Il pensiero del cielo, orienti il nostro cammino sulla terra
Celebriamo oggi la solennità dell'Ascensione di nostro Signore Gesù Cristo al cielo. Esattamente a distanza di 42 giorni dalla celebrazione della Pasqua di questo 2021, avvenuta il 4 aprile scorso. Oggi ci troviamo a contemplare il mistero conclusivo della missione di Cristo sulla terra, che vede il Signore ascendere al cielo tra il coro festante degli angeli e dei santi, dopo essere stato, da risorto, in mezzo ai suoi, per 40 giorni apparendo, parlando, comunicando, istruendo ed educando i discepoli a continuare la sua opera di evangelizzazione per la salvezza del mondo.
Il tempo passa veloce per le ricorrenze religiose, passa più lentamente quando il dolore e la sofferenza interpella la gente, come in questo momento storico, che tutti stiamo vivendo nelle varie ansie e preoccupazioni. Ancora una volta la voce del Signore viene ad indicarci la strada della speranza e della vera felicità, quella del cielo e dell'eternità.
Nel testo del vangelo di Marco che abbiamo ascoltato e che descrive il momento in cui Gesù ritorna al cielo, da dove era disceso, per incarnarsi nel grembo verginale di Maria, sua e nostra madre, passando nella storia di questa umanità, per il tempo cronologico di 33 anni, beneficando tutti e danno speranza ad un mondo senza speranza ed immerso nella disperazione. Portando, allora come ora, quella luce che illumina la notte oscura dell'umanità, immersa nelle tenebre del peccato, in seguito alla ribellione dei nostri progenitori.
Gesù dopo la sua morte e la sua risurrezione, ricompatta il gruppo dei suoi discepoli e li chiama in Galilea, dove egli, davanti ai loro occhi, non più paurosi e dubbiosi, lascia definitivamente questo mondo per consegnarlo alle cure della Chiesa, della sua chiesa, perché ne faccia il nuovo giardino del paradiso dell'amore e della solidarietà tra tutti gli uomini. Nella sua ultima apparizione, infatti, Gesù consegna agli apostoli il mandato che giustifica fino alla sua seconda venuta sulla terra la missione della Chiesa su questa terra: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato". Alla base di ogni discorso religioso e di conversione ci deve essere la fede. Se manca la fede, qualsiasi approccio di carattere intellettuale cade nel vuoto, rispetto al grande mistero della salvezza del genere umano.
Oggi più che mai c'è necessità di recuperare questa fede, in chi l'ha smarrita, persa o l'ha sospesa in attesa di eventi migliori per se stessi e per il mondo.
Eppure Gesù stesso, nel momento in cui sta per ascendere al cielo assicura alla chiesa che la sua opera missionaria sarà accompagnata da segni e prodigi a conferma della sua presenza e vicinanza nella storia dell'umanità, che non lascia in balia delle onde, ma ancorata al porto sicuro della risurrezione e della gloria futura. La chiesa quindi nel nome di Cristo continuerà a scacciare i demòni, a parlare lingue nuove, ovvero a far conoscere in vangelo in ogni popolo e nazione, cultura e condizione di vita. Non si fermerà alla sola Palestina l'opera missionaria della Chiesa. Anzi se gli apostoli prenderanno in mano serpenti e, se dovessero essere bere veleno, tutto questo non recherà loro alcun danno. Inoltre continuerà l'opera di guarigione al punto tale che se imporranno le mani ai malati questi, con la fede e nella fede, di certo guariranno.
In questo modo l'opera del Maestro, con le mani degli apostoli e di quanti nel nome di Cristo opereranno il bene, per i secoli futuri, senza limiti e senza muri di ogni tipo.
Il mandato missionario consegnato agli apostoli è chiaro e quindi bisogna incamminarsi ed agire portando la luce e la speranza del Cristo risorto e asceso al cielo, in ogni parte della Terra. L'evangelista Marco, infatti, dopo aver infornato che Gesù, concluso il discorso, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio, sottolinea che gli apostoli partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
Mi piace immaginare che il gruppo non attese decisioni, valutazioni, possibilità di muoversi, con che cosa, con chi, con quali mezzi e strumenti economici, mettendosi ai tavoli per elaborare i progetti di evangelizzazione, come siamo abituati a fare noi, ma essi partirono subito per attuare il mandato consegnato al gruppo, ma anche alle singole persone degli apostoli.
Una chiesa, quindi, che inizia il cammino, fortificata dal dono dello Spirito, che esce dalle paure e dalle preoccupazioni e si fa missionaria di gioia e speranza nel nome del Cristo Redentore e Salvatore.
Forse ciò che oggi ci manca di più è proprio questo slancio missionario, dovuto anche ad una serie di condizionamenti sanitari che limitano di fatto la missione in presenza, ma che, tuttavia, hanno potenziato la missione a distanza con i media moderni di evangelizzazione e di promozione umana.
Non si può certamente continuare così per sempre. Noi speriamo di poter ritornare alla vita normale, oltre che nella società, soprattutto nelle nostre comunità cristiane, celebrando i sacramenti, le nostre feste patronali nella gioia e nella serenità, senza paure e senza mascherine e contagi da virus. Celebrando anche in modo più umano e cristiano i funerali dei nostri cari.
Non a caso concludo questa mia riflessione con la citazione degli Atti degli Apostoli su momento dell'Ascensione del Signore al cielo: "Essi stavano fissando il cielo, mentre egli se ne andava, quand'ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo». Fissare il cielo è bello e guardare in alto, soprattutto quando il cielo è azzurro e stellato, ispira il cammino nel tempo della nostra storia personale e comunitaria, ma, ora, è tempo di viaggiare per portare a tutti il Vangelo della speranza e della gioia, come Gesù ci ha detto di fare.
Non dobbiamo avere paura di portare Cristo anche a questo mondo ferito dalla pandemia, ma redento dal sangue di Cristo. Il coraggio attingiamo da quella fede che ci anima e motiva dentro e che deve trasparire in ogni gesto. In questo contesto di sofferenza mondiale, per noi cattolici ci serva da lezione quello che leggiamo nella lettera agli Efesini di san Paolo apostolo in questo giorno di festa e di gloria, che ci esorta a comportateci in maniera degna della chiamata che abbiamo ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandoci a vicenda nell'amore, avendo a cuore di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace". Il paradiso lo si conquista con questo stile di vita, che porta a realizzare non solo la nostra personale santificazione, ma anche quella degli altri: "Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti". Uniti quindi nell'amore e nella tensione comune verso gloria futura, in quanto nella diversità dei doni e carismi possiamo costruire insieme un edificio di santità, nel quale tutti possono abitare, con il diritto dovere di esserci. Infatti, "a ciascuno di noi, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all'uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo". Tutto questo si rende comprensibile alla luce del mistero del Verbo Incarnato, morto, risorto e asceso al cielo, che siede alla destra del Padre, come, ci ricorda l'Apostolo Paolo in questo brano della sua lettera, fondamentale, per la comprensione del mistero di Cristo e della Chiesa: «Asceso in alto (Gesù Cristo), ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini». Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose". E sappiamo bene che tutto inizia da Cristo e tutto si concluderà in Lui.
L'ascensione al cielo di nostro Signore Gesù Cristo ci dia una spinta in più per camminare sulla terra, con la speranza di incontrarlo un giorno nella gloria del cielo.
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