Omelia (16-05-2021)
padre Gian Franco Scarpitta
Mancanza e presenza

Come si sa, nella Bibbia 40 giorni descrivono un tempo imprecisato di attesa, di impegno e a volte di mortificazione e di lotta con la finalità di guadagnare Dio, la sua comunione e i suoi benefici. Così è stato per i 40 giorni trascorsi da Gesù nel deserto; così ancor prima per Elia che, con la forza del cibo divino, camminò 40 giorni verso il monte di Dio Oreb (1Re 19); così è stato per il diluvio universale (Gen 7 - 9) e per Mosè che sostò sul monte 40 giorni e 40 notti (Es 24). Per Gesù Cristo, che da morto è passato alla vita, 40 giorni sono stati indispensabili per affermare la sua gloria da Risorto attraverso apparizioni improvvise e ulteriori insegnamenti e istruzioni dati agli apostoli. In tutto questo tempo conseguente alla fuoriuscita dal sepolcro, Gesù ha avuto modo di mostrare la sua gloria apparendo nel suo corpo non più corruttibile e soggetto alle intemperie temporali, ma glorioso e invitto, che dimostra tutto il fascino e la forza del divino. Si mostra, ostenta se stesso, fa fare esperienza di sé sotto questa veste innovativa. Ma pone anche le basi perché i suoi apostoli possano agire nel suo nome, anche in sua assenza visibile. Fa loro una promessa: "Non appena io me ne andrò, giungerà per voi il Consolatore (lo Spirito Santo) che vi istruirà riguardo al peccato e alla giustizia (Gv 16, 7 - 8) e vi condurrà alla verità per intero.
La presenza di Gesù in mezzo ai suoi non è destinata quindi a durare per sempre. Li avverte che a un certo punto dovranno fare da soli, o meglio dovranno imparare ad agire senza ascoltare materialmente la sua voce e abituandosi a non ricevere più direttive ed esortazioni in senso fisico e materiale. Dovranno cioè avvalersi di una presenza di Gesù certa ed efficace, tuttavia impercettibile ai sensi: Gesù sarà presente nella forma invisibile e con loro procederà nella comunione e nella missione man mano che la Chiesa si organizzerà. A rendere presente Gesù e farci percepire che è sempre con noi tutti i giorni sarà appunto lo Spirito Santo, dono inesprimibile in se stesso ma non per questo inefficace.
E così avviene al termine dei quaranta giorni sopra ricordati: il fenomeno dell'Ascensione, descritto da Luca negli Atti degli Apostoli nella forma plastica e avvincente, mentre Marco ne parla assai succintamente. Il linguaggio degli evangelisti comunque è metaforico, allusivo di profondità spirituale e di variegata ricchezza di significati.
Con questo episodio di Ascensione non si deve intendere la salita materiale al Cielo di Gesù alla stregua di un razzo che si eleva fra le nubi, ma solamente la fine dell'epoca terrena di Gesù, il sottrarsi alla vista materiale dei suoi discepoli e il recupero della piena identità del divino. Adesso comincia il "tempo della Chiesa", quello nel quale gli apostoli, in forza dello Spirito Santo effuso, dovranno diffondere il lieto annuncio della salvezza, proclamando la sua resurrezione, narrando miracoli e insegnamenti da lui compiuti, battezzando e accogliendo sempre più gente nella compagine delle prime comunità cristiane. In tutto questo Gesù sarà dimostrerà di essere con loro, anche con l'efficacia dei segni che accompagneranno le loro azioni, come per esempio la guarigione dello storpio alla porta Bella del tempio di Gerusalemme, che sembra rievocare uno dei tanti miracoli compiuti da Gesù stesso (At 3, 1 - 10) e altri interventi consimili.
La scomparsa sensoriale di Gesù non è motivo di lacrime per un'assenza deprimente, ma sprone e determinazione in ragione di una presenza esaltante da avvertire noi stessi e da comunicare a tutti gli altri.
"Vivi in modo che la tua presenza non sia notata, ma che la tua assenza sia sentita", dice il detto di un autore sconosciuto ed effettivamente il bene che si fa e le virtù di cui si fa dono dovrebbero essere tante e tali da farci rimpiangere una volta che ce ne siamo andati, non importa se prima eravamo ignorati o apprezzati. Il nostro atteggiamento cristiano nella prospettiva dell'Ascensione del Signore non può che essere in ogni caso produttivo, entusiasta e gioioso, capace di apportare innovazioni e frutti anche tardivi, purché copiosi ed eloquenti. Non importa come gli altri ci considerano ed è inane e melense cercare approvazione e vanagloria; quello che conta è che risultiamo indispensabili per gli altri prima e dopo e che anche quando dovessimo andarcene altri debbano usufruire di ciò che abbiamo dato loro. Un' attitudine non da orfani ma da Figli di Dio liberi e responsabili, motivati da una grande certezza: chi ci manca non è affatto assente. Gesù nello Spirito infatti opera sempre con noi come vero Dio e vero Uomo; nell'Eucarestia ci si dona di una presenza reale e sostanziale che si irradia in ogni azione nostra in quanto singoli e in quanto Chiesa; nella preghiera ci si mostra solidale e unito, compagno di viaggio; nel dolore come il Crocifisso che compatisce quanto soffriamo; nella gioia come il Risorto che partecipa di ciò che stiamo godendo. Nel bisognoso e nel povero Gesù viene realmente a trovarci egli stesso, provocandoci di cambiare le nostre abitudini, chiedendoci di uscire dai nostri ambiti e dagli schemi a cui ci siamo abituati. La mancanza di Gesù è insomma la più grande presenza di cui possiamo usufruire.