Omelia (18-04-2021) |
padre Antonio Rungi |
Da Emmaus a Gerusalemme il difficile cammino dei discepoli nel riconoscere Cristo risorto e vivo Il vangelo della terza domenica di Pasqua ci fa viaggiare insieme a Gesù da Gerusalemme ad Emmaus e ritorno, in quanto il testo lucano aggancia a due fatti precisi relativi alle apparizioni di Gesù dopo la sua risurrezione. Nella parte introduttiva, il brano del Vangelo ci presenta come i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus stavano narrando agli Undici e a quelli che erano con loro, chiaramente a Gerusalemme, ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane. Primo ricordo della risurrezione: il riconoscimento di Gesù nello spezzare il pane, chiaro riferimento alla fractio panis che è l'eucaristia, secondo quando Gesù fece nell'ultima cena e che si tramandava come il momento più significativo e importante degli apostoli che avevano partecipato alla cena pasquale del Maestro, durante la quale Gesù istituisce il sacramento dell'eucaristia e del sacerdozio. Accreditato come gesto esplicativo della santissima eucaristia, la chiesa nascente conservava vivo il ricordo di quel gesto e dietro monito dello stesso Gesù incominciò a farlo proprio e a celebrarlo in ricordo di quel momento che fonda la Chiesa ed esprime la chiesa. L'eucaristia fa la chiesa e la chiesa celebra l'eucaristia. Anzi, in questo preciso momento, in cui Gesù appare agli Undici, Egli muove rinnovare quel gesto pasquale, non più da vivo tra i vivi, ma da risorto tra in vivi e che devono risorgere, perché timorosi e dubbiosi. Gesù, infatti, mentre essi parlavano di quanto era successo sulla via di Emmaus, apparve loro, nella sua reale persona, ed ancora una volta stette in mezzo a loro, salutandoli con il saluto pasquale preso come suo motto di Risorto: «Pace a voi!». Comprensibile lo smarrimento del gruppo davanti ad un imprevisto ed un inatteso ospite di cui si sa che era morto. Esprimono il loro stato d'animo e dimostrano di essere sconvolti e pieni di paura. Addirittura non riconoscono Gesù e lo confondono con un fantasma. Questo termine ritorna speso nei vangeli su cui è opportuno riflettere, per capirne il significato in questo contesto pasquale di cui narra San Luca. Qui per fantasma si intende una visione distorta, non reale, frutto della fantasia di chi vede una cosa che non esiste, una specie di miraggio. Invece qui ci troviamo di fronte una visione vera del Signore risorto, al punto tale che Gesù si rivolge a loro con queste parole rassicuranti e confermanti della sua vera identità e natura divina: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Gesù passa alla dimostrazione diretta e verificabile della sua identità e dice: "Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io!" Quindi non c'è assolutamente da confondersi o vedere in lui altro che non fosse esclusivamente lui. E a conferma di questo li invita a toccarlo e a osservarlo attentamente. E precisa che un fantasma, uno spirito vagante, che si poteva immaginare di essere Gesù in quel momento, non può avere carne e ossa, come li ha lui. A questo punto o credono o rifiutano la verità oggettiva di fede dimostrata con una apparizione verificabile concretamente da coloro che sono lì presenti. Parimenti, Gesù vuole sfatare una falsa idea di Lui, che gli apostoli si erano fatta negli anni che erano stati vicini a Lui, pensandolo come un Re potente in termini economici, militari e politici. Invece Gesù è il Maestro crocifisso, ma ora risorto e vivo. Il gesto di conferma della sua identità non cambiata, ma trasfigurata nella gloria della risurrezione, Gesù lo esprime mostrando loro le mani e i piedi. A questo punto cambia la scena dalla paura alla certezza, dalla tristezza alla gioia. Cammino da completare in pochi attimi e gesti da parte di Gesù e degli apostoli. E Gesù soccorre le menti deboli e i cuori fragili del gruppo riunito per il pranzo, con un qualcosa che diventa a questo punto la dimostrazione concerta della sua reale risurrezione. E dice agli apostoli: «Avete qui qualche cosa da mangiare?», in quanto Gesù aveva notato, che nonostante la gioia di vederlo, tuttavia non credevano ancora ed erano pieni di stupore. Il tutto si risolve con un pranzo a base di pesce, come diremo oggi. Non poteva essere diversamente: erano pescatori e il pesce era il cibo più facilmente reperibile in quei luoghi. Gli apostoli avendone a disposizione una buona quantità perché si apprestavano a mangiare offrirono a Gesù una porzione di pesce arrostito. L'evangelista Luca precisa che Egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. E' inutile ribadire che il simbolo dell'eucaristia per le prime comunità cristiane oltre al essere il pane e il vino dell'ultima cena, diventa anche il pesce, come ci testimoniano i simboli incisi nelle catacombe romane, dove i cristiani perseguitati al tempo dei romani, e ancora oggi, si riunivano in segreto e di nascosto per celebrare l'eucaristia in memoria della Pasqua del Signore. Quindi il testo del vangelo di Luca di questa domenica terza di Pasqua non è altro che un testo eucaristico e come tale è un chiaro invito a mettere al centro della nostra Pasqua anche di questo 2021, segnato dalla pandemia, l'eucaristia, sacramento di vita e risurrezione per tutti noi. Parimenti ci invita ad essere testimoni del Risorto e della Risurrezione e fare opere di vita e di risurrezione per noi e per gli alti. Queste opere sono sintetizzate nella predicazione di Pietro, di cui ci parla il testo della prima lettura di questa domenica, tratta dagli Atti degli Apostoli, riferendosi alla condanna a morte di Gesù, che Pietro non giustifica affatto, ma comprende e ne motiva anche il perché. Questione di ignoranza e presunzione. "Fratelli, dice Pietro nella sua catechesi apostolica - io so che voi avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi. Ma Dio ha così compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo doveva soffrire".
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