Omelia (20-06-2021)
don Michele Cerutti


Gesù chiama i discepoli, guarisce i malati, libera gli indemoniati e predica la prossimità del Regno.

Il suo sguardo si amplia al mondo. E' vero che Egli afferma di essere venuto per le pecore smarrite di Israele, ma sa che il Regno è per tutti. Le profezie di Isaia ci parlano dell'affluenza sul monte di tutti i popoli. Per questo inizia anche una incursione in terra pagana. L'incipit del brano evangelico è l'invito di Gesù a prendere la barca e andare all'altra riva, laddove inizia un territorio pagano.

La stanchezza prende anche Gesù che va alla ricerca di un posticino per dormire nell'imbarcazione. Il sopraggiungere di una tempesta non smuove il Maestro, mentre i discepoli in difficoltà debbono chiamarlo per informare della difficoltà.

Gesù riesce a placare il tutto nello stupore dei discepoli stessi.

Il loro cuore si è troppo ripiegato sulla preoccupazione di non farcela e non ha ricordato le meraviglie che nei suoi primi passi ha compiuto.

Anche a noi capita quando le cose non vanno per il verso giusto non ricordiamo che Dio è intervenuto nella storia e non ci ha mai lasciati soli. Egli stesso ci ha garantito la sua presenza fino alla fine del mondo.

Più in generale questo brano ci presenta la barca, ovvero la Chiesa, chiamata a prendere il largo e raggiungere non solo le pecore sperdute del nuovo popolo di Israele, ma tutti gli uomini. Il mare è il mondo attraversato dalle inevitabili tempeste in cui ogni imbarcazione si trova.

Gli evangelisti scrivono il Vangelo indirizzandole alle Comunità e vogliono indicare a queste che ogni qualvolta i cristiani sono chiamati a uscire e prendere il largo trovano le difficoltà.

Quelle comunità vivono le difficoltà a causa anche delle forti persecuzioni.

Luca assicura affermando che Gesù è con loro sempre in ogni avversità.

I discepoli vengono spronati ad aumentare la fede e a non aver paura.

La Parola è indirizzata anche a noi a non disperare nelle tempeste della vita e non dobbiamo aver paura di svegliare Gesù e chiedergli il suo aiuto.

E' Dio che fa! A noi il compito di implorarne l'intervento e riconoscere che senza di Lui non possiamo fare niente.

Guardando alla realtà ecclesiale con le avversità del tempo presente questa pagina diventa una certezza che ci sprona a considerare la Chiesa non giunta a un tempo morto, ma che nella tempesta è Gesù stesso che tiene il timone.

Letture diverse della realtà da queste considerano la realtà ecclesiale prive della dimensione divina.

Siamo certi che chi manda avanti la "baracca" è Gesù.

Una Chiesa che non attraversa le tempeste non può esserci e se ci fosse vuol dire che non sta annunciando il Vangelo.

Questo tempo serva per intensificare la preghiera e ci aiuti a comprendere, con l'abbondanza di discernimento come vivere la nostra appartenenza alla Chiesa in questo fluttuare nelle tempeste che la circondano non mettendoci nella dimensione del giudizio, ma della collaborazione.