Omelia (02-05-2021)
Agenzia SIR


"Senza di me non potete fare nulla". Con queste parole Gesù di Nazareth pone un importante fondamento antropologico sulla sua missione salvifica in relazione a ciascun uomo. Egli, come vero uomo è il modello da seguire e imitare e come vero Dio è Colui senza il quale l'uomo non può fare nulla. A tale proposito la Costituzione Pastorale Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II afferma che solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo. Proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore Gesù svela anche pienamente l'uomo a sè stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione (GS, 22). In sostanza per la teologia del Concilio l'uomo lo si può comprendere fino in fondo solamente unito a Cristo. In questo senso la suggestiva immagine della vite ripresa dal Vangelo di Giovanni invita ciascuno di noi ad una serie di considerazioni fondamentali. Prima di tutto il Signore afferma di essere la vite vera e il Padre suo l'agricoltore. Con questa affermazione si vuole mettere in evidenza che il primo ad essere sottoposto al sapiente lavoro dell'agricoltore è proprio lui. Egli è il primo ad essere sottoposto alla potatura da parte dell'agricoltore. Egli è il modello da seguire, fattosi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso allo scopo di espiare i peccati del popolo (Eb. 2,17). Come per ogni agricoltore la vite e i tralci costituiscono un'unica realtà da lavorare, i tralci senza la vite non possono esistere. L'agricoltore sa bene che la qualità dei tralci e la bontà del loro frutto dipende dalla vite. Se la vite è malata sarà malato anche il tralcio ma se la vite è buona i tralci produrranno certamente frutti buoni. Gesù con le parole "io sono la vite vera" rivela anche l'intrinseca bontà dei tralci. Egli è la vite perfetta e perfetto è il suo tralcio a patto che questi rimanga ben attaccato alla vite. Due allora le considerazioni sul Vangelo di oggi, la prima è circa la bontà di ogni uomo. L'uomo essendo immagine di Dio è di per se stesso sempre buono a patto che non rompa la sua comunione con Dio. La seconda considerazione riguarda il continuo bisogno di conversione esplicitato nel Vangelo dalla necessaria potatura a cui deve essere sottoposto l'uomo. Egli per produrre i buoni frutti del Vangelo va potato, non una volta sola ma continuamente, durante tutto il percorso della sua esistenza. Rimanendo attaccati a Gesù e lasciandosi potare dall'agricoltore, per poter essere sempre più simili a Lui, i cristiani diventano veri discepoli e producono i buoni frutti del Vangelo per la vita eterna.

Commento a cura di Paolo Morocutti