Omelia (20-06-2021) |
don Mario Simula |
Sonno e tempesta "L'amore del Cristo ci possiede". Ci cattura. Stringe a sé la nostra vita. Mi chiedo: "Quale esperienza si impossessa, allora, di me e di tutti noi?". La Parola ci dice: "Se Cristo è con noi, chi sarà contro di noi?". Possiamo temere? Noi viviamo per Lui. Con Lui e in Lui. O questa certezza travolge i nostri modi di pensare oppure siamo miserabili e da compatire. L'amore per Lui ha inabissato la nostra paura e la nostra apatia. "Siamo con Cristo. Siamo quindi una nuova creatura". Non possiamo essere vecchi tremanti. Io sono la novità di Gesù che riempie di luce la vita, mia e degli altri. La vita della creazione: degli alberi e delle montagne, del mare e della terra. "Le cose vecchie sono passate, ecco, ne sono nate di nuove". Con quali occhi continuiamo a guardare la realtà? Con gli occhi cisposi e indeboliti dalle cataratte? Dove si spegne il nostro orizzonte? Dove si oscura il nostro cielo? Se non entriamo nella novità della vita, ogni singola persona continuerà a credersi Dio e a distruggere. Giobbe sente come il dolore ha il potere di sconquassare la vita. Non ha più paura, quindi, di "dare del tu a Dio", come tutti i fedeli di Dio. Anche quando tutto lo porta alla ribellione più radicale. Arrivando ad una confidenza "sfacciata" si fa docile a Dio suo maestro, nostro maestro, e diventa discepolo. Giobbe non tratta Dio con i guanti. Dio gli risponde e non gli risparmia una correzione veritiera e amante. La tempesta che ha stravolto la vita di Giobbe si calma solamente ascoltando Dio, che parla dall'uragano. Dio stesso è la tempesta, la rivelazione che si abbatte sulla nostra esistenza per purificarla e renderla coraggiosa, impavida. Dio diventa per ciascuno di noi rivelazione personale, anche se travolti e demoliti dalla prova. Anche nella tempesta Dio ci riabilita all'esistenza. Non possiamo dimenticare mai che Dio non è Dio dei morti e nemmeno Dio di morte. E' Dio dei viventi e Dio della vita. Di ogni vita anche di quella del mare, degli oceani, degli uccelli del cielo e dei gigli del campo. Di ciò che nella creazione è immenso e delle sue parti infinitesimali. E' insensata la nostra sapienza quando denigra Dio e non si lascia istruire da Lui. Ci crediamo padroni di tutto. Anche di noi stessi. La vita ci insegna che tutto sfugge alle nostre mani se non le guida Dio, sapienza e benevolenza. Ci sfugge anche la nostra vita. Dio solo conta i capelli del nostro capo e nulla avviene che non sia parte del suo progetto. Dio veste il mare e tutta la creazione come una madre mette i pannolini al suo bambino. E' il suo progetto di amore. L'intelligenza dell'uomo è intelligente se è umile, capace di capire, gradualmente, i segreti del cuore di Dio, ricercando il senso delle cose e della vita con la saggezza del pellegrino che si muove esitante lungo le vene, le midolla, le ossa, le cellule dell'uomo. L'onnipotenza che l'uomo accredita sul suo conto, porta soltanto a oscurare la bellezza e la grandezza di Dio e delle sue creature. Produce disastri e ribellioni nel creato, inesorabile davanti alla nostra disattenzione e alla nostra mania di possesso e di potenza. L'uomo sa produrre soltanto violenza quando l'amore falso o la vendetta invidiosa, tolgono il respiro alla vita degli altri uomini e donne. Anche il lago è in tempesta. Anche Gesù è la tempesta per la nostra incredulità. Mi travolge la scena poderosa del lago. L'acqua riempie la barca. La disperazione si impadronisce dei dodici. Gesù dorme. A poppa. Sul cuscino. Gesù dorme? O è sereno perché conosce il cuore inaffidabile di ogni uomo e di ogni donna? Gesù dorme come Colui che è signore di ogni creatura. Gesù conosce le paure che ci assalgono quando viviamo la prova. Gesù ha confidenza con le paure che attanagliano la nostra vita quando temiamo di trovarci davanti ad una prova che ci sovrasta. Gesù intuisce ciò che proviamo quando veniamo meno al suo amore. Gesù ha familiarità con le nostre mancanze di fede. Gli apostoli sono in balia delle onde. Gesù dorme. Essi interpretano questa sua tranquillità come disinteresse, come lontananza, come distacco. Capita a noi quando, nelle situazioni difficili, non riusciamo a fare altro che prendercela con Dio. Gli rimproveriamo la sua assenza, la sua disattenzione, il suo silenzio. Come se Dio avesse bisogno di darsi da fare e di agitarsi per farci sperimentare la sua presenza. I dodici, terrorizzati, svegliano Gesù. Hanno bisogno di lui. Senza di lui sono perduti. Gridano: "Maestro non t'importa che siamo perduti?". Non si possono contare le volte nelle quali questa invocazione è stata l'unica che abbiamo rivolto a Gesù. Come un rimprovero. Come un risentimento. Gesù dormiente si sveglia e rivela tutta la sua potenza fatta di serenità e di padronanza delle situazioni dell'uomo e del mondo. Riporta alla calma i suoi amici. Minaccia il vento e dice al mare: "Taci, calmati!". Il vento cessa e il mare ritorna sereno. Adesso è possibile affrontare il dilemma più grave, che Gesù traduce in una domanda per il nostro cuore: "Perché siete così codardi e increduli? Non avete ancora fede?". Come mi sento meschino e piccolo davanti al Maestro instancabile nell'amore! Cos'altro mi rimane da fare se non interrogarmi, senza sottrarmi: "Chi è dunque costui che anche il vento e il mare gli obbediscono?". E' la domanda della nostra vita. Aspetta la risposta che dà senso alla nostra vita. Gesù, mentre dormi e io annaspo nella tempesta, mi deludi. Non t'importa nulla di me? Mi rendo conto, Gesù, che non t'importa nulla nemmeno della mia domanda. In quella veglia a occhi chiusi, dentro una barca che vacilla paurosamente, tu stai pensando a me. "Veramente questo mio discepolo che ho chiamato con amore dalla prima ora, continua a non comprendere. Il suo amore è sempre subordinato alla tranquillità delle acque. Non nasce da un cuore ormai abbandonato nelle mie mani". Il tuo pensiero non è impaziente, Gesù. E' molto sofferente. Non riesce a darsi ragione della mia durezza. Non riesce a comprendere come mai gli avvenimenti esteriori abbiano sempre il sopravvento sulla forza irresistibile dell'amore. Gesù, come hai ragione a gridare al mio cuore: "Perché sei così codardo e incredulo? Non hai ancora fede? Dove eri quando ti ho formato nel grembo di tua madre? Dove hai sotterrato le meraviglie della fede di tua madre? E quando ti ho salvato dalla paura di essere stato ingannato da me? Chi ti ha liberato da tante suggestioni e fascinazioni illusorie? Chi continua ogni giorno a stare accanto a te, accanto alla tua cocciutaggine, alla tua ribellione spesso immotivata, alle tue delusioni? Io ti ho manifestato una fedeltà irriducibile, sempre. Non ho mai badato alle tue inaffidabilità, alle tue intemperanze, ai tuoi umori così volubili e ingovernabili, anche nei miei confronti. Quando ti deciderai a fidarti di me, e soltanto di me?". Hai ragione, Gesù. Lo dico non per farti stare zitto e nemmeno per darti un contentino. Te lo dico dall'umiliazione del mio cuore incorreggibile. Un altro mi avrebbe già "scaricato". Tu mi porti sulle spalle come fa il pastore con la pecora ribelle. Entro nel silenzio della mia stanza interiore e mi ripeto, senza stancarmi: "Chi è Costui che neanche il vento e le burrasche della mia vita riescono a piegare? Anzi gli obbediscono? Chi è Costui? Chi è Costui?". Lo ripeterò finché non avrò trovato in me la risposta. Finché non avrò preso la decisione di fidarmi ciecamente di Te. |