Omelia (13-06-2021) |
padre Antonio Rungi |
Crescere in santità, senza pretesa di essere i più santi Dopo il lungo periodo del tempo pasquale e post-pasquale, rientriamo nell'ordinarietà anche per quanto riguarda la liturgia. Celebriamo oggi l'XI domenica del tempo ordinario e il vangelo che abbiamo ascoltato ci introduce nel grande tema, trattato direttamente da Gesù, che è quello del Regno di Dio. Attraverso parabole, mirate e precise, Gesù insegna alla gente ed ai discepoli il contenuto essenziale della fede da Lui stesso annunciata, testimoniata e trasmessa con i linguaggi più adatti alla comprensione della gente. Questa volta Gesù ci parla del Regno di Dio di come un seme gettato sul terreno e che da piccolo, come era in partenza, diventa poi un grande albero, su cui si possono poggiare e nidificare gli uccelli. Modo di dire per catturare l'interesse della gente su altro e più importante argomento che è il centrale in tutta la narrazione: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? La domanda posta da Gesù trova una precisa risposta da parte del Maestro: "È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell'orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». A cosa voglia alludere Gesù con questa parabola o esempio si comprende alla fine dello stesso discorso, quando l'evangelista Marco afferma che "con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere". Quindi Gesù ha principalmente nel suo cuore un intento formativo del gruppo dei discepoli e della gente. Spiegando e rispiegando le cose, facendo una molteplicità di esempi alla fine un risultato lo avrebbe ottenuto con i suoi discepoli e con quanti ormai sistematicamente si ponevano ad ascoltarlo, affascinati dal suo parlare convincente, rispetto ai maestri del tempio, che non parlavano chiaro e tantomeno meno spiegavano la parola di Dio in modo comprensibile e quindi da poi attuare nella vita. Gesù proprio perché si doveva far capire dai più piccoli ai più grandi usava un linguaggio accessibile a loro con la speranza che poi potessero imboccare le strade buone e non quelle tortuose che portano alle tenebre e non alla luce. Gesù, quindi, per non far sbagliare i suoi discepoli e seguaci non parlava loro senza parabole, cioè con esempi e riferimenti alla vita pratica e quotidiana accessibile concettualmente dai soggetti preparati culturalmente e quelli meno abituati a masticare di sacra scrittura. Nonostante questo sforzo espositivo per farsi capire, alla fine chi non ci riusciva a capirlo, come gli apostoli, in privato, spiegava loro ogni cosa. Gesù non è solo il maestro pubblico che parla a tutti, ma anche il precettore che si prende cura dei suoi alunni, in questo caso i dodici, e li segue passo passo nella spiegazione dei divini misteri che riguardano la sua persona e che poi capiranno perfettamente dopo la sua morte, risurrezione e ascensione al cielo e soprattutto dopo l'effusione dello Spirito Santo che apre il cuore e la mente alla comprensione della salvezza di tutti gli uomini delle terra. Ricordiamo quello che abbiamo ascoltato nel testo del vangelo: La senape è il più piccolo di tutti i semi, ma crescendo e sviluppandosi diventa più grande di tutte le piante dell'orto". Così è del Regno di Dio così è colui che cresce nella santità della vita e da piccolo diventa grande davanti agli occhi di Dio e mai davanti agli occhi del mondo. Perché chi si fa grande davanti agli uomini, è piccolo davanti a Dio e chi invece si abbassa sarà innalzato e si eleverà come gli alberi che svettano verso il cielo. Sulla crescita naturale delle cose piccole è incentrato il brano della prima lettura di questa domenica, tratta dal profeta Ezechiele, che riportando il pensiero di Dio scrive un testo letterario di grande fascino ambientale e spirituale: «Un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami lo coglierò e lo pianterò sopra un monte alto, imponente; lo pianterò sul monte alto d'Israele. Metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno, ogni volatile all'ombra dei suoi rami riposerà". Il simbolismo è chiaro. Anche se si parla di piante ed alberi, in realtà, quello che riporta il profeta in nome di Dio è solo un forte richiamo agli esseri umani e alla stessa creazione e creature che l'abitano che Dio è il Signore, che umilia l'albero alto e innalzo l'albero basso, fa seccare l'albero verde e germogliare l'albero secco. Una vera rivoluzione di modo di pensare per riportare al centro di ogni cosa il tema dell'umiltà e l'abbassamento dell'orgoglio.
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