Omelia (30-05-2021)
fr. Massimo Rossi
Commento su Matteo 28,16-20

"...eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.": sono parole di san Paolo, tratte dalla lettera ai cristiani di Roma. Contempliamo la gloria di Cristo, dopo averlo adorato mentre pendeva dalla croce.
In verità, sulla croce non c'era Gesù soltanto; a partecipare dei dolori della passione c'era tutto Dio: il Padre sosteneva il Figlio nella sua sofferenza; lo Spirito Santo che lo aveva accompagnato ogni giorno, lungo il cammino difficile e accidentato della sua vicenda terrena, ora, era pronto per essere effuso dal Figlio sulla chiesa nascente, rappresentata da Maria, sua madre, e Giovanni, l'amico del cuore: la prima, autentica Pentecoste.

Ogni distinzione tra le 3 Persone è puramente metafisica, cioè oltre la fisica, filosofica, è speculativa, concettuale, astratta, ma difficile, se non impossibile, da concepire nella realtà.
Il mistero della partecipazione trinitaria alla Passione è mirabilmente rappresentato nell'iconografia sulla Trinità che si affermò in Occidente fin dal sec.XII, quando l'Abate Suger dell'abbazia di Saint Denis, in Francia, commissionò ad un maestro pittore la raffigurazione della Trinità, nella quale il Padre sorregge la croce ove è inchiodato suo Figlio, mentre lo Spirito Santo si libra in forma di coloma tra le due figure. Conosciamo bene questa immagine, per averla ammirata nelle chiese, pinacoteche, o sui libri di storia dell'arte: dal capolavoro di Masaccio in Santa Maria Novella, a Firenze, a quello di Dürer datata 1511, che si trova nel Kunsthistorisches Museum di Vienna, per citare solo i più famosi.
Basta con l'accademia: devo tenere l'omelia, mica una lezione di arte...
Sebbene, tutti sappiamo che l'arte ha sempre aiutato i fedeli, anche coloro che non avevano la fortuna di saper leggere, a contemplare i misteri di Dio, più e meglio di un trattato di dogmatica.
Scrivere e discettare sulla Trinità è un'impresa a dir poco titanica; e i risultati sono sempre approssimativi e poco soddisfacenti, quando addirittura non confondono e complicano oltremodo i tentativi della fede di com-prendere, di abbracciare il mistero. L'arte, invece, con le sue allusioni e i suoi simboli, che rappresenta il suo oggetto senza la pretesa di spiegarlo, imprigionandolo in definizioni anguste e insufficienti, (l'arte) "funziona" meglio a "dire" l'indicibile, a "dire" Dio.
Ecco che ancora sono caduto nella trappola dell'arte... Embeh? se l'arte è un linguaggio e, alla resa dei conti, è in grado di ostendere senza ostentare, e senza presunzione di esaustività, più e meglio delle parole, perché no?

Tentando di abbozzare un discorso su Dio, ho sempre trovato utile ed interessante distinguere le tre Persone della Trinità, non tanto a livello metafisico, quanto a livello storico; provo a spiegarmi.
Tenendo sempre presente che ogni distinzione è puramente teorica, didattica, aiuta - almeno lo spero - a capire di cosa si sta parlando, la distinzione di tipo storico mette in luce l'azione di Dio, inteso prevalentemente come Creatore, Onnipotente, Liberatore, dispensatore del Decalogo,... protagonista della storia di Israele, nei secoli che precedettero il natale del Signore.
La persona del Figlio, il Verbo incarnato, animò invece la scena storica umana, per il tempo della sua breve vicenda terrena; ne sono testimoni autentici i Vangeli.
Infine, la storia presente è inabitata dallo Spirito Santo, che san Paolo definisce Colui che geme dentro i cuori dei credenti e insegna loro, insegna a noi, come ci rivolge a Dio, chiamandolo padre.
Queste tre manifestazioni di Dio, così come le ha colte l'uomo credente, dagli albori della storia sacra, risalente al 1900 a.C., ai nostri giorni, sono il segno direi incontrovertibile di una presenza difficile da descrivere, ma non così difficile da cogliere, se solo ci applichiamo a guardare la realtà con gli occhiali giusti...
La promessa del Risorto - "Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" - si è realizzata, dunque, si realizza e si realizzerà. Ma, attenzione: l'essere con di Dio non sostituisce l'azione libera, volontaria e consapevole degli uomini!
Dio non è un ficcanaso, e neppure Colui che ci ruba la scena.
Dio, almeno quello che Gesù ci ha manifestato, svolge anche Lui una parte, sul palcoscenico del mondo: quella del padre. Come ricordato sopra, lo Spirito Santo ci educa a chiamarlo così. Ma non è una formalità, non è retorica, tantomeno una finzione!
Se è padre, e vuole farsi chiamare padre, lasciamogli svolgere il ruolo di padre!...un padre che non è come molti padri che conosciamo per esperienza personale, o attraverso i racconti dei nostri amici, invadente, padrone autoritario ed egoista...
Un buon padre di famiglia, mette al mondo un figlio per educarlo alla libertà e all'autonomia; nel frattempo lui, il buon padre di famiglia, c'è, continua ad esserci e ci sarà sempre: perché un figlio, senza un padre, che figlio sarebbe?
Mi rendo conto di avere sollevato il coperchio su una questione delicatissima, dai risvolti non sempre felici per molti di noi. Spero che non sia un vaso di Pandora....
Ma se pure fosse, la Trinità esiste anche per questo.