Omelia (30-05-2021) |
mons. Roberto Brunelli |
Quell'amore che tende all'unità Il ciclo delle celebrazioni centrate sulla Pasqua, vale a dire la quaresima, la settimana santa, appunto la Pasqua e l'Ascensione, si è concluso la scorsa domenica con la Pentecoste. Nella domenica subito seguente, cioè oggi, la liturgia celebra la Santissima Trinità: quasi un invito a volgersi indietro, per considerare nel suo insieme il ciclo appena concluso. Esso configura uno dei due misteri basilari della fede cristiana (la presenza e l'opera di Gesù di Nazaret), che oggi si collega con l'altro (la rivelazione che l'Unico Dio è tre Persone). Questa rivelazione, essendo basilare, non ci si limita a celebrarla un giorno all'anno: dalla Messa al quotidiano segno della croce, ogni atto liturgico, ogni preghiera sono rivolti, direttamente o indirettamente, alla Trinità, cioè al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. La celebrazione odierna della Trinità invita a considerare che la redenzione dell'uomo, compiutasi nella Pasqua, è opera di tutte e tre le divine Persone: del Padre che l'ha voluta, del Figlio che l'ha attuata, dello Spirito che ne trasmette i frutti ad ogni singolo uomo. Il vangelo di oggi (Matteo 28,16-20) riporta il comando dato dal Risorto agli apostoli prima di salire al cielo: "Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo". Vi si trova, con l'enunciazione del mistero trinitario, il richiamo al battesimo, che è per chi lo riceve l'inizio del rapporto con Dio, il momento in cui comincia a beneficiare della morte e risurrezione di Gesù. Ma anche gli altri sacramenti sono "trinitari". Consideriamo ad esempio l'Eucaristia: se si presta la debita attenzione alle sue varie parti, si avverte che la Messa è un'unica, articolata preghiera rivolta a Dio Padre, al quale si offre il pane e il vino che lo Spirito Santo trasforma nel Corpo e Sangue di Gesù. Consideriamo poi il sacramento del matrimonio: esso ha il suo supremo modello nelle tre divine Persone, che stanno insieme con un vincolo così stretto da farne un'unica realtà, l'unico Dio. La festa odierna dunque invita, tra l'altro, a riflettere sulla famiglia. E' l'occasione per considerare questa dimensione fondamentale della società; un aspetto da molti oggi ritenuto in crisi. Le cause sono molteplici, anche forse dimenticando che costituire e vivere la famiglia non è mai stato facile, quasi fosse banalmente istintivo: un uomo e una donna si mettono insieme, hanno figli, ed è tutto. In realtà una vera famiglia è una conquista, è il frutto di un impegno continuo a vincere le subdole forme dell'egoismo, per sviluppare invece tutte le potenzialità dello stare insieme cercando ciascuno il bene dell'altro. La crisi, si sa, è anche causata da fattori sociali, cui speriamo che il governo e tutti quanti possono si impegnino a porre rimedio. Anzitutto creando lavoro, del quale si continua ad avvertire il bisogno, a fronte dei tanti che non l'hanno o l'hanno precario. Meno scontato, apparentemente marginale, è l'aspetto della festa: che è invece anch'esso importante per la famiglia, specie se se ne considera il senso primario. Spesso si riduce la festa a una pausa di evasione o di riposo tra un lavoro e un altro: cambia molto, invece, se la si vive come la possibilità di stare insieme, ricuperando un genuino rapporto con gli altri, al di fuori dei condizionamenti imposti dallo stile di vita che si è instaurato. Si va sempre di fretta; marito e moglie hanno attività diverse; il tempo di stare tra loro e con i figli si riduce e spesso lo si impiega ciascuno per conto proprio. La festa autentica non consiste nel divertimento, spesso alienante, o nel semplice non far nulla: consiste invece nella possibilità di stare insieme, rinsaldando i vincoli espressi dalla parola amore. Per i cristiani, è quell'amore che ha per modello il dono totale di sé, fatto da Gesù. E più su, quell'amore che tende all'unità, così come tiene insieme il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. |