Omelia (23-05-2021) |
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Commento su Giovanni 15,26-27; 16,12-15 Il vento che spinge ad andare; il fuoco che incendia, appassiona, fa ardere. Cinquanta giorni dopo la Risurrezione di Gesù i discepoli erano chiusi nella loro paura. Ma ecco che a Pentecoste, quando lo Spirito Santo si posò su di loro, quegli uomini uscirono fuori senza timore e incominciarono ad annunciare a tutti la buona notizia di Cristo. Non avevano alcun timore, perché si sentivano spinti dal vento impetuoso che fa muovere tutte le cose e appassionati dal fuoco che le trasforma. lo Spirito di Dio, dove entra, scaccia la paura. Lo dimostra la testimonianza dei martiri di ieri e di oggi, il coraggio dei missionari, l'audacia dei predicatori, l'esempio di tutti i santi che fa bello e rende giovane il volto della Chiesa. Lo dimostra l'esistenza stessa della Chiesa che, malgrado i limiti e le colpe degli uomini, continua ad esistere attraverso i secoli, sospinta dal soffio dello Spirito Santo. Gli Atti degli Apostoli antepongono al racconto della Pentecoste una descrizione precisa sulla condizione dei discepoli dopo l'ascensione al cielo di Gesù; "Tutti questi erano perseveranti e concordi nella preghiera" (At 1,14). C'era la paura ma c'erano anche la comunione e la preghiera. La concordia dei discepoli sembra essere una condizione necessaria perché venga lo Spirito Santo. Perché la Pentecoste non si riduca ad un semplice rito o ad una sorta di evento ripetitivo e abitudinale occorre che i battezzati si preparino ad accogliere lo Spirito Santo con un atteggiamento di profonda comunione e di preghiera. Dopo questa considerazione preliminare per indicare lo Spirito Santo, nel racconto della Pentecoste gli Atti degli Apostoli utilizzano due grandi immagini: l'immagine del vento e quella del fuoco. Vento e fuoco sono entrambi segni visibili dello Spirito. Il fuoco della Pentecoste richiama in modo inequivocabile al roveto ardente e al Sinai con il dono delle dieci parole. Nella tradizione biblica il fuoco accompagna sempre la manifestazione di Dio. Papa Francesco in una recente catechesi ha affermato che "mentre sul Sinai si ode la voce di Dio, a Gerusalemme, nella festa di Pentecoste, a parlare è Pietro, la roccia su cui Cristo ha scelto di edificare la sua Chiesa. La sua parola, debole e capace persino di rinnegare il Signore, attraversata dal fuoco dello Spirito acquista forza, diventa capace di trafiggere i cuori e di muovere alla conversione. Dio infatti sceglie ciò che nel mondo è debole per confondere i forti". Tra questo popolo di scelti e chiamati ci siamo anche noi, con le nostre debolezze e le nostre fragilità. Come i discepoli siamo chiamati a fare del cenacolo la nostra casa e a vivere in comunione tra di noi, nella preghiera, in compagnia di Maria. Allora verrà anche per noi quel vento che ha spinto la Chiesa fino ad oggi ad annunciare il Vangelo e quel fuoco che ha reso i discepoli veri testimoni di Cristo. Veni Sancte Spíritus et renovabis faciem terrae! Commento a cura di Paolo Morocutti |