Omelia (12-10-2005)
Casa di Preghiera San Biagio FMA


Dalla Parola del giorno
Sei inescusabile, chiunque tu sia, o uomo che giudichi; perché mentre giudichi gli altri, condanni te stesso [...]. Con la tua durezza e il tuo cuore impenitente accumuli collera su di te per il giorno dell'ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio.

Come vivere questa Parola?
Tutta la Parola di Dio non conosce l'usura del tempo. Vi sono però espressioni, come questa, che sentiamo maggiormente aderenti a noi. In effetti, la tentazione di sentirci migliori degli altri e di arrogarci il diritto di giudicarli è qualcosa di così radicato nell'uomo che permane al di là dei mutamenti epocali. "L'uomo è un essere giudicante". E questo dice la sua signoria sull'universo a lui affidato fin dalla creazione, la sua superiorità sugli altri esseri a cui manca la capacità di discernere tra il bene e il male. Un dono, quindi, un dato positivo. In effetti ogni peccato si consuma non nell'uso di cose "cattive", ma nell'abuso di ciò che in sé è buono. Dalle mani del Creatore, infatti, non può essere uscito che quanto reca l'impronta della bontà. È l'uomo che ha infranto l'armonia iniziale, introducendo un elemento di disordine che ha "viziato" le cose. Così la capacità di giudicare, che di per sé dovrebbe condurci al riconoscimento della signoria e santità di Dio e della nostra creaturalità e manchevolezza, quando viene usata in modo distorto, ci porta a sostituirci a Dio, usurpando la sua posizione di giudice. Di più: il metro che Dio adotta nei suoi giudizi è quello della misericordia e della pazienza. Quello che adottiamo noi è quello della intolleranza e della durezza. Consegniamo così nelle mani del Giudice divino la misura da usare verso di noi. L'usurpazione diviene quindi condanna inappellabile e si ritorce inesorabilmente contro l'usurpatore.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, frugherò nelle pieghe del mio ego per mettere in luce questa tendenza a erigermi giudice degli altri e a scagionare me stesso. Prenderò quindi la risoluzione di valorizzare questa mia capacità, usandola secondo il progetto di Dio e, quindi, nella linea della carità.

Ponendomi nel mondo, tu, o Signore, non mi hai costituito né giudice né giustiziere dei miei fratelli. Purifica i miei giudizi, perché siano ordinati all'esaltazione di quella misericordia e longanimità da cui io per primo mi sento raggiunto e di cui voglio essere riflesso in mezzo agli altri.

La voce di un Padre della Chiesa
Se tratti il tuo prossimo senza rispetto e senza pietà quando dovrai decidere dei suoi errori e determinare le sue colpe, non sarà lui, ma tu a essere condannato all'estremo supplizio.
Giovanni Crisostomo