Omelia (20-06-2021)
mons. Roberto Brunelli
Non abbiate paura cioè fidatevi di me

Una barca nella traversata del mare (così era detto quello che ora si chiama lago di Tiberiade) in burrasca, con Gesù a bordo che, all'apparenza indifferente alla sorte propria e a quella dei discepoli imbarcati con lui, dorme; soltanto al preoccupato appello dei compagni di viaggio, si desta e con una sola parola riduce le acque alla calma, rimproverando i discepoli per la loro poca fede.
E' questo, in sintesi, l'episodio evangelico che si legge oggi (Marco 4, 35-41), concluso da quel rimprovero che ci tocca tutti. Nel corso della vita tutti, prima o poi, per le ragioni e nelle modalità più diverse ci troviamo a dover affrontare problemi e difficoltà equiparabili a una burrasca, e forse, come i discepoli sulla barca, siamo presi dalla paura, sentiamo venir meno la fede. Eppure, pur se decine di volte i vangeli riportano la stessa raccomandazione di Gesù: "Non abbiate paura!", equivalente a un "fidatevi di me", quante volte noi vorremmo che Dio si comportasse come pare a noi, cioè di fatto non ci fidiamo di lui.
Un esempio evidente l'abbiamo considerato nella recente Pasqua: a parte l'evangelista Giovanni, tutti gli altri apostoli non hanno accompagnato Gesù ai piedi della croce, ma per la paura di fare la sua stessa fine sono fuggiti. Soltanto dopo, quando hanno costatato la sua tomba vuota e l'hanno potuto vedere e toccare vivo, risorto dai morti, hanno acquisito una vera fede in lui, tanto salda da indurli ad andare per il mondo ad annunciarlo, anche affrontando persecuzione e morte. Nessuno ha più preteso che egli si comportasse come avrebbero voluto loro: hanno capito di potersi fidare.
Ma questo accade sempre, anche oggi: in tutte le tempeste che ci colpiscono, come nella traversata del lago Gesù non dorme, anzi ci è sempre accanto: dunque lasciamo fare a lui. Piuttosto, come i discepoli meravigliati che con una sola parola egli abbia messo fine alla tempesta, chiediamoci anche noi: "Chi è costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?" E dopo duemila anni possiamo chiederci: "Chi è costui, al quale sono invitato ad aderire? Chi è costui che, partito da un manipolo di illetterati paurosi, oggi raduna accanto a sé centinaia di milioni di uomini, superando ogni sorta di ostilità e persecuzioni? Che senso ha, Gesù, per la mia vita? Posso forse essere tanto presuntuoso da pretendere di potergli insegnare qualcosa? Come posso io dimostrargli che mi fido di lui?
Mi fido, cioè mi affido, cioè ho fede. C'è da pensarci, davvero: e per farlo possono essere d'aiuto alcune espressioni del papa Francesco.
> Nel cammino di fede è importante sapere e sentire che Dio ci ama, e non avere paura di amarlo. La fede si professa con la bocca e col cuore, con la parola e con l'amore.
> La fede non è un reperto del passato; Gesù non è un personaggio superato. Egli è vivo, qui e ora; cammina con te ogni giorno, nella situazione che stai vivendo, nella prova che stai attraversando, nei sogni che ti porti dentro.
> Avere fede non significa non avere momenti difficili, ma avere la forza di affrontarli sapendo che non siamo soli.
> La Chiesa non pretende di arrestare il mirabile progresso delle scienze; al contrario, si rallegra e persino gode riconoscendo l'enorme potenziale che Dio ha dato alla mente umana. Quando il progresso delle scienze rende evidente una determinata conclusione che la ragione non può negare, la fede non la contraddice. Tanto meno i credenti possono pretendere che un'opinione scientifica a loro gradita, e che non è stata neppure sufficientemente comprovata, acquisisca il peso di un dogma di fede. Però, certe volte alcuni scienziati vanno oltre l'oggetto formale della loro disciplina e si sbilanciano con affermazioni o conclusioni che eccedono il campo propriamente scientifico. In tal caso, non è la ragione ciò che si propone, ma una ideologia, che chiude la strada a un dialogo autentico, pacifico e fruttuoso.