che Pietro e gli apostoli effettivamente fecero dopo il giorno di Pentecoste: «nel [mio] nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni» (Lc 24, 47-48).
Vivere da convertiti e da testimoni del Cristo risuscitato possa diventare l'appello che vogliamo custodire nel cuore e nella mente, in questa domenica. Invochiamo lo Spirito Santo affinché possiamo vivere da convertiti e da testimoni.
Vivere da convertiti
Cosa comporta il nostro vivere da convertiti? La parola di Dio di questa domenica ci avverte che possiamo agire per ignoranza. Pietro, rivolgendosi alla gente di Gerusalemme dice: «Voi avete agito per ignoranza, così pure i vostri capi» (At 3,17). «Agire per ignoranza» è la stessa cosa del dire: «io conosco Gesù», senza però «osservare i suoi comandamenti» (1Gv, 2,4a), smascherando il mio diventare «bugiardo e non avere in me la verità» (1Gv 2,4b), conforme alle parole della prima lettera di Giovanni. «Agire per ignoranza» ed «essere bugiardi» per noi oggi significa snobbare il dono prezioso della verità contenuta nella parola di Dio, disponibile ogni giorno per essere ascoltata, letta, meditata, pregata, custodita nel cuore e nella mente. È impossibile parlare di conversione se nella nostra vita quotidiana dedichiamo tempo frettoloso alla lettura orante della parola di Dio. Viviamo attaccati al cellulare, ossessionati e bombardati da questa cultura della comunicazione; possiamo accedere a ogni forma di sapere navigando nei motori di ricerca del web. La giornata corre e i nostri sensi sono attraversati da migliaia di dati che entrano veloci nella nostra coscienza, e altrettanto fugacemente escono da noi senza aver fatto radici nella nostra mente e nel nostro cuore. Lo spazio/tempo dedicato alla preghiera con la nostra bibbia aperta rischia di diventare irrilevante nell'organizzazione della vita quotidiana e quindi poco incisivo sulla qualità delle nostre relazioni.
Senza la preghiera quotidiana e personale alla luce della parola di Dio la nostra esistenza non si centralizza in Cristo morto e risuscitato per noi e per la nostra salvezza; non riusciamo ad essere veri discepoli di Gesù Cristo. Non lo accogliamo in noi come «il Santo e il Giusto» (At 3,14a), «"Il giusto", [cioè di colui che è] la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo» (1Gv 2, 1c-2); non ci rendiamo conto di avere «un Paraclito presso il Padre» (1Gv 2,1b), cioè il mediatore che, paragonato ad un avvocato difensore, non ci fa disperare se la nostra esistenza porta il carico pesante del ricordo di tante azioni divisive e non rispettose dell'altro.
Vivere da convertiti significa scegliere di dare tempo e spazio adeguato, giorno dopo giorno, all'incontro orante con la parola di Dio, imparare a sostare ogni giorno in preghiera con la bibbia aperta. Abbiamo ascoltato: «Chi invece osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio è veramente perfetto» (1Gv 2,5). Invocando lo Spirito Santo, impariamo a custodire la Parola, che diventa "impegno di vita", facendoci vivere da testimoni della gratuità dell'amore divino.
Vivere da testimoni dell'amore di Dio già in noi
Alimentati ogni giorno dall'incontro orante con la parola di Dio, il centro della nostra esistenza diventa l'evento della morte e risurrezione di Gesù, cioè quello che viene definito nella predicazione apostolica attestata negli Atti degli Apostoli e nelle lettere del Nuovo Testamento il "kerigma pasquale".
Rinnoviamo ogni giorno, soprattutto ogni domenica, la nostra fede nella centralità della morte, sepoltura e risurrezione di Gesù, e lo facciamo vivendo intensamente e comunitariamente il nostro incontro di comunione con Gesù risuscitato che si dona a noi nel suo corpo e nel suo sangue, veramente presenti nelle specie del pane e del vino posti sull'altare come memoriale di quell'evento che continua a trasformare la nostra esistenza e ha già fatto «ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra» (Ef 1,10). Tutto è già cristificato.
La comunione al corpo e sangue di Cristo si completa fuori della celebrazione liturgica, nelle strade del mondo e negli ambienti che compongono le cornici della nostra vita quotidiana, cioè in famiglia, a scuola, al lavoro, negli spazi del tempo libero, in tutte le dinamiche relazionali prevalentemente dominate da regole di mercato e di interessi egoistici.
Cristo vivo e vero nell'eucaristia ci fa vivere da testimoni, fa di ciascuno di noi una missione.
Vivere da «testimoni dell'amore di Dio già in noi» è sentirci peccatori e poveri già perdonati, già riscattati dalla morte, sepoltura e risurrezione di Gesù, già invitati a scegliere ogni giorno di consegnarci, di abbandonarci, di renderci al Padre con tutta la povertà e vulnerabilità della nostra condizione umana, per diventare umili strumenti irradianti la gratuità dell'amore divino.
Vivere da «testimoni dell'amore di Dio già in noi» è lasciare agire lo Spirito Santo in noi piuttosto che vivere condizionati dai nostri impulsi che difendono l'«Io» mediante i principi egoistici del piacere, della paura e del potere, o della «rivalità e vanagloria alla ricerca del proprio tornaconto personale» (Fil 2,3-4). Invocando lo Spirito Santo chiediamo al Padre unito al Figlio che, attraverso le espressioni del nostro volto, con le nostre mani, con i nostri piedi, con la nostra fragile corporeità, che tesse continuamente relazioni con tutto ciò che è "altro" da noi stessi, possiamo diventare luce dell'amore divino, un riflesso del volto di Dio per gli altri, così come abbiamo pregato con il ritornello al salmo responsoriale: «Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto».
Purtroppo viviamo in un contesto culturale in cui prevale la mentalità che l'annuncio esplicito e gioioso di Cristo viene giudicato come un atto di violenza contro la libertà e l'opinione di chi ci vive accanto. In nome del rispetto della "laicità" e dell'opinione diversa dell'altro si può comunicare solo implicitamente la nostra appartenenza a Cristo. Rischiamo di diventare testimoni condizionati dalla paura e dai dubbi del nostro cuore, di fronte a familiari e amici che ci trasmettono la scelta della non credenza in Cristo e nella Chiesa e dell'affidamento a se stessi, al denaro, al potere della scienza e della tecnica, al potere della mente umana.
Purtroppo viviamo in un contesto in cui prevale uno sguardo negativo sui fatti del mondo. Pandemia, guerre, tensioni, delitti, ingiustizie, disastri, colpi di stato, accuse, intrighi politici e sentimentali riempiono le pagine dei giornali e del web. Abbiamo pregato con il salmo 4,7: «Molti dicono: "Chi ci farà vedere il bene, se da noi, Signore, è fuggita la luce del tuo volto?"». Rischiamo di non essere riflesso del volto luminoso del Cristo risuscitato, facendo oscurare il nostro volto dalla paura, dai dubbi di fede, dalla nostra impotenza e rivolta di fronte alla malattia e alla mancanza di rispetto della biodiversità delle specie naturali. Ma lo stesso Cristo presente nell'eucaristia si fa incontrare nella carne dei più sofferenti e con meraviglia possiamo scoprire che essi possono essere per noi i testimoni più veri e luminosi della trasfigurazione in bene di ogni male.