Omelia (09-05-2021)
padre Gian Franco Scarpitta
Amore senza fine

Gesù Cristo sarebbe morto inutilmente se attorno a lui venissero ora escluse delle persone. Oppure, il che è lo stesso, se la sua missione non fosse universale, estesa a tutti gli uomini di tutti i tempi senza esclusione. Morendo Gesù, si squarciava il velo del tempio si squarciò in due (Mt 27, 51) e questo allude al fatto che la sua crocifissione segna la fine di un luogo sacro specifico (il tempio di Gerusalemme o altri) nel quale gli uomini possano incontrare Dio: è lui stesso il nuovo tempio, luogo di convergenza per tutti gli uomini. Con la resurrezione di Gesù, si evince ancor di più che la sua opera si estende a tutti e che nessuno è escluso dal Regno e dalla salvezza. Anzi, la redenzione è rivolta proprio a chi non ha conosciuto la buona notizia del Regno.
Non c'è da stupirsi allora se lo Spirito Santo agisce anche sui pagani e i non circoncisi, contrariamente a quanto ci si possa aspettare. E infatti Pietro non si meraviglia quando, a casa di Cornelio, vede lo Spirito Santo discendere anche sui pagani oltre che sui Giudei circoncisi (cosa mai pensabile fino ad allora, I Lettura). Ha capito infatti che Dio non fa preferenza di persone e che nel suo Figlio Gesù Cristo chiunque si disponga alla fede, alla speranza e all'amore può ottenere la salvezza, perché l'amore di Dio è rivolto a tutti gli uomini di qualsiasi popolo o nazione.
Quella fra circoncisi e non circoncisi a dire il vero sarà una diatriba che si ripeterà ancora nella Chiesa dei primi tempi, ma già Gesù Cristo, durante il suo percorso terreno, aveva detto che lo Spirito Santo soffia dove vuole (Gv 3, 8), non possiamo confinarne l'opera e l'effusione e non possiamo impadronircene gelosamente. Carismi e doni efficaci si trovano perfino in coloro che non appartengono a Gesù Cristo (Lc 9, 49 - 50). Come escludere dalla misericordia di Dio, quindi, coloro la cui origine, etnia e formazione, è differente dalla nostra? La Chiesa si apre a tutti; propone il suo vangelo di salvezza a tutti i popoli pur non facendo violenza alle posizioni di pensiero altrui e verso tutti si rende apportatrice dell'amore del Padre di cui ha reso testimonianza Gesù Risorto nello Spirito Santo. L'amore è infatti la vera ragione per cui da sempre Dio è intervenuto a favore dell'uomo e l'amore è anche in contrassegno dell'Istituzione che Gesù ha istituito per la salvezza. Come Gesù spiega nella pagina del Vangelo, non si tratta di amore filantropico o interessato o esibizionistico, ma dell'amore che viene "da Dio", quindi quello di cui siamo stati resi oggetto fin dall'eternità e che è stato riversato nei nostri cuori attraverso Cristo morto e risorto per mezzo dello Spirito Santo (Rm 5, 5). Quindi è lo stesso amore con cui Padre, Figlio e Spirito interagiscono a vicenda sin dall'eternità e del quale siamo resi partecipi. Come può essere quindi settoriale, limitato e circoscritto? Piuttosto dev'essere amore libero e disinvolto, capace di espansione e di straordinarietà fino a raggiungere anche i nemici e quanti ci sono ostili.
Nelle parole franche che Gesù rivolge ai suoi discepoli prima di congedarsi vi è la nobiltà di un sentimento di trasporto verso di loro e verso tutti quanti noi, per la quale veniamo identificati in forza dello stesso amore che lega Gesù stesso al Padre. Non siamo riconosciuti estranei o importuni; tantomeno succubi di un'autorità verso la quale usare deferenza e pura sottomissione passiva. Siamo considerati amici, cioè destinatari di una speciale attenzione e di un amore disarmante che può procedere solo dalla comunione di Gesù con il Padre. Gesù si esprime ponendo una condizione: "Sarete miei amici se farete quello che io vi comando"; ma non si riferisce a un autoritarismo personale che legittima un'imposizione. Vuole piuttosto affermare che nella sua parola, nel suo esempio, nelle sue indicazioni di Figlio di Dio incarnato sussiste la vera possibilità di successo e di realizzazione e che solo in lui via, verità e vita possiamo trovare forza e costanza. In sintesi: saremo suoi amici se ci lasceremo amare da lui in tutto ciò che facciamo e se allo stesso modo ci ameremo gli uni gli altri estendendo tale prerogativa anche ai lontani e ai nemici.
L'amore di Dio fra di noi si identifica solo nell'accoglienza fraterna e nella carità disinteressata; si riconosce nelle opere di bene realizzate senza vano esibizionismo, ma piuttosto con umiltà, mansuetudine e pazienza (Ef 4, 1 - 3) e con sopportazione di ogni contrarietà. E' amore di sacrificio che non si corrompe con compromessi e resta estraneo a interessi personali o soddisfazioni individuali; fugge l'arrivismo egocentrico e la falsa sicumera di interessi personali; non ama la doppiezza e la falsità interessata, ma è solo sincero, affabile e ben disposto. E' l'amore solidale che cerca l'utile altrui trovando la gioia nel dare più che nel ricevere (At 20, 20). Non può essere che l'amore scaturito da Dio e che per ciò stesso non ha confini ma che trova confine nella libertà dell'altro.