Il Vangelo di questa III domenica di Pasqua sembra chiederci: credi che Gesù sia risorto perché l'hai incontrato o perché si sente dire? Noi possiamo ridurre la nostra fede a delle verità di fede da sapere, a delle dottrine più o meno gradevoli ma nulla più. Risultato? La vita non cambia. Ho solo nozioni in più. Magari fraintese e snobbate. Oppure possiamo aprire il cuore alla risurrezione, a Cristo, relazionandoci con Lui in modo vivo, lasciandoci coinvolgere esistenzialmente dal Vangelo. È vero, la fede è un cammino, spesso faticoso, ma cresce nella misura in cui "stiamo a contatto" con il Signore, frequentandolo nella preghiera, nei sacramenti (specie nell'Eucaristia), nel cammino comunitario, nell'esercizio della carità. Il testo di oggi mette in luce il faticoso cammino dei discepoli e viene in soccorso alla nostra fede.
Nonostante Gesù Risorto si fosse già manifestato diverse volte, i discepoli al vederlo nuovamente erano «sconvolti e pieni di paura e pensavano di vedere un fantasma». Gesù li scuote dalla paura e mostra loro i segni della passione come "sigilli di garanzia" della sua presenza e del suo amore. Eppure «nonostante queste parole e questo gesto, i discepoli non arrivano a credere, malgrado un'emozione gioiosa non giungono alla fede. È vero, noi umani approdiamo facilmente alla religione, ma difficilmente arriviamo alla fede; viviamo facilmente emozioni "sacre" o religiose, ma difficilmente aderiamo a Gesù Cristo e alla sua parola. Ma il Risorto ha grande pazienza, per questo offre alla sua comunità una seconda parola e un secondo gesto. Chiede loro se hanno qualcosa da mangiare... Ricevuto del pesce, Gesù lo mangia davanti a loro!» (E. Bianchi). Questo segno serve a convincerli della realtà e della "concretezza" del suo essere risorto e della nuova dimensione di vita, dimensione che anche a noi è promessa, nella fede in Lui, alla fine dei tempi (la risurrezione della carne). Ma i discepoli restano ancora in silenzio! Dalla paura siamo passati al silenzio. Un passo avanti è stato fatto... Allora Gesù apre le loro menti alla comprensione della Scrittura e li aiuta a "collegare i fili". E luce fu! Il verbo utilizzato per indicare quest'apertura di mente è dianoígo e nei vangeli ha sempre un senso terapeutico: è usato per indicare l'apertura degli occhi ai ciechi (cf. Lc 24,31), degli orecchi ai sordi e della bocca ai muti (cf. Mc 7,34). Vediamo qui l'opera dello Spirito Santo che apre la mente alla comprensione della Parola di Dio e ci guida alla verità tutta intera. Finalmente i discepoli sono pronti a ricevere il mandato per la loro testimonianza e missione. È ciò che avviene anche in noi, passo dopo passo, frequentando Gesù e la sua Parola, formandoci con l'insegnamento della Chiesa. Penetriamo sempre più nel mistero del suo amore e così ne diventiamo testimoni ed evangelizzatori. Nel cammino dei discepoli possiamo vedere "in nuce" il nostro cammino di fede. «Con tanta fatica Gesù ha rifatto credenti quei discepoli che erano venuti meno durante la sua Passione, li ha resi testimoni della sua morte e resurrezione, li ha resi capaci di comprendere cosa sia il perdono dei peccati che essi devono annunciare, in virtù del loro essere stati i primi a ricevere il perdono dal Risorto. C'è un detto di un padre del deserto che mi sembra commentare mirabilmente questa pagina evangelica: "Credere alla parola del Signore è molto più difficile che credere ai miracoli. Ciò che si vede solo con gli occhi del corpo, abbaglia; ciò che si vede con gli occhi della mente che crede, illumina"» (E. Bianchi).
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