Omelia (02-01-2005) |
Agenzia SIR |
Si sente ancora, in questi primi giorni dell'anno, il clima di Natale, appena celebrato. Anche la liturgia mantiene questa prerogativa e ripropone la lettura del primo capitolo del Vangelo di Giovanni, che un tempo si leggeva alla fine di tutte le Messe, anche quotidiane. Una pagina stupenda, teologica e lirica, quasi una sintesi della nostra fede nel Verbo, venuto in mezzo a noi. IN LUI ERA LA VITA. Giovanni indica in Gesù "il Verbo di Dio". Noi, poveri di vocaboli, traduciamo con il termine "Parola". Ma Gesù è molto più che la Parola del Padre. Egli ne è il Figlio unigenito, della stessa sostanza del Padre, Dio da Dio, luce da luce. Viene detto il Verbo, la Parola, poiché le sue parole ci hanno rivelato la verità su Dio, da noi ignorata. Egli però, il Cristo, esisteva prima di diventare Parola. Egli era la Vita, già in principio presso Dio e "tutto è stato fatto per mezzo di Lui". Fonte, dunque, di ogni genere di vita, oggi esistente. In questi ultimi giorni, un illustre filosofo, che non credeva in Dio, riflettendo sull'esistenza del Dna, sì è indotto a ritenere che il mondo non può essere sorto per caso. Una Mente deve avere ordinato e stabilito ogni cosa. Tutto infatti ha origine da Lui, dal Verbo, autore della vita. Anche della nostra, amata e voluta da Dio. Una vita preziosa, da custodire e da amare. Da rispettare dal momento del concepimento, sino al compiersi dell'ultimo respiro ERA LA LUCE DEGLI UOMINI. La vita non ci sarebbe bastata, se non ci fosse stata donata anche la verità. Come può vivere l'uomo senza conoscere se stesso, ignorando le sue origini e il proprio destino. Dev'essere ben triste la vita di coloro che non hanno raggiunto la luce della verità e la conoscenza, certa, del valore della propria esistenza. Per questo il Verbo di Dio, oltre ad essere vita, è venuto anche come luce di tutti gli uomini. "Venne come testimone, per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui". Ora la fede non è più quella vecchina cieca di cui parla Trilussa. Tutt'altro, chi ha fede ci vede benissimo, poiché gli viene illuminata anche la ragione, che non può "vedere" oltre i propri limiti. La fede è ora possibile, per la testimonianza di Colui, che è venuto a noi da parte di Dio. Purtroppo "le tenebre non l'hanno accolto". È il più drammatico rifiuto della storia. "Il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe". Non ci dobbiamo stupire se ci sono ancora tenebre nel mondo presente, dal momento che la luce o non è ancora arrivata oppure è stata rifiutata da molti. DIVENTARE FIGLI DI DIO. Dal giorno della venuta del Verbo tra noi, si è divisa l'umanità. Chi l'ha rifiutato è rimasto nelle tenebre e nell'ombra di morte. "A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio, a quelli che credono nel suo nome. I quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati". Già il Battista, nella sua severa predicazione, ammoniva i farisei, dicendo di non credere di salvarsi solo per il fatto di essere "figli di Abramo". Ora la discendenza non vale più. La salvezza è insieme una grazia e una conquista, poiché la fede è un dono che si può accogliere o rifiutare. È sempre in gioco la nostra libertà che deve fare una scelta. L'annuncio del Vangelo, che la Chiesa continua nel mondo, è una proposta di verità e di salvezza. Sta a ciascuno di noi accettarlo o respingerlo. Di fatto, senza la fede non c'è salvezza, poiché per essere "generati da Dio" è necessaria la fede con il battesimo. Una fede convinta ed adulta, che sia in grado di illuminare le nostre azioni, e renderle conformi alla volontà del Padre, di cui il Figlio ha dato testimonianza. Commento a cura di don Carlo Caviglione |